In bicicletta di notte

E’ estate ed è arrivato il caldo, in pianura un caldo umido che in certi giorni fa passare la voglia di partire da casa per un giro in Bicicletta. E allora che fare, come consigliano i medici usciamo nelle ore meno calde pedalando di sera, di notte o all’alba. Pedalare nell’altra metà della giornata è una esperienza interessante. Le nostre luci illuminano solo la strada, il paesaggio circostante è completamente buio se non illuminato da luna e stelle, ma dopo un po’ i nostri occhi riescono a vedere ciò che ci circonda con un orizzonte limitato che lascia spazio all’immaginazione. Anche la strada conosciuta ci presenta un paesaggio diverso, siamo immersi nel silenzio e la temperatura è perfetta, quando attraversiamo qualche paese ancora animato siamo come degli spettatori che osservano la vita passando e salutando… si di notte tutti salutano e ci chiedono ma voi da dove arrivate e dove andate!!!.

Fiab Modena e la sua sezione di Carpi nei mesi estivi propongono delle pedalate serali “notturne” partendo da “casa”. Una di queste è la suggestiva “Notturna Carpi-Peschiera del Garda”: la 3^ edizione si è tenuta la notte tra il 14 e 15 luglio 2023 organizzata quest’anno con Pedale Selvaggio di Novi di Modena e accompagnata dalla notturna breve Carpi–Novi di Modena-Carpi.

La notturna Carpi-Peschiera del Garda non è solo una pedalata di notte, ma è un filo, una via tra Carpi e il Lago che ci piace chiamare strada del Tortello (a Carpi e Novi abbiamo i Cappelletti o Caplètt, nel mantovano i Tortelli di Zucca e nel veronese i Tortelli di Valeggio sul Mincio chiamati anche Tortellini Nodo d’Amore). La notturna si snoda su un percorso molto interessante che è quello della Ciclovia del Sole o Eurovelo 7 in direzione nord.

Si pedala quasi sempre a fianco di corsi d’acqua: sull’argine del fiume Secchia, sull’argine del fiume Po, a fianco di canali e sul verde e limpido fiume Mincio. Si attraversano paesi, città e borghi: Novi di Modena capoluogo dove l’associazione Aneser e la Proloco ci offrono un rinfresco con Bensone e Lambrusco come saluto di buon viatico; San Benedetto Po dove si giunge da un’anonima viuzza per ritrovarsi davanti allo splendido complesso monastico dell’Abbazia di Polirone; San Biagio di Bagnolo San Vito dove un Ristoratore all’ 1:30 di notte ci prepara la cena con Tortelli, Sbrisolona e Lambrusco; Mantova con i suoi laghi alle tre di notte deserta in cui è un’emozione pedalare, poi la ciclabile del Mincio dove dopo Pozzolo quasi all’alba intravediamo sulla nostra destra il castello di Valeggio e poco dopo ci fermiamo a Borghetto sul Mincio splendido borgo medioevale.

L’ultimo sforzo, dopo 120 km arriviamo al Lago, a Peschiera del Garda. Che emozione questa notte, siamo stanchi ma felici, stà arrivando il caldo e noi andiamo a dormire.

Elogio della lentezza: ciclovacanze tutte da assaporare!!

Il cicloturismo non solo è capace di generare ricavi ma soprattutto di distribuirli sui territori, che così possono rimanere vivi e non spopolarsi. È capace di far immergere in profondità chi pedala negli ambienti attraversati, in lentezza, con il tempo di godersi i panorami, i profumi, e anche di assaporare il gusto della fatica e la soddisfazione degli arrivi.

Fiab Modena ha organizzato quest’anno una ciclovacanza in Basilicata, che si è conclusa pochi giorni fa con l’arrivo a Matera. Una vacanza che ha visto muoversi insieme un gruppo eterogeneo che è riuscito a superare le difficoltà della traversata lucana, dove non è mancato il caldo e la salita è stata una costante quotidiana. Non è mancata persino la pioggia, mentre il vento ha rallentato notevolmente il passo dei cicloviaggiatori: nonostante tutto, ogni giorno ci si è svegliati presto con rinnovata voglia di partire.

