Gli spostamenti ciclistici a Modena: un pò di numeri

un piano per la mobilità a modena?

Come si spostano i modenesi

Sorpresa: non ci sono statistiche che descrivano compiutamente la situazione della mobilità modenese in ogni aspetto, ma solo per gli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro (censimento Istat 2011). I dati casa-lavoro sono eclatanti: la componente ciclistica vale il 10.38% del totale, contro il 74.97% degli auto/motoveicoli, il 7.53% della pedonalità e il 7.12% del trasporto pubblico.

Ci si chiede allora come verrà rilevato l’andamento dei ciclo spostamenti previsto dal PMC nell’1.5% annuo? Non è molto chiaro: si parla di dispositivi di conteggio bici e auto come i 2 già esistenti, per i quali sono riportati costi non finanziati (30.000 euro).

Caratteristiche della rete ciclabile (km)
Su una rete estesa 216.7 km, in realtà sono meno di 160 i km di vere ciclabili. Il resto sono percorsi extra stradali. Una curiosità: meno della metà delle intersezioni cittadine censite per lo studio presenta attraversamenti ciclabili.

  • Ciclabile 27.562 (12,70%)
  • Ciclo-pedonale 90.723 (41,9%)
  • Contiguo 39.670 (18,30%)
  • Parchi 13.853 (6,4%)
  • Percorsi Natura 39.786 (18,4%)
  • F-bis 3.476 (1,6%)
  • Sottopassi 1.379 (0,6%)
  • Isole Attraversamento 297 (0,1%)
  • Totale 216.746 (100,0%)

Gli incidenti stradali a Modena (morti e feriti)
Nella dolorosa contabilità delle vittime degli incidenti stradali, pedoni e ciclisti pagano un prezzo salato, ben superiore alla loro quota sul totale degli altri utenti della mobilità. Purtroppo, nell’ultimo triennio è ripreso un trend di crescita delle vittime, seguito a un periodo di regressione. Gli orari di punta dei sinistri sono 8-9, 12-13 e 18-19.

  • 2004 – 98 pedoni – 214 ciclisti (2.148 tot.)
  • 2005 – 104 pedoni – 179 ciclisti (1.926 tot.)
  • 2006 – 104 pedoni – 231 ciclisti (2.095 tot.)
  • 2007 – 128 pedoni – 235 ciclisti (1.998 tot.)
  • 2008 – 129 pedoni – 233 ciclisti (1.817 tot.)
  • 2009 – 143 pedoni – 247 ciclisti (1.844 tot.)
  • 2010 – 134 pedoni – 242 ciclisti (1.932 tot.)
  • 2011 – 138 pedoni – 274 ciclisti (1.829 tot.)
  • 2012 – 96 pedoni – 227 ciclisti (1.564 tot.)
  • 2013 – 117 pedoni – 232 ciclisti (1.689 tot.)
  • 2014 – 125 pedoni – 236 ciclisti (1.599 tot.)

La ‘top five’ delle strade pericolose
Non c’è da illudersi: tutte le principali strade modenesi sono pericolose per i ciclisti e ovunque bisogna essere vigili e prudenti per prevenire incidenti e problemi. Nell’elenco delle 15 strade più pericolose, abbiamo estratto la top five che segue.

  • Menotti/Santa Caterina – 20 incidenti e 22 feriti
  • Crispi/Bruni Intersezione – 20 incidenti e 21 feriti
  • Canaletto/Attiraglio – 20 incidenti e 20 feriti
  • Divisione Acqui/Menotti – 14 incidenti e 15 feriti
  • Emilia est (S. Giovanni Bosco – Bonacini) – 13 incidenti e 13 feriti

Come avvengono gli incidenti stradali
Le intersezioni si confermano i punti più pericolosi per la mobilità, anche per i ciclisti: dei 1.460 incidenti totali nel periodo 2010-15, oltre la metà (804, con 832 feriti) si sono verificati agli incroci, mentre gli altri lungo le strade (656, con 688 feriti).
L’auto è di gran lunga il ‘lupo nero’ dei ciclisti, essendo il fattore di incidentalità più ricorrente (1.104 eventi).

Il ‘case study’: Centro storico Zona 30 km/h
Istituita zona a 30 km/h nel 2011, l’area del centro offre la possibilità di valutare l’esperienza ai fini di una riproposizione in altri quartieri della città. Confrontando i dati del quadriennio precedente (2006-10) e quello successivo (2011-15) alla modifica della velocità di circolazione, risulta che sono calati sia gli incidenti globali (243-174, -28%) che quelli dei ciclisti (107-80, -25%).
È una conferma dell’efficacia del provvedimento, specialmente nelle aree densamente abitate. Proprio per questo, non si capisce perché una misura così poco costosa e rapida nei risultati, non venga generalizzata: su 866 km di strade, solo 91 km sono zone a 30 km/h (9.93% del totale). Una curiosità: sulle carreggiate cittadine sono stati censiti ben 426 ‘dissuasori di velocità’, quei dispositivi che fanno rallentare solo i… ciclisti.

