La mobilità? Una questione di tempo

Nelle frenetiche città moderne chi si muove ha una sola preoccupazione: arrivare prima a destinazione. È così per gli automobilisti che si arrabbiano quando incappano in un passaggio a livello, un parcheggio lontano od un cantiere stradale. Lo è anche, a maggior ragione, per chi si muove in bici od a piedi: più tempo per strada vuol dire più rischi, fatica, più caldo o più freddo a seconda delle stagioni.

Lo sanno bene in Olanda e Danimarca dove la mobilità attiva è molto incentivata anche dal fatto che avendo prioritizzato i tragitti ciclabili a discapito di quelli automobilistici, la bici è diventato il mezzo più veloce per andare da un punto A ad un punto B.

Lo hanno fatto istituendo da decenni i “sensi unico eccetto bici” in modo che i tragitti ciclistici siano più brevi dei corrispondenti tratti destinati alle auto, o con la continuità ciclabile negli attraversamenti che non obbliga a scendere dalla bici, o con tempi semaforici esclusivi per i ciclisti che permettono con un unico verde di andare in qualsiasi direzione. Per non parlare delle recenti introduzioni di semafori con sensori che diventano verdi appena si avvicina un ciclista, o rossi semaforici pedonali più brevi quando piove.

A Modena invece il “senso unico eccetto bici” è inesistente, la continuità ciclabile una rarità e il tempo passato al semaforo, per piccoli e medi tragitti, è talvolta più lungo di quello pedalato o camminato. Potete fare una prova anche voi in molti dei crocevia cittadini, noi abbiamo testato, ad esempio, quello al centro della Crocetta per attraversare la Nonantolana: 5 secondi per il verde e 13 secondi di giallo (in contemporanea con il verde per le auto in svolta da Albareto) e ben 2,40 minuti di rosso. Per completare l’attraversamento anche della strada Albareto ci vogliono in tutto 3,40 minuti, dato che i verdi pedonali non sono sincronizzati.

In quei cinque secondi una persona in salute non arriva nemmeno dall’altra parte della strada, figuratevi l’ansia alla vista del giallo per un anziano o di chi ha problemi di deambulazione. Analoghe situazioni in tutta la città: fasi semaforiche diverse, spazi di attesa striminziti e tempi di attraversamento da centometristi.

Per noi una smart city prevede persone, e non auto, autonome negli spostamenti e non necessita sempre di investimenti elevati, robottini ed una tecnologia iperconnessa, ma della precisa volontà di facilitare la vita a chi si muove in maniera sostenibile, e non come sempre quella di fluidificare il traffico automobilistico.

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