Manuel e le vittime come lui: per colpa di chi? La responsabilità ultima non è dei social media

Manuel e le vittime come lui: per colpa di chi? La responsabilità ultima non è dei social media

Un mese fa, un SUV guidato da un personaggio noto ha investito in pieno un tram con 20 persone a bordo con una violenza tale da farlo uscire dai binari, e ci chiedevamo cosa sarebbe successo se al posto del tram ci fosse stata un’auto piccolina. La risposta purtroppo non ha tardato ad arrivare: qualche giorno fa un SUV guidato da un personaggio “in cerca di notorietà” (tra l’altro troppo giovane per guidarlo) ha investito in pieno una Smart uccidendo sul colpo un bimbo di 5 anni. Non ci sono parole per descrivere un dramma di questa portata, ma per evitare che possa ripetersi occorre guardare alle cause e aggiustare il tiro.

A maggio ci si è sperticati a tessere le lodi della robustezza del SUV, oggi per qualcuno il problema è stato (anche) la poca robustezza di una Smart. Moltissimi hanno puntato il dito contro questa “generazione di giovani senza valori” che per attirare visualizzazioni sui social girano filmati rischiosi: in effetti, se in auto rispetti i limiti di velocità sei un povero perdente, mentre quelli “tosti” se ne infischiano e sfrecciano. Altri ritengono che sia colpa dei social che non sono regolamentati, o degli autonoleggi con pochi scrupoli e pochi controlli.

Sono tutte concause su cui riflettere, ma il problema di fondo è che sono le nostre strade che permettono a chi guida di accelerare quanto gli pare, mentre dovunque nel resto d’Europa le strade sono progettate precisamente per impedire di farlo. Ci sono cuscini berlinesi, carreggiate ridotte, telecamere, autovelox, chicanes, strettoie, slalom, attraversamenti rialzati. Addirittura, in Inghilterra molte strade a doppio senso permettono il passaggio di una sola macchina per volta, consentendo alle auto di incrociarsi solo se una è ferma e aspetta che l’altra passi.

Questo elimina alla radice la prima causa di morte in strada: l’eccesso di velocità. Guidare con prudenza non deve essere una scelta culturale o morale, deve essere proprio impossibile fare diversamente. Spingere troppo sull’acceleratore significherebbe allora danneggiare l’auto e fare la figura dell’imbecille, “altro che monetizzazioni su YouTube e challenge avvincenti”, scrive Massimiliano Tonelli su Roma Today. In presenza di strade ben progettate, anche un ubriaco o un ragazzo positivo alla cannabis potrebbe al massimo farsi del male da solo, non danneggiare il prossimo. Basta un cuscino berlinese per salvare una vita: ieri, e alla prossima collisione mortale che magari non farà notizia, prevista statisticamente per oggi o al massimo domani …

Bicicletta è libertà e democrazia

La bicicletta è un mezzo di trasporto democratico, tutti possono andare in bicicletta.

La bicicletta è libertà e gioia di vivere all’aria aperta.

La bicicletta è una fedele amica che ci accompagna per tutta la vita, iniziamo a pedalare da bambini e possiamo rimanere in sella fino alla vecchiaia; non ha limiti di età.

La bicicletta è un mezzo di trasporto semplice ed economico, per utilizzarla non è necessario targare il mezzo e stipulare assicurazioni, serve solo un po’ di manutenzione.

La bicicletta è socialità e inclusione, pedalando in città possiamo incontrare amici e conoscenti e fermarci a fare due chiacchere senza problemi di parcheggio, con la possibilità di creare una rete di persone attive sul territorio.