Segnali ciclabili: una vera giungla
Coniata dal drammaturgo tedesco Bertold Brecht per intitolare una delle sue opere teatrali, l’espressione ‘giungla della città’ trova conferma perfetta nella situazione… indescrivibile della segnaletica ciclistica modenese. La metafora è perfetta e calzante: un terzo dei segnali non è a norma. Un bel record!
I ciclisti devono diffidare della segnaletica che dovrebbe invece guidarli e proteggerli, e guardarsi dai pericoli che nasconde costantemente. A ogni incrocio, devono incrociare le dita: sarà quella buona o è la solita fregatura? E allora, sai che ti dico? Me ne vado in strada, almeno la situazione è più chiara. O no?

  • Segnali esistenti 2.405 – Mancanti 1.116
  • Degli esistenti:
  • A norma 1.621
  • Da eliminare (non a norma c/o attraversamenti ciclo-pedonali e ciclabili) 81
  • Da eliminare (errato – segnale doppio/inutile) 166
  • Da sostituire (errato – tipologia segnale sbagliato) 537

Sicurezza e spazio come bene comune inalienabile

passaggi in sicurezza

Sicurezza e spazio come bene comune inalienabile
Lorenzo Carapellese

Parlare, discutere, scrivere ed immaginare di sicurezza stradale è sempre opportuno. Specialmente dopo due o tre annate in cui sembrava che morti e feriti, in primo luogo ciclisti e pedoni, fossero in diminuzione.

Sappiamo che la velocità gioca un ruolo primario nella decimazione di giovani ed anziani nonché nella triste conta del dolore. Oramai conosciamo a memoria ed abbiamo digerito decine e decine di diapositive in cui si paragona la velocità al cadere giù da una finestra dal primo, secondo, terzo piano e così via, a seconda della velocità dell’auto che colpisce le persone che come unico riparo hanno la loro pelle.

Sappiamo anche che il codice della strada (sempre quello “nuovo” che poi nuovo non è) indica rimedi, detta norme e condizioni per rendere strade, ciclabili e marciapiedi sicuri. Ma poi?

Ma poi succede che per motivi prevalentemente e squisitamente politici (paura di perdere voti e lobbies particolarmente forti e danarose), i passi in avanti concreti verso la sicurezza stradale (ciclistica e pedonale in primo luogo) sono veloci come quelli del bradipo, se non a volte addirittura di verso opposto, come quelli del gambero.

È ora quindi di rovesciare il paradigma: è forse tempo di parlare di spazio come bene comune unico, indivisibile ma adattabile a diversi usi che non siano solo quelli dell’automobile? Di dire che forse a spazi comuni belli, piacevoli, sicuri, poco rumorosi hanno diritto anche pedoni e ciclisti? E pure quelli che salgono e scendono da un mezzo pubblico, sia esso taxi, bus e metropolitana?

E che forse tale diritto lo devono avere i ragazzi e le ragazze quando entrano ed escono da scuola? Anche a dispetto dei loro genitori su quattro ruote per quattro che a orari fissi, come le maree, invadono piazzali, strade antistanti le scuole, aiuole e giardinetti, parcheggiando in doppia e tripla fila?

Si, penso di si. E non è necessario inventarsi chissà mai quali tecniche, infrastrutture e tecnologie anche se possono aiutare. L’importante è partire dallo spazio urbano considerandolo come bene comune che deve essere disponibile per tutti.

monaco

Il tema è diventato nel tempo talmente ovvio che diverse città nel mondo, chi prima chi dopo, hanno agito secondo questa direzione di pensiero: certo, avvalendosi anche di norme di ingegneria stradale, ma soprattutto di esperienza e buon senso. Non vorrei fare una graduatoria delle città più virtuose o di quelle comunità urbane che sono arrivate prima (il palmares andrebbe senz’altro alle città olandesi e danesi), ma piuttosto cercare di dimostrare che la sicurezza stradale non è solo divieto, limite, cartello, corsia riservata, dosso, segnaletica, illuminazione) ma una condizione culturale. Una questione di civiltà urbana, un fatto di relazioni sociali educate e gentili, non aggressive. E quindi anche una opportunità economica che origina dalla dinamica lenta del passeggiare e pedalare, che rendono molto più al commercio che non l’arrivare veloce, parcheggiare in doppia fila e comprare a sparo giusto quello che si aveva in mente di comprare.