La Basilicata è stata una straordinaria scoperta, un paesaggio capace di trasformazioni radicali in pochi km, dalla costa rocciosa del Tirreno, alle spiagge sabbiose dello Ionio, dai boschi di Accettura, ai Calanchi di Aliano, per arrivare alla pietra della Murgia materana. Un luogo mistico, con le sue tradizioni e superstizioni, un territorio da assaporare…il peperone crusco, il Canestrato di Moliterno, il maialino nero, il ferricello viggianese, il pane di Matera solo per citare alcune prelibatezze di un territorio che non ha nulla da invidiare al resto d’Italia.

Attraversare senza fretta questa terra è un cammino a ritroso, tra le pagine del “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi, tra una tradizione contadina che ancora sopravvive, nonostante la modernità.

La Basilicata è un pezzo di Italia capace di accogliere il visitatore, di contaminarsi restando sempre e comunque fedele a se stessa. E la ciclovacanza è un’esperienza unica, capace di coinvolgere tutti i sensi, mettere in gioco ogni parte del corpo…la conservi nelle gambe, la imprimi negli occhi, la custodisci nei suoni della natura, la continui a respirare per giorni e giorni.

Tenersi in salute in zona arancione

Dunque anche la nostra regione ha nuovi limiti agli spostamenti che prevedono di non lasciare il proprio Comune, e proprio la prima domenica “arancione” abbiamo scoperto che il Comune di Modena è piuttosto vasto. Il nostro giro in bici ci ha impegnato oltre 3 ore, ed abbiamo superato i 60 km in un bel mix di stradine secondarie, piste ciclabili, argini di fiume: da Vaciglio a San Damaso, poi a San Donnino, le Paganine, Baggiovara, Marzaglia, Cittanova, poi rientro sul percorso Natura del Secchia fino ai Tre Olmi, Ponte Alto, Lesignana, Ganaceto, Villanova, Albareto, Saliceto Panaro. Insomma, possiamo tranquillizzare gli amici ciclisti: in queste settimane senza palestre e montagne, possiamo comunque mantenere la nostra condizione psicofisica anche dentro il nostro comune, riscoprendo paesaggi e luoghi vicini.

Ma la migliore attività che possiamo consigliare è quella di abbandonare stili di vita sedentari, ed usare la bici tutti i giorni come mezzo di trasporto, per andare al lavoro o per le piccole commissioni ed acquisti, aiutando tra l’altro l’artigianato ed il commercio locale che tanto stanno soffrendo.

Infatti, usare la bici tutti i giorni ha dei risvolti interessanti anche sulla salute e non solo sulla congestione del traffico e l’inquinamento. In 16 studi in tutto il mondo su uomini e donne tra i 30-55 anni, operai e impiegati che sono passati da essere sedentari a mediamente attivi si è rilevato un miglioramento su tutti i fattori di rischio per diabete, cancro, ipertensione, nonché un miglioramento della capacità aerobica, della forza muscolare e diminuzione rapporto peso/altezza. Parliamo di persone che non facevano altra attività sportiva, ma si a cui è stato chiesto semplicemente di recarsi al lavoro in bicicletta.

Chi ha già fatto questa scelta può raccontarlo: anche pochi km al giorno non solo rispondono ad un bisogno primario come il movimento all’aperto, ma migliorano l’autostima e l’umore ed anche la produttività sul lavoro. In più è un mezzo che permette naturalmente il distanziamento fisico imposto dal COVID. Allora perché non provare?

Pedali fra Po di Goro e Po di Gnocca

Sabato 28 Domenica 29 aprile bici & barca

… scarsa documentazione fotografica, forse perchè gli adulti erano preoccupati di evitare cadute nei fossati dei monelli o di calmare il loro entusiasmo, domandandosi: riusciranno i nostri eroi a pedalare controvento, e i più piccoli a sopportare i sobbalzi del trasporto, per 35 chilometri?

beh, non solo riuscivano ma, rientrati all’ostello, continuavano ancora lì a spingere le loro bici attorno agli spritz degli adulti e non smorzavano l’entusiasmo, più per la gita in barca forse che per la pedalata, più la compagnia giocosa che per il birdwatching…

ma comunque il cocktail fra l’acqua dolce e quella salata, è stato perfetto e così, fra l’adagiarsi sul corso del fiume poi in una spiaggia deserta, fra una visita al Faro e i voli di gabbiani e aironi rosa, di fatica, per loro, nemmeno la traccia, ma solo tanta tanta voglia di ripartire …

 

Ecco tutti i testi vincitori del concorso “andiamo a scuola in bicicletta”

CATEGORIA SCUOLA PRIMARIA
1° classificato:

Con la neve in bicicletta
di Elena Montanari e Sofia Ganzerli, classe 3 A scuola primaria Marco Polo Bomporto

Ciao… siamo Sofia ed Elena.
Oggi andiamo a scuola in bicicletta!
La bici di Sofia è bianca, nera e fucsia, invece quella di Elena è lilla, bianca, rosa e nera.
Apriamo le catene che le tengono al sicuro, saliamo e partiamo respirando ľ aria fresca e sentendo
il fruscio del vento.
Pedaliamo lentamente mentre inizia a nevicare.
Noi e le nostre bici diventiamo sempre piú bianche. Arriviamo dal vigile e lo salutiamo con calma,mentre lui se ne va in mezzo alla strada per fermare il traffico e ci sorride. Arrivate al cancello siamo tutte congelate, ma,in
quelľ istante, ecco il sole che punta i suoi raggi
su di noi.
Ancora quattro o cinque pedalate ed eccoci al portabiciclette. Mentre infiliamo le biciclette in un buco esse scivolano,ma non piangiamo! Ridiamo!
Guardandoci intorno vediamo i pini verdi che cominciano ad imbiancarsi e una quercia spoglia.
Abbiamo ancora gli stivali un pó sporchi di neve, entriamo e la bidella ci dice:
“Ferme lì! Vi pulisco le scarpe con la scopa!”
Facciamo tre rampe di scale, dalla finestra vediamo le nostre due biciclette.
Entriamo in classe orgogliose e salutiamo tutti con un bel “Buongiorno !”
Questo viaggio in bicicletta è stato meraviglioso.

 

2° classificato:

Filastrocca della bicicletta
di Sonia Diana, Federico Raimondi, Riccardo Santori, classe 3 A scuola primaria Marco Polo Bomporto

Vado a scuola in bicicletta,

poi quando ho freddo,

mi sento una polpetta .

In inverno non sempre ci puoi andare,

altrimenti ti puoi gelare .

Quando andiamo in bicicletta

ci mangiamo una barretta,

perché quando si deve pedalare

 non c’è da scherzare!

E sentiamo un’ emozione

come giocare col pallone …

Davvero ci piace in sella stare

anche se ci fa sudare .

Quando piove

e in bicicletta andiamo a scuola

ci bagniamo delle scarpe la suola .

La mia bicicletta
è veloce come un cavallo

e mi fa sentire uno sballo!

 

 

3° classificato due racconti pari merito:

Vado a scuola in bicicletta
di Rita Delle Noci, classe 5 scuola Sacro Cuore

Fasce verdi, gialle, azzurre e bianche mi corrono accanto mentre i capelli volano liberi nell’aria; il viso è accarezzato dal vento, le mani vibrano e il cuore scoppia di gioia.

Sono felice e nessuno mi può fermare, sono invincibile, è magia!
 Un sasso sul sentiero mi fa tornare con i piedi per terra, anzi tutta per terra! I fiori fucsia che sembrano di velluto, l’edera verde scura dell’asse e il cestino bianco si sono rovinati, il campanellino dorato continua a scampanellare, i pedali girano su se stessi, il manubrio nero è a testa in giù e io mi ritrovo stesa sul selciato.

Mi alzo, solo qualche graffietto al braccio, per fortuna la mamma non mi ha vista.
La mia mamma non può capire, io mi fido della mia bicicletta, lei è un’ottima amica, insieme a lei mi sento libera da tutti gli “schemi”. Velocità, coraggio, passione, sono tre cose che provo mentre vado in bici. Con le sue grandi, potenti e magiche ruote mi porta ovunque: nei sentieri di campagna, nelle stradine della mia città, in riva al mare, sui sentieri montuosi.

Lei è anche amica della natura perché non inquina. Io penso che oggi l’automobile sia usata anche per tratti molto brevi, uccidendo la natura. L’inquinamento ci rende tristi e grigi, ci toglie quel sorriso che ognuno di noi dovrebbe avere sul viso per sorridere al mondo che ci circonda, non dobbiamo inquinarlo e rovinarlo, perché poi su questo brutto e sporco mondo ci viviamo noi! Io in “primis” mi impegnerò a inquinare meno e farò del mio meglio.


Un mio grande dispiacere è non poter andare a scuola in bici perché abito lontano, ma se un giorno mi dovessi trasferire, andrei in bici tutti i giorni. Sarebbe bellissimo e divertentissimo, mi sentirei meglio e forse anche più sveglia e pronta per la lezione; inoltre la bici è pratica e veloce. Spero che quando frequenterò la seconda o la terza media la mamma mi lascerà più libera di muovermi da sola e andare dove voglio.
Ah dimenticavo, la mia bicicletta si chiama Dalia.

La bicicletta
di Margherita Tamburini, classe 5 scuola Sacro Cuore

Era una calda estate del 2011.

Il 09 luglio conobbi una bambina di nome Mita. Era minutina, capelli biondi, due occhi azzurri e un sorriso che trasmetteva felicità.

Mita era molto timida e quando i suoi occhi mi incrociavano erano spaventati. Pian piano Mita, incoraggiata dalla sua mamma e dal suo papà, si fece coraggio e si avvicinò a me.

Passammo tanti pomeriggi insieme. Il nostro gioco preferito era il “Girotondo a tutta velocità”.

Un giorno Mita e si suoi genitori decisero di andare a fare un bel giro fino a Modena e mi portarono con loro.

Dimenticavo Mita e io vivevamo a Bomporto!

Quel pomeriggio partimmo per Modena, con merenda e acqua per una tappa lungo la ciclabile di Albareto.

Lungo la ciclabile abbiamo visto la natura: garzette, girasoli, zucchine e interi prati pieni di colori e profumi.

Fu un pomeriggio indimenticabile, ma di questi ce ne furono tanti altri.

Purtroppo riuscivamo a vederci solo nel pomeriggio. Mi sarebbe piaciuto accompagnarla a scuola, ma era troppo lontana e al mattino Mita era sempre di fretta. Tanto che non mi salutava nemmeno.

Passarono le estati e gli inverni fino a quando Mita diventò grande.

La nostra amicizia cambiò un po’. Ci frequentavamo meno, ma quando Mita mi sorrideva pensando a tutti i pomeriggi passati insieme. All’inizio era un po’dispiaciuta di non giocare più con lei come una volta, ma ero sicura che mi voleva ancora bene.

Mita il prossimo anno non cambierà casa e io non andrò con lei, ma sono sicura che nel suo cuore io rimarrò sempre la sua Prima Bicicletta, Aurora.

CATEGORIA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

Unico premio

A scuola in bicicletta
di Francesca Andreotti, Morgana Dardi, Sara Ghinelli, Vittoria Tinti, Viola Rossi, Beatrice Vezzelli

Il viaggio comincia e, seduti sulla sella, siamo tutt’uno con la nostra bicicletta. Come una penna che scrive sulla carta le ruote disegnano la strada, pedaliamo leggeri, i raggi sembrano le lancette di un orologio, girano lentamente ma non si fermano mai.

L’aria ci viene incontro, gli alberi e le case lontane si affacciano curiose sul nostro cammino, superiamo le automobili in fila ed orgogliosi della nostra velocità salutiamo un gruppo di ciclisti che ci incrocia sorridente. Inizia la salita, accendiamo le nostre gambe, pedaliamo forte ed infine stanchi ma felici arriviamo a destinazione: ad un passo dal cielo ammiriamo il mondo dall’alto.

Note delle autrici:

“L’unica catena che ti rende libero è quella della bicicletta” e “Anche una strada piatta in bicicletta è una scoperta”

Alla scoperta delle antiche vie d’acqua: una pedalata per la ricerca

partenza – vie d’acqua

Alla scoperta delle antiche vie d’acqua: una pedalata per la ricerca

Questa seconda tappa alla scoperta in bici delle antiche vie d’acqua ci ha portato nella pianura a nord di Modena a conoscere il Canale Naviglio o canale delle navi. Questo canale, che oggi ha solo la funzione di deflusso delle acque della città, era infatti un canale navigabile, la via d’acqua del ducato Estense, che collegava Modena con Ferrara e l’Adriatico.

Il Canale Naviglio, per essere navigabile, ha richiesto nei secoli un’opera assidua di manutenzione e la costruzione di manufatti che consentissero di mantenere un livello dell’acqua sufficiente per il transito delle imbarcazioni e un vero e proprio porto fluviale.  Alcuni di questi manufatti si sono conservati e si possono osservare percorrendo la sponda del canale.

Il timore di pedalare con una temperatura elevata è svanito subito; un’aria frizzante ci ha accompagnato per tutta la giornata anche nella terra della Bonifica nonantolana e nell’area del Canal Torbido.

Una gioia per gli occhi sono stati gli immensi campi di grano maturo. E che dire della sosta pranzo nell’area naturalistica del Torrazzuolo? Meravigliosa! Le torte buonissime. Il ricavato del pranzo è stato devoluto all’Associazione A.I.M.E.D.  che sostiene la ricerca sulla distrofia muscolare.

Per non dimenticare. Da Gina a Gabriella: un percorso, due medaglie d’oro.

Sabato 22 aprile abbiamo pedalato lungo strade basse per arrivare nei luoghi del martirio di Gabriella degli Esposti, medaglia d’oro al valor militare, che sacrificò la sua esistenza per amore della libertà. Nonostante avesse due bambine piccole e fosse in attesa di un terzo figlio, trasformò la sua casa in una base della Quarta Zona della Resistenza. Si impegnò nell’organizzazione dei primi gruppi di difesa della donna, scendendo in piazza a Castelfranco per protestare contro la guerra e la scarsità di alimenti.

Era il luglio del 1944, i tempi erano difficili, ma lei non ebbe paura, nè tentennò quando vennero a casa a prelevarla, sotto gli occhi della figlia, per cercare di farla parlare e tradire il marito ed i suoi compagni di lotta. La prelevarono dalla sua cascina il 13 dicembre del 1944 e la trascinarono insieme agli altri nel luogo di prigionia, dove fu barbaramente seviziata e torturata.

Il 17 dicembre fu uccisa e trasportata nel greto del fiume Panaro, a San Cesario,  insieme ad altri 9 compagni. La sua storia , con grande commozione e straordinaria semplicità, abbiamo avuto l’onore di sentirla raccontare dalle parole di Savina Reverberi Catellani, sua figlia, che quel lontano 13 dicembre aveva solo 12 anni. Parole piene di dolore e di amore, verso quella madre che le fu strappata via con odio e violenza e che non vide più dopo quel giorno. Ascoltare dalle sue parole questa terribile tragedia é stata un’esperienza commovente e formativa: é stato un privilegio conoscere questa donna che non si é lesinata nel raccontare questa triste pagina della sua storia personale, che é diventata storia collettiva, che non va perduta nè dimenticata in alcun modo.

Saremmo rimasti ore ed ore ad ascoltare Savina e le parole che fluivano dalle sue labbre, come se non fossero passati 74 anni da quel triste giorno. Altre persone ci attendevano a Castelfranco per aiutarci a ricostruire gli ultimi giorni della sua vita, la tortura all’Ammasso Canapa, l’uccisione sul greto del Panaro,  le pagine del libro di Savina letti dagli allievi delle scuole Spallanzani e Pacinotti,  Cosi abbiamo inforcato le nostre biciclette ed abbiamo continuato il nostro cammino della memoria lungo le tappe designate, fino a giungere a San Cesario.

La giornata é terminata al Bersò delle rose del parco della Resistenza di Modena, per onorare un’altra medaglia d’oro della storia della nostra Resistenza: Gina Borellini, alla cui vita e il prossimo sabato 29 aprile alle h 10, sarà dedicata una stele.

commemorazione gabriella degli esposti

Domenica 9 aprile. Il museo di Ustica. Bologna

Domenica 9 aprile. Il museo di Ustica. Bologna

“Nel mondo vigono solo le Verità non dicibili,
naturalmente scritte con V maiuscola” (P.P. Pasolini)

Sono passati sette anni da quando visitammo per la prima volta il museo della memoria di Ustica, voluto dai familiari delle vittime per commemorare la morte delle 81 persone precipitate nel mare di Ustica in quel lontano 27 giugno 1980, le loro vite intrecciate per sempre in un unico, terribile destino.

L’emozione però è ancora nitida, come fosse ieri e a rinnovare il pathos e la vicinanza con coloro che ancora chiedono a gran voce di fare chiarezza in questa assurda storia di verità celate, di intrighi internazionali ed omertà dei nostri apparati dello stato ci pensa Daria Bonfietti , Presidente dell’associazione Vittime della Strage.

Con pazienza e lucidità ci racconta questi lunghi anni trascorsi a consultare le carte giudiziarie, ad ascoltare e leggere le parole dei politici e dei media di allora, che si sono succedute in questi 37 anni e che per fortuna non sono proprio passati invano. Non sono passati invano perché finalmente si è giunti ad una verità processuale che smentisce le tesi del cedimento strutturale dell’aereo o della bomba posta all’interno della carlinga.

Dal 2013 per esempio si sa che La Corte di Cassazione ha confermato le conclusioni cui giunse nel 1999 il giudice Rosario Priore e cioè che quella sera nei cieli italiani si è combattuta una guerra non dichiarata, si sa ad esempio che aerei militari francesi e americani volarono nei cieli italiani nel tentativo di colpire il colonnello libico Gheddafi, che quella sera si stava recando in un paese dell’Est Europa e che riuscì a sfuggire all’agguato, probabilmente grazie all’intervento dei nostri servizi segreti. Sappiamo oggi, ci ricorda sempre Daria Bonfietti, che una sentenza civile è intervenuta per condannare lo stato a risarcire i familiari delle vittime per non essere stato in grado di garantire la sicurezza nei cieli.

Sappiamo che i francesi ci mentirono, perché una loro nave militare quella sera solcò i nostri mari e la loro base militare in Corsica, contrariamente a quanto dissero in quegli anni, rimase aperta dopo le 17 e che ad oggi, le richieste di chiarimento da parte delle nostre istituzioni al governo d’oltralpe sono rimaste lettera morta. Sappiamo dei processi penali, della prescrizione di alcuni di essi, delle assoluzioni e delle imputazioni di altro tradimento nei confronti di Generali del nostro esercito, ma c‘é un dato che ancora non ci é dato conoscere: chi fu a colpire l’aereo quella sera di mezza estate di 37 anni fa? Di chi fu la responsabilità politica e militare di questo gravissimo atto? Si scriverà mai la parola fine di questa oscura tragedia? La storia delle nostre stragi ci fa dubitare, ma non possiamo e non vogliamo perdere la fiducia, perciò ci aspettiamo che il senso dello stato finalmente prevalga nelle nostre istituzioni.

Entrare dentro il museo della memoria dopo il lungo racconto di Daria Bonfietti fa ancora più effetto: osserviamo i resti dell’aereo che giacciono in terra, una passerella ci permette di perimetrarlo ed osservarlo dall’alto, sembra un grande uccello ferito a morte, gli specchi scuri (81) appesi alle pareti emettono, al nostro passaggio, frasi sussurrate, pensieri comuni, a ricordare che dentro quella enorme sagoma che giace sotto di noi c’erano persone che respiravano, vivevano, gioivano e soffrivano, come tutti noi. In terra, accanto ai resti dell’aereo, giacciono 9 casse scure contenenti gli oggetti possedute dalle vittime, mentre in alto 81 luci che si accendono e si spengono mimano il ritmo di un respiro. La suggestione provocata da Boltanski, l’artista cui fu dato l’incarico dell’allestimento del museo, é enorme.

Si é fatto tardi: é ora di andare, inforchiamo le nostre bici. Alcuni di noi tornano in treno, altri pedaleranno fino a Modena e oltre. Salutiamo a malincuore Daria Bonfietti con la promessa di ritornare. A bruciapelo, quasi a tradimento, le domando del fratello, quanti anni aveva, come si chiamava. Ma non riporterò qui la sua risposta: sono tutti uguali i caduti di questa tragedia.

Luana Marangoni

museo di ustica – bologna

Sulle orme della memoria, a colpi di pedale.

Sul suo profilo facebook si definisce “un lento viaggiatore solitario in bicicletta”, ma da quando ha deciso di partire per Israele, Giovanni la solitudine non l’ha ancora assaggiata….

Autorità amministrative, semplici cittadini, associazioni ed istituzioni lo vogliono incontrare, conoscere ed accompagnare per un breve tratto del suo viaggio. E’ stato cosi’ che domenica scorsa, anche noi della Fiab di Modena abbiamo accolto l’invito dell’Istituto Storico  e della Comunità Ebraica di Modena e siamo andati ad incontrare il nostro amico a Nonantola per poi pedalare insieme a lui fino a Modena ,dove nel primo pomeriggio ci attendeva Federica di Padova per un itinerario nei luoghi della memoria ebraica cittadina. Con lei abbiamo visitato la Sinagoga, e , dopo un breve passaggio nei luoghi simboli della città (piazza Torre, Le Carceri di Sant’Eufemia) abbiamo pedalato ancora fino a Villa Bisbini in località Fossalta che nel periodo post-bellico  fu luogo di accoglienza di giovani donne e uomini in attesa di emigrare verso la Palestina.

Ed é proprio il motivo dell’accoglienza che ha spinto Giovanni Bloisi ad affrontare i 2500 chilometri in bicicletta che da Varano Borghi lo porterà fino a Brindisi, da dove si imbarcherà per la Grecia ed infine per Gerusalemme in aereo. Tra le molteplici mete del suo pedalare in Italia e lungo l’Europa sulla scia della memoria, una di queste in particolare  é rimasta impressa nel suo cuore: la ex colonia fascista di Sciesopoli a Salvino nella Val Seriana  (Bergamo), che accolse nell’immediato dopoguerra 800 orfani ebrei, raccolti in giro per l’Europa tra le macerie dei ghetti , le rovine dei lager o perduti nella foresta a cibarsi di sole radici. Dopo un tentativo di speculazione fallito, la ex colonia  ora é in rovina ed é nato una appello corale per salvarla e trasformarla in luogo della memoria. Giovanni ha fatto suo questo appello corale ed é per questo che ora é in viaggio  fino in Israele, dove  incontrerà alcuni degli ebrei sopravvissuti  accolti a Selvino e sarà ospite nel kibbutz di Tze’lim, costruito proprio da e  per loro.

Per saperne di piu’

https://www.facebook.com/SciesopoliEbraica

 

Fossero così tutti i giorni della mia vita

“Fossero così tutti i giorni della mia vita”

Siamo un gruppo di studenti stranieri del Centro Provinciale di Istruzione Adulta, il CPIA; veniamo da tanti paesi diversi e siamo arrivati in Italia da pochi mesi. Abbiamo iniziato l’anno scolastico con una bellissima gita in bicicletta a Villa Sorra. Eravamo in tanti, ci siamo trovati domenica mattina alle nove e tutti insieme siamo partiti; abbiamo visto i campi con i vigneti, gli alberi di pere e di prugne, i campi arati, le ville…

Dice Nelly che viene dalla Nigeria: ”Io non ero mai andato così lontano con la bici, non avevo mai fatto una vera gita! Che bello il viale alberato che porta alla villa”

Quando siamo arrivati a villa Sorra, c’era una bravissima guida di nome Giorgio che ci ha spiegato tutta la storia della villa e dello splendido giardino.

“Nel mio paese – dice Safiatou – non ci sono dei giardini così meravigliosi. Io ne sono rimasta incantata.”

Poi abbiamo anche mangiato l’ottimo pane prodotto con la farina del grano di villa Sorra, un pane davvero speciale!

Tutti sono stati gentilissimi con noi: i responsabili della FIAB, che ci hanno organizzato e ci hanno accompagnato lungo il percorso, la guida del Museo, il signor Fabio che ha imprestato le bici a chi non le aveva, e le ha pure riportate indietro, gli insegnanti, che ci hanno pure offerto il gelato.

E’ stato bello anche vedere i vecchi attrezzi agricoli e i vecchi trattori che per partire hanno bisogno del fuoco; abbiamo visto degli aratri antichi, che nei nostri paesi vengono ancor oggi utilizzati e trainati dai buoi o dai somari.

E’ per tutti questi motivi che il nostro compagno Giulio, che è un po’ italiano e un po’ ghanese, quando siamo tornati ha esclamato: “Fossero così tutte le giornate della mia vita!”

Grazie a tutti! Gli studenti del CPIA di Modena

studenti stranieri a villa sorra

studenti stranieri a villa sorra