La bicicletta è conoscenza del territorio. In città osserviamo meglio ciò che ci circonda e scopriamo percorsi/luoghi mai visti o mai notati anche se viviamo da sempre in quella città o in quel quartiere. Fuori dalla città pedaliamo in mezzo alla natura dove sentiamo gli odori come il profumo dei fiori, dell’erba, della pioggia; dove ascoltiamo il silenzio, il fruscio delle foglie che si muovono con il vento, lo scorrere dell’acqua, il canto degli uccelli; dove guardiamo e osserviamo ciò che ci circonda con attenzione e meraviglia scoprendo aree naturali o beni architettonici minori che non avremmo mai pensato di avere nei dintorni della nostra città.

La bicicletta è sport con il piacere della fatica e della competizione.

La bicicletta ci permette di raggiungere in libertà i luoghi di lavoro o di studio.

La bicicletta è lotta contro il cambiamento climatico, è un veicolo che non inquina, non fà rumore e occupa poco spazio, non sono necessarie per la bicicletta nuove strade come Bretelle e Tangenziali, e spesso per la bicicletta non è nemmeno necessario costruire ciclabili fuori dalla città, è sufficiente utilizzare la miriadi di piccole strade comunali, rendendole strade a prevalenza ciclabile (F-BIS) con la riduzione della velocità a 30km/h e aggiungendo restringimenti o ostacoli per il rispetto della velocità.

Nemmeno all’interno della città sono necessarie nuove ciclabili, non nei comparti di nuova costruzione dove ancora vengono creati dei pezzi di ciclopedonali non raccordati a nulla e a volte pericolosi per le biciclette. Quello che oggi serve in città, per il contrasto al cambiamento climatico, è incentivare l’utilizzo della Bicicletta creando la CITTA’ 30: in tutte le strade cittadine la velocità deve essere ridotta ai 30km/h con precedenza alle bici, aggiungendo sulle strade restringimenti e ostacoli per farne rispettare il limite.

E se un giorno la Bicicletta non fosse più questo ? Se i politici come dichiarato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti al question time alla Camera mercoledì 7 giugno 2023 decidessero di introdurre una norma che prevede assicurazione, targa, frecce e casco obbligatorio, se decidessero di rubarci un pezzo di democrazia, libertà e felicità ?

Ci auguriamo che questo non accada mai e come FIAB vigileremo con molta attenzione.

Giornata mondiale della bici: un disperato bisogno di politiche a due ruote

Riconoscendo l’unicità e la versatilità della bicicletta, nell’aprile 2018 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di dichiarare il 3 giugno Giornata Mondiale della Bicicletta. La risoluzione descrive la due ruote come “un mezzo di trasporto sostenibile semplice, economico, affidabile, pulito e rispettoso dell’ambiente, che promuove la tutela dell’ambiente e la salute”.

L’Assemblea richiama i governi a incoraggiare l’uso della bicicletta come mezzo per sradicare la povertà, perchè permette di spostarsi anche a chi non ha le risorse economiche per potersi permettere l’acquisto e il mantenimento di un’auto; favorire lo sviluppo sostenibile, perché non consuma combustibili fossili e non produce inquinamento (nemmeno quello acustico!); ha una fondamentale valenza educativa perché promuove il rispetto reciproco e la condivisione degli spazi (anziché la “legge del più forte”); migliora la salute prevenendo una serie di patologie legate alla sedentarietà (obesità, diabete, ipertensione e disturbi cardiovascolari…), e favorisce la riduzione dello stress cronico e il benessere psicologico grazie alle endorfine; facilita l’inclusione sociale perché è alla portata di tutti, dai bambini agli anziani ai diversamente abili; promuove una cultura di pace.

Peccato però che al lato pratico, dal governo italiano in giù fino a molte (troppe) amministrazioni locali sembrano non volersi accorgere dei benefici individuali e collettivi dell’andare in bicicletta: le risorse a disposizione sono troppo poche, l’approccio dei tecnici ancora toppo auto-centrico. Di conseguenza la realtà quotidiana di chi inforca la due ruote per recarsi a scuola, a lavorare, a passeggiare è un’esperienza da brivido: la percezione è di costante pericolo e di frustrazione al limite della presa in giro. Le infrastrutture, anche quelle di nuova costruzione, sono spesso inadeguate, anguste, rese impraticabili da transenne, paletti, continue interruzioni (illegittime) per le immissioni laterali: anche laddove il Codice della Strada parla chiaro, le interpretazioni “creative” che vengono date sono immancabilmente a svantaggio di chi pedala.