Ecco allora che Monaco, Londra, New York, Barcellona, Melbourne, Bogotà, Atlanta, Copenaghen e Victoria Gasteiz, solo per citare alcune municipalità virtuose, già da tempo si sono decise ad affrontare, per poi portare ad un livello di soluzione più vicino ai tempi d’oggi, il convivere di cittadini con eguali diritti anche se “mobili” su mezzi diversi nello stesso tempo e nello stesso spazio urbano.

poyton

A Monaco semplicemente hanno tolto una carreggiata intera da alcune strade per poi trasformarle in comode piste ciclabili. Mentre a Poyton in Inghilterra, un incrocio pericolosissimo è stato trasformato in una spazio che non solo è sicuro ma che aiuta e si integra con il vissuto urbano semplicemente (ma intelligentemente) differenziando e rialzando la pavimentazione stradale, disegnando un percorso sinuoso, di fatto facendo operazione di traffic calming, rinnovo urbano, qualità visiva e di accessibilità particolarmente efficace per ciclisti, pedoni ed anche disabili senza mortificare il traffico di attraversamento.

A New York la geniale Janette Sadik Khan (ex Transport Commissioner della Grande Mela) ha addirittura pedonalizzato la mitica Time Square da un giorno all’altro, semplicemente ricorrendo a pochi cartelli stradali, vernice e… sedie a sdraio e tavolini. Per sempre

Anche la sensazione di sicurezza (che deve essere però reale e non solo percepita), entra nella qualificazione dello spazio urbano. Ecco allora che nella riqualificazione della città e soprattutto delle periferie, negli Stati Uniti il ridisegno delle carreggiate è oramai codificato in manuali di progettazione che vengono non solo rispettati, ma anche migliorati in base all’esperienza.

L’inserimento di isole di attraversamento, pavimenti leggermente rialzati, corridoi centrali per la svolta, il parcheggio d’emergenza per i mezzi pubblici così come per il sorpasso breve in caso di impedimento sono ormai entrati nella prassi di molte città americane. E non è raro, anzi è frequente, che in operazioni di rinnovo urbano i marciapiedi vengano allargati a scapito della corsia stradale.

new york

E poi le aree a Zone 30 vengono chiaramente marcate, classificandole a seconda della tipologia di strada e del tipo di quartiere.

Ma anche città come Victoria Gasteiz in Spagna sono riuscite a gareggiare con intelligenza con città storicamente ciclabili e pedonabili come Stoccolma, Amburgo o Copenaghen. Tanto che nel 2012 la città è stata nominata Capitale Verde d’Europa. Una città che in soli quattro anni ha costruito 96 chilometri di piste ciclabili, dando vita ad un sistema di mobilità urbana dove la metà degli spostamenti interni alla città, il 49%, viene effettuato a piedi. In questa città la sicurezza stradale deriva allora da questo, dal fatto che 18.000 sono i ciclisti che ogni giorno effettuano gli spostamenti casa lavoro e casa scuola e per il fatto che il 16% sceglie il mezzo pubblico.

Pare che il segreto di tale successo sia dovuto al notevole coinvolgimento della popolazione, tanto che incontri mensili e settimanali con i quartieri sono stati compiuti per raggiungere le decisioni strategiche, portando così alla luce le vere problematiche. Inoltre le autorità di controllo del trasporto pubblico sono state scelte non in virtù di una tessera di partito, quanto per l’esperienza, competenza ed indipendenza, cosa che, alle nostre latitudini, è ancora fatto raro.

E poi ritorniamo al codice (nuovo) della strada che nuovo non è ma solo di nome.
Vedremo mai questi cartelli in lingua italiana?

Decalogo salvavita per ciclisti impenitenti

Decalogo salvavita per ciclisti impenitenti
Giuseppe Marano

Automobilisti e ciclisti condividono lo stesso spazio stradale ed è comune interesse prevenire i conflitti. Quelli che seguono sono consigli che i biker possono adottare per circolare con maggior serenità e sicurezza.

  1. Fermati e dai la precedenza agli incroci e ai semafori quando dovuto. In ogni caso presta sempre molta attenzione prima di procedere.
  2. Percorri la strada occupando la parte destra ma mantenendo almeno un metro di distanza dal marciapiede, scegli i percorsi meno trafficati ed evita di fare lo slalom fra i veicoli in marcia.
  3. Nei sensi unici con doppia circolazione delle bici procedi comunque tenendo sempre la tua destra e accertati di essere ben visibile agli altri utenti.
  4. Utilizza il linguaggio del corpo, segnala in anticipo col braccio quando devi cambiare direzione di marcia, portandoti per tempo sulla corsia apposita o presso la linea di mezzeria. Usa il contatto visivo con gli automobilisti per essere certo che ti abbiano visto.
  5. Quando è buio renditi riconoscibile con i segnalatori luminosi sulla bici (ed eventualmente anche con giubbotto rifrangente). Più sei illuminato più probabilità ci sono che tu venga avvistato per tempo.
  6. Conduci a mano la bici sulle strisce pedonali evitando di attraversarle restando in sella, anche a salvaguardia dei pedoni. Lo stesso vale per i marciapiedi e i portici.
  7. Se sei in comitiva con altri ciclisti non occupare tutta la carreggiata, consentendo sorpassi in sicurezza, ma se sei solo e sulla carreggiata c’è un altro ciclista, aggregati, sarà più facile che le auto vi vedano e vi rispettino.
  8. Se trasporti pacchi sulla bici procedi in modo lineare, evitando di spostarti a zig-zag sulla carreggiata, ed assicurati della stabilità degli oggetti per evitare di disseminarli pericolosamente per strada.
  9. Se accompagni bambini in bici, resta in coda e segnalane bene la presenza a bordo strada per prevenire incidenti.
  10. Quando esistono, utilizza le piste ciclabili per evitare inutili rischi in strada.

Un ultimo consiglio: usa sempre cordialità con gli altri passanti, ringrazia i conducenti delle auto che ti fanno passare, anche se è un tuo diritto, basta un cenno, un sorriso per infondere serenità e avere rispetto reciproco.

A scuola a piedi o in bici: insieme il Comune di Novi e Fiab

a scuola con la bici

A scuola a piedi o in bici: insieme il Comune di Novi e Fiab
Giuseppe Marano

La concentrazione davanti alle scuole di un elevato numero di autoveicoli, pedoni e ciclisti provoca rischi di incidenti, inquinamento e confusione nelle ore di entrata e uscita. Nell’intento di migliorare la situazione, l’Amministrazione comunale di Novi ha avviato un progetto con cui intende favorire l’uso di mezzi alternativi alle automobili sui percorsi casa-scuola.

L’iniziativa è stata assunta dall’assessora all’Ambiente, Lorella Gasperi, e ha portato al coinvolgimento della Fiab di Modena e del Circolo Naturalistico Novese, oltre che delle scuole e delle famiglie interessate. Il primo passo è stato un’indagine sulle attuali modalità di spostamento casa-scuola e sulla disponibilità a cambiare abitudini a favore dei mezzi ecologici.

Il 48% degli studenti elementari e medi di Novi vengono accompagnati a scuola con l’automobile, pur abitando vicino ai plessi scolastici (il 58% a meno di 1 km). Va piedi il 26%, in bici il 18% e con trasporto pubblico l’8%. L’impiego dell’auto viene giustificato principalmente per la comodità (22%) e per l’età dei ragazzi (22%), ma anche per l’insicurezza dei percorsi (traffico e mancanza di sicurezza 29%).

Tuttavia, i genitori ‘aprono’ all’ipotesi di non usare più l’auto: ben il 79% si dice disponibile a valutare le alternative proposte dal Comune. A quali condizioni? Vogliono più sicurezza (54%) o l’accompagnamento di un adulto (24%). Il 17% chiede anche più sicurezza contro i furti delle bici. Impressiona la risposta al quesito sul possibile impegno diretto nel progetto comunale: l’83% dichiara di voler partecipare.

La seconda fase del progetto consiste nel rilievo dei possibili percorsi casa-scuola, effettuata con la collaborazione dei tecnici della Fiab. L’obiettivo è individuare interventi prioritari da realizzare per la messa in sicurezza dei principali tragitti.

Per la Fiab di Modena si tratta del primo progetto di promozione della mobilità ciclistica e pedonale sui percorsi casa-scuola, che si propone di affrontare organicamente tutti gli aspetti del problema della sicurezza: i percorsi, la segnaletica, il coinvolgimento dei vari soggetti sociali lungo i tragitti, il rapporto con la scuola, l’educazione alla mobilità sostenibile e all’autonomia personale. Sulla base dell’esperienza condotta a Novi, l’associazione formulerà un proprio modello di intervento che poi offrirà agli altri Comuni della provincia.

Modena: il piano della mobilità piange

modena, dubbi sul piano ciclabile

Se il piano piange
Giuseppe Marano

Dopo oltre due anni di iter contrastato e numerose versioni, recentemente il Consiglio comunale ha approvato il primo Piano della Mobilità. Nelle intenzioni, questo atto definisce una visione organica della mobilità ciclistica. Nel voluminoso documento (252 pagine), supportato da varie tavole tecniche, gli interventi prospettati vengono corredati da dati finanziari: 6.28 milioni di euro di investimenti previsti nel breve periodo (entro 2018) e 15.3 milioni di euro nel medio-lungo periodo (oltre il 2018).

Il PMC si propone un obiettivo coraggioso: incrementare dell’1.5% annuo la quota ciclistica sull’insieme degli spostamenti (oggi la mobilità ciclistica è il 10.38%). A sostegno dell’obiettivo, sulla carta, vengono previste misure coerenti: aumento della sicurezza stradale, eliminazione di criticità e carenze nella rete, incremento della rete ciclo-pedonale, riconnessione di percorsi frammentati, realizzazione di Zone a 30 km/h.

La traduzione concreta degli obiettivi tocca ogni aspetto della mobilità: segnaletica; nuovi tratti ciclabili; riduzione delle criticità viabili; incremento delle zone a 30 km/h, completamento delle ciclovie modenesi. Inoltre, si contano interventi di messa in sicurezza, collegamento e completamento della rete. Per non citare gli impegni assai rilevanti di lungo periodo (oltre il 2018) indicati nel PMC, francamente assai aleatori, in quanto non finanziati.

Pur dando atto che l’Amministrazione ha fatto appello a competenze tecniche e impegno professionale notevoli, PMC appare uno strumento spuntato in due elementi fondamentali: la prevedibile inefficacia degli interventi previsti e la scarsità delle risorse. Se c’è un fattore di successo in questo tipo di imprese ad alto contenuto sociale, esso consiste nella chiarezza degli indirizzi percepiti dai cittadini, frutto di determinazione del decisore politico e di disponibilità finanziarie. Che però non emergono dai fatti.

Come è possibile, ad esempio, ridurre gli incidenti agli incroci e alle rotatorie limitandosi a disseminarli del nuovo totem progettuale, i ‘segnalatori luminosi’, che si aggiungono alla segnaletica inosservata? Troppo facile. E i nuovi tratti di ciclabili? Come mai mancano ancora segmenti essenziali di alcune strade pericolose, come Vignolese ed Emilia, solo per citare le più rilevanti? Alcuni progetti appaiono giochi di prestigio: un segnalatore luminoso qui, una chicane là, un cambio di segnaletica più avanti… come se il ciclista fosse uno strano animale cui puoi chiedere tutto, mentre gli automobilisti possono sfrecciare in strada senza disturbo. Il discorso delle zone a 30 km/h suscita più perplessità che soddisfazione per la novità, dopo anni di inerzia: oltre ad essere numericamente irrisorie, sono delimitate e scollegate, rendendo lo stesso quartiere diversamente transitabile nel giro di pochi metri. Mancano iniziative per illuminare tratti ciclabili insicuri di notte.

In sostanza il piano ha semplicemente ripreso interventi già ampiamente previsti in passato, senza sostanziali novità. I 15.3 milioni della fase futura sono nel libro dei sogni. Sulla base di questi dati, i ciclisti modenesi potranno davvero avvertire una maggiore sicurezza nelle strade e spostarsi fiduciosi ed ottimisti con questo mezzo semplice, efficiente e maledettamente poetico?

Il senso del ciclista per la sicurezza

incroci

Il senso del ciclista per la sicurezza
Ermes Spadoni

La scarsa sicurezza dei percorsi è tra le principali cause del mancato utilizzo della bici negli spostamenti quotidiani. Solo un italiano su dieci si reca ogni mattina a piedi sul posto di lavoro: eppure il 41% dichiara di metterci meno di 15 minuti. Il 75% degli italiani va al lavoro in automobile e meno del 4% raggiunge l’ufficio in bicicletta. Commentando i dati Istat 2016, è possibile affermare che i tanti programmi pubblici di sostegno alla mobilità sostenibile non bastano a convincere gli italiani a lasciare l’auto in garage per raggiungere l’ufficio.

Come mai? Siamo un popolo di inguaribili automobilisti o semplicemente queste politiche di incentivo, molte delle quali vorrebbero mettere in sicurezza i tragitti, non ci hanno convinto della loro efficacia?

La verità è che chiunque abbia provato ad usare la bici in città, può confermare che un tragitto qualsiasi, da un punto A ad un punto B, non è mai continuo, scorrevole, prioritario, segnalato, protetto ed illuminato.

Se i piani della mobilità si prefiggono di riconnettere qualche ciclabile qua e là, impiantare zone 30 a macchia di leopardo in quartieri periferici già a bassa intensità di traffico, mettere qualche centinaio di lampeggianti in più e ritinteggiare i passaggi pedonali, è del tutto evidente che la sensazione di sicurezza percepita dai ciclisti e dai pedoni non aumenterà.

E fino a quando l’onere della sicurezza sarà principalmente imputato al senso di autotutela del ciclista, è evidente che non cambierà nulla.

Due esempi? Primo: sulle piste ciclabili – incredibilmente spesso anche in corrispondenza di passi carrabili privati – troviamo ingombranti panettoni, infidi paletti, strettissime chicane che obbligano il ciclista a pericolose manovre: proviamo ad invertire gli ostacoli e metterli a rallentare l’uscita delle auto? Secondo: passaggi pedonali su strade cittadine grandi e dritte, semplicemente attrezzati con un lampeggiante e un disegno sbiadito sulla strada. Vogliamo provare a restringere le carreggiate, e mettere un’isola salvagente centrale?

Scommettiamo che pedoni e ciclisti si sentiranno più sicuri?

Sicurezza stradale: no a riserve indiane, si a spazi condivisi.

spazio condiviso

Sicurezza stradale: no a riserve indiane, si a spazi condivisi.
Giorgio Castelli

La sicurezza dei ciclisti è spesso invocata chiedendo a gran voce provvedimenti nei confronti delle biciclette (freni inefficaci, luci non funzionanti), delle infrastrutture (piste ciclabili ovunque, anche in città), e del ciclista (educazione stradale, casco obbligatorio, abbigliamento ad alta visibilità).
Questi Commissari Tecnici del Traffico si scordano sempre dei provvedimenti da applicare al traffico motorizzato, e guardano alla bicicletta come corpo estraneo del traffico, da relegare solo al tempo libero. Tanto che nei loro commenti da bar o bacheche virtuali, per i pedoni ed i ciclisti auspicano un futuro da riserva indiana su ciclabili protette, non nascondendo il sogno di separare completamente la mobilità pedonale e ciclistica dalla mobilità generale.

Purtroppo per loro, i freddi numeri sugli incidenti stradali presentano il vero problema: la velocità dei mezzi motorizzati è la prima causa degli incidenti e dei morti, seguita dalla distrazione alla guida. Il 40% degli automobilisti dichiara di non rispettare, quasi sempre, i limiti di velocità nel centro urbano.

Bisogna allora intervenire sull’intera superficie stradale, ridisegnando gli spazi per abbassare le velocità e garantire una coesistenza in sicurezza a tutti, tramite ampliamento dei marciapiedi, costruzione delle isole spartitraffico salvagente, riduzione delle dimensioni delle corsie di marcia. Basta sostanzialmente riproporre i caratteri tipici dei nostri centri storici, dove la velocità contenuta e la presenza diffusa di pedoni e ciclisti fa aumentare la sicurezza.

Perché così facendo si diffonde tra chi guida, tutti i mezzi, la percezione diffusa del rischio, e così la guida viene automaticamente adeguata al pericolo reale. Diversamente si continuerà a pensare agli incidenti stradali nella loro radice etimologica, cioè come eventi inevitabili che devono accadere. Invece notiamo una inutile e negativa tendenza alla diffusione nelle città di cartelli luminosi, di segnali di grandi dimensioni, di cordoli giganti, magari colorati di giallo, tipici della viabilità autostradale, che inducono gli automobilisti a pensare di essere davvero su una strada ad alto scorrimento.

Pensare di ottenere sicurezza progettando lo spazio pubblico e le strade come si è fatto negli ultimi 60 anni, oppure relegando il trasporto pubblico, i pedoni ed i ciclisti ai margini, fa venire in mente una frase celebre di Albert Einstein “Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati”.

Bologna premia i cittadini eco-virtuosi

bella mossa bologna

Su iniziativa dell’Agenzia per la Mobilità di Bologna, fra il 1 aprile e il 30 settembre 2017 è possibile partecipare a ‘Bella mossa’, l’iniziativa di promozione della mobilità sostenibile che prevede premi e incentivi per singoli cittadini e aziende.

Grazie ad un’applicazione informatica gratuita (BetterPoints), è possibile accumulare punti per gli spostamenti effettuati a piedi, in bici, autobus, treno, car-sharing e car-pooling, che danno diritto a premi o buoni sconto presso gli esercizi commerciali che hanno aderito all’iniziativa. In particolare, le squadre aziendali potranno aggiudicarsi premi collettivi, come le rastrelliere e i voucher per i dipendenti più virtuosi.

Non è tutto: ogni due mesi sono previste estrazioni di premi speciali fra i partecipanti che avranno conseguito più risultati ecologici: un ciclomotore elettrico, una bicicletta elettrica, una bicicletta urbana e un monopattino, buoni viaggio, buoni spesa high-tech e altri premi.

Bella Mossa è cofinanziata dal progetto europeo EMPOWER, a cui partecipa Bologna. All’iniziativa hanno aderito numerose città della cintura e aziende commerciali.

Premiare i cittadini rispettosi dell’ambiente è positivo, ma ‘Bella mossa’ è una misura complementare che dovrebbe affiancare una politica generale non autocentrica. È un gioco, gradevole e socializzante, che gratificherà chi già usa mezzi ecologici senza peraltro smuovere dalle proprie abitudini chi non li usa. Per convincere gli auto-dipendenti occorrono interventi più efficaci e strategici, estesi in tutta la città, basati sul principio ‘più inquini più paghi’, incompatibile con le politiche oggi dominanti, a Bologna come a Modena. C’è tanto da fare ma, in mancanza d’altro, va bene anche un gioco…

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

CIAB: Un club molto speciale al fianco di Fiab

CIAB

Esiste da due anni, ha sede a Milano, dispone di un sito web proprio (http://www.ciab.it) e si pone l’obiettivo di coinvolgere le organizzazioni economiche e gli enti pubblici nella promozione della mobilità ciclistica . È il CIAB, il Club delle Imprese Amiche della Bicicletta, l’associazione che mette in rete le aziende, gli enti, le società, i professionisti favorevoli alla mobilità sostenibile, affiancando la FIAB nella sua azione politica e culturale.

L’adesione al CIAB estende ai dipendenti, ai titolari e ai soci gli stessi vantaggi di cui godono gli associati FIAB: copertura Responsabilità Civile per danni a terzi nei loro spostamento in bici, in tutta Europa. Le società e gli operatori cicloturistici potranno assicurare anche i clienti. In caso di danni subiti e non liquidati, il dipendente di un’azienda Ciab gode di un patronato gratuito che lo guida alle procedure per la difesa dei propri diritti.

Promosso dalla Fiab, il CIAB è tuttavia un’associazione formalmente indipendente. Molte le società che hanno già aderito, da nord a sud nel Paese. Nell’area regionale hanno aderito due società importanti: la Uniteam s.r.l. e la OpenGroup società cooperativa, entrambe operanti nei servizi con sede a Bologna.

Interessante la motivazione della scelta attuata da OpenGroup, società che gestisce in appalto molti servizi pubblici fra cui le Biblioteche del Comune di Modena: l’adesione al CIAB si aggiunge alla ciclabile nella propria sede di Mura, al parcheggio bici nel giardino, all’impiego di energia elettrica da fonti rinnovabili, alimentando la “spinta gentile” all’utilizzo della bicicletta per arrivare al lavoro presente nell’originaria vocazione alla sostenibilità ambientale della società.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Petizione-appello per il riposizionamento dei portabici in Corso Canalgrande 103 e per la loro installazione in tutta la città e presso tutti i servizi di pubblica utilità

Data: 6 marzo 2017

Spett.le Sindaco del Comune di Modena – Giancarlo Muzzarelli

Spett.le  Assessore alla Mobilità Comune di Modena – Gabriele Giacobazzi

p.c.     Dirigente Settore Mobilita – Marco Stancari

p.c.     Dirigente Settore Lavori Pubblici – Nabil EI Ahmadiè

Oggetto:

Petizione-appello per il riposizionamento dei portabici in Corso Canalgrande 103 e per la loro installazione in tutta la cit e presso tutti i servizi di pubblica utilità.

Gentile Assessore,

desidero rispondere alla sua lettera del 20 gennaio scorso (prot. gen. n. 2017110120106.05) con cui ha riscontrato la petizione in oggetto, sottoscritta da 1041 cittadini nell’ottobre 2016, per commentare alcune sue dichiarazioni con cui lei intenderebbe “ristabilire una corretta informazione sulle dotazioni di stalli per biciclette e sulle modifiche intervenute negli ultimi periodi”.

Lei accusa la Fiab di aver riportato informazioni “scorrette e fuorvianti” per indurre i cittadini a sostenere una petizione contraria all’iniziativa dell’Amministrazione comunale (eliminazione dei portabici all’ingresso della Biblioteca Delfini), concludendo che  “non è mai esistita nessuna intenzione di eliminazione dei portabici dal Centro Storico”.

Da dove deriva questa conclusione? Non certo dalla realtà, visto che la rilevazione puntuale attuata il 3 marzo 2017 dalla Fiab (v. scheda allegata) la smentiscono clamorosamente.

Parcheggio bici Delfini (Corso Canalgrande 96-103-105):

con due interventi successivi, sono stati eliminati 25 portabici (- 50 posti bici), parte dei quali sono stati ricollocati in via Goldoni (8 portabici Modena e 7 rastrelliere obsolete, + 44 posti bici).

Pertanto, contrariamente a quanto da lei dichiarato, il bilancio finale non è solo numericamente negativo (- 6 posti bici) ma è anche qualitativamente devastante per i ciclisti: in via Goldoni ogni giorno gli utenti sono taglieggiati dai ladri che operano indisturbati in una posizione defilata rispetto al fronte del Palazzo S. Margherita. Al posto delle biciclette, oggi sostano 3 autoveicoli e 10 moto.

Postazioni Centro storico:

dal rilievo del 3 marzo in alcune strade del Centro risulta documentata la rimozione di portabici in numerose postazioni segnalata più volte dalla Fiab, da lei irrealisticamente negata.

In definitiva, mancano all’appello ben 75 portabici, ossia 150 posti bici. Anche considerando le nuove 7 rastrelliere (+ 28 posti bici) e gli 8 portabici (+ 16 posti bici) di via Goldoni, sono spariti 106 posti bici. I 60 portabici netti eliminati rappresentano il 5% della dotazione globale di portabici  in centro.

MEF, MATA, Biblioteca Crocetta, Piazza Roma:

particolarmente sorprendente, poi, è la sua soddisfazione per aver collocato presso alcuni poli pubblici numerose rastrelliere. Le ricordiamo che -con propria delibera di alcuni anni orsono- il Consiglio comunale ha stabilito che solo il Comune è responsabile della individuazione dei parcheggi bici nello spazio pubblico e che questi devono utilizzare il modello di portabici Modena. Proprio nei casi citati, con la grave aggiunta di Piazza Roma appena ristrutturata, dunque, lei ha platealmente contraddetto gli indirizzi del Consiglio comunale, contribuendo a diffondere rastrelliere insicure, a danno dei cittadini.

PMC e il PUMS:

il primo strumento di pianificazione prevede investimenti già decisi negli anni scorsi, mentre molti investimenti sono posticipati… al futuro; il secondo strumento di pianificazione semplicemente… non esiste ancora. Dunque, di cosa si parla?

C’Entro in bici:

da circa un decennio è bloccato, mentre la domanda di questo servizio è crescente. Il bike sharing finanziato dalla Regione, poi, non è mai stato implementato.

Bike-to-work:

lei cita la partecipazione a 2 progetti europei, ma le iniziative concrete sono nulle. Eppure non richiederebbero investimenti onerosi, ma principalmente iniziative politiche e di pubbliche relazioni verso aziende pubbliche e private. Come mai, ad esempio, il Comune non ha mai fatto nulla per i propri dipendenti?

Tavolo Permanente di Consultazione per la Mobilita Urbana:

la Fiab le ha comunicato a suo tempo la propria indisponibilità a continuare a partecipare ai lavori del Tavolo poiché le modalità praticate per l’informazione alle associazioni e la gestione degli incontri è risultata fin dall’inizio del tutto inadeguata a realizzare un confronto rispettoso ed efficace fra le diverse posizioni rappresentate. L’Amministrazione non ha accolto alcuna delle proposte di adeguamento della gestione dei lavori, poche e ragionevoli, sostenute dalla Fiab.

Per conseguire l’obiettivo di incrementare dell’1.5% annuo la mobilità ciclistica a Modena, da lei sostenuto in sede di approvazione del PMC nel dicembre 2016 in Consiglio comunale, occorre ridurre gli spostamenti degli autoveicoli. Le misure assunte finora e quelle previste nel PMC appaiono del tutto inadeguate rispetto allo scopo dichiarato. A tal riguardo, sottolineo che gli ultimi due censimenti Istat hanno attestato che le quote degli spostamenti autoveicolari (75% circa) e ciclistici (10% circa) sono restate inalterate nell’arco di un decennio. Ciò dimostra l’inefficacia totale delle politiche del Comune di Modena in tema di mobilità sostenibile.

L’intervento di rimozione dei portabici davanti alla principale biblioteca cittadina è stato giustamente percepito dai cittadini come la risultante di un atteggiamento generale sul tema della mobilità: ai pedoni e ai ciclisti viene riservato lo spazio pubblico e le risorse finanziarie residuali. Risultato: al posto delle biciclette, oggi, davanti alla Delfini e agli altri poli di pubblico interesse del centro storico si trovano autoveicoli, moto, dehor, contenitori dei rifiuti urbani. Oltre a danneggiare i ciclisti, la sua iniziativa ha danneggiato sensibilmente l’immagine di edifici storici e di aree pregiate del cuore cittadino, che andrebbero invece tutelati e valorizzati.

La Fiab continuerà a condurre le proprie iniziative a sostegno della mobilità sostenibile senza tentennamenti e alla luce del sole, appoggiando le iniziative pubbliche e private coerenti con tale obiettivo e contrastando quelle che ribadiscono l’impostazione autocentrica oggi dominante.

Nell’intento di promuovere la mobilità sostenibile, vengono riproposti due progetti di stretta attualità, immediatamente cantierabili, invitando l’Amministrazione comunale a collaborare con la Fiab per la loro attuazione, nell’interesse dei cittadini:

  • rilievo generale della mobilità a Modena, insieme a Comune ed AMO, al fine di definire un quadro informativo completo e condiviso (non ricavabile dai dati Istat limitati ai percorsi casa-scuola e casa-lavoro), base indispensabile per valutarne i cambiamenti nel corso del tempo;
  • contrasto della ricettazione di biciclette per contenere i furti, tema su cui recentemente è intervenuto il sindaco, Gian Carlo Muzzarelli, rispondendo a un’interpellanza in Consiglio comunale. La Fiab ha predisposto già nel 2012 il progetto B.U.S. (Biciclette Usato Sicuro), sottoponendolo alle forze dell’ordine e alla Prefettura, oltre che al Comune. Purtroppo, finora non ha ricevuto la necessaria attenzione.

Distinti saluti.

Giorgio Castelli

(Presidente FIAB Modena)

Allegato: Rilievo portabici in centro storico (3 marzo 2017)

tabella portabici mancanti

20/1/2017 – PDF Risposta ass. Giacobazzi a nostra petizione

6/3/2017 – PDF Comunicato FIAB