Cari amministratori e tecnici comunali e provinciali, dunque, perché non approfittate dell’invito delle Nazioni Unite a celebrare la bici, non salite in sella e non vi fate un giro per i vostri paesi e città? Vi accorgerete che al di là delle celebrazioni c’è un disperato bisogno di politiche che davvero tutelino chi fa, ogni giorno, questa scelta ecologica e socialmente utile.

Giornata mondiale della bicicletta 2023

Sabato 3 giugno è la Giornata mondiale della bicicletta. Istituita nel 2018 dalle Nazioni Unite, ogni anno punta a diffondere i benefici ambientali, economici e sociali della mobilità ciclistica. FIAB ci sarà con il claim “Giornata Mondiale della Bicicletta, per una transizione accessibile, sana, inclusiva” cogliendo l’occasione per ribadire la potenzialità di un mezzo di trasporto quale strumento ideale – e alla portata di tutti e tutte – per guidare una transizione accessibile e inclusiva nella mobilità e per ridurre la dipendenza dalle auto (e dai combustibili fossili) a partire dagli spostamenti quotidiani. Sul sito andiamoinbici.it è disponibile il calendario aggiornato con tutte le attività che le associazioni hanno organizzato per celebrare la Giornata mondiale della bicicletta. Ricordiamo che FIAB, membro dell’European Cyclists’ Federation, si fa portavoce del messaggio dell’ECF in Italia.

«Dopo il taglio dei fondi destinati alla ciclabilità urbana nell’ultima Legge di Bilancio, è ora necessario che il Governo preveda un fondo permanente per le infrastrutture e le ciclabili urbane per consentire agli amministratori locali di ogni colore politico di sviluppare con facilità una mobilità ciclabile, in particolare per gli spostamenti casa-lavoro – dice Alessandro Tursi, presidente di FIAB. – La bicicletta è una soluzione reale e già pronta per perseguire in modo semplice ed economico gli obiettivi di transizione energetica e climatica, con costi decisamente inferiori, sia per i privati cittadini sia per le casse pubbliche, rispetto allo sviluppo della mobilità motorizzata, elettrica o meno».

Tra le tante iniziative previste per la Giornata mondiale della bicicletta ricordiamo quella di cui anche FIAB si è fatta promotrice, a Roma. Dalle 10 alle 13 la Festa della Bicicletta sull’Appia Antica regalerà ai partecipanti momenti di relax e allegria. Per avere tutte le informazioni suggeriamo di seguire anche la pagina Facebook dell’evento. Sempre il 3 giugno ci saranno pedalate musicali come quella in programma a Ferrara, il Ride to RockaFe, oppure “lucciolate serali”, escursioni per scoprire le città pedalando (come a Brescia), eventi dedicati ai bambini e ancora “tour de force” come quello organizzato da Fiab Trieste, da Tarvisio a Gorizia. Insomma ce n’è per tutti i gusti!

In occasione della Giornata mondiale della bicicletta FIAB coglierà l’occasione per tornare a parlare di una delle sue campagne politiche e di advocacy più importanti del 2023. Ci riferiamo alla proposta di legge sulle città 30, alla quale FIAB ha preso parte attiva. Elaborata con altre associazioni per l’ambiente e la sicurezza stradale rappresenta una soluzione auspicabile e a costo zero per favorire la convivenza in sicurezza nello spazio urbano da parte di tutti gli utenti della strada, come testimoniano le realtà che nel nostro Paese hanno già intrapreso questo percorso come Cesena, Olbia e Bologna.

Streets for kids: strade scolastiche ovunque

Venerdì 5 maggio c’è stata la terza mobilitazione “Streets for kids”: in 610 città europee (115 italiane) migliaia di bambini sono scesi in strada con girotondi, pedalate e giochi per chiedere più strade scolastiche. A Modena l’evento, per la seconda volta, è stato davanti la scuola dell’infanzia Saliceto Panaro.

Solo nel corso della mattina del 5 maggio a Modena ci sono stati ben quattro incidenti stradali: quando gli episodi di violenza stradale sono troppo diffusi (Modena è maglia nera da anni purtroppo) non si può più parlare di incidenti, di fatalità, ma occorre prendere atto di problemi sistemici di insicurezza stradale.

Anche presso la scuola dell’infanzia di Saliceto Panaro da anni i genitori lamentano velocità elevatissime dei veicoli vicino la scuola, solo dal 2010 ad oggi in quell’area di Modena si sono verificati più di 42 incidenti, la maggior parte con feriti e purtroppo anche mortali.

Quando in una strada la velocità normalmente raggiunta dai veicoli è superiore al limite in vigore significa che quel tratto stradale è stato mal progettato: non è accettabile che un veicolo possa raggiungere gli 80 kmh o più in un centro abitato, a maggior ragione davanti ad una scuola dove sulla carta il limite sarebbe dei 30kmh. Ed anche se nel PUMS c’è la previsione di aumentare in città le zone 30 e le strade scolastiche, quel comparto di Modena è completamente esclusa da questi benefici.

Molti genitori si sentono costretti a prendere l’auto per accompagnare i bimbi a scuola, perché farlo a piedi o in bici è troppo pericoloso, ed anche i ragazzi più grandi rinunciano per lo stesso motivo al loro diritto di muoversi autonomamente.

I “genitori ECOattivi” continueranno a sensibilizzare sul tema della sicurezza stradale anche in altre zone di Modena: la prossima iniziativa sarà il 17 maggio davanti la scuola dell’infanzia Tamburini. C’è tanta voglia di vivere in una città più a misura di persone, soprattutto per piccoli ed anziani, spesso i meno considerati. Noi di FIAB con ARIA supportiamo queste iniziative con eventi formativi e azioni concrete per promuovere “Modena Città 30”, una città più vivibile.

Nel resto d’Europa si punta verso una mobilità più democratica, con un riequilibrio degli spazi a favore delle utenze più deboli. Oltre ad un abbassamento dei limiti vengono istituite zone di quiete scolastica dove, almeno nelle ore di ingresso/uscita, il traffico motorizzato viene vietato. Chiediamo che quanto prima questo sia lo standard davanti ad ogni plesso scolastico modenese.

Città 30: una proposta di legge nazionale

Perdere 12 secondi per risparmiare tante vite

Una vita spezzata all’improvviso è un evento tragico che smuove il profondo del nostro cuore, specie se si tratta di una giovane vittima. L’attacco mortale di un orso in Trentino (evento peraltro rarissimo in Italia) ha acceso un intenso dibattito su come gestire questi grandi mammiferi, come contenerli, se abbatterne e quanti. Eppure, solo nel 2021 nelle “giungle urbane” italiane sono state uccise oltre 2000 persone, e quasi 150 mila sono state ferite (senza contare quelle uccise o ferite fuori città): è come se fossero stati feriti tutti gli abitanti di una città come Rimini o Livorno. I dati 2022 (non ancora ufficiali) segnano un aumento netto di questi numeri già terrificanti, con tutto quello che di devastante comportano per le vittime e i loro famigliari.

Purtroppo, un orso fa notizia ma a questi drammi siamo incredibilmente assuefatti, e il dibattito sulla causa di queste uccisioni e di questi ferimenti langue ancora: e la causa, secondo la polizia stradale, è principalmente la velocità dei veicoli motorizzati sulle strade delle nostre città.

Eppure, la soluzione, comprovata, è a portata di mano da anni: è nella riduzione del limite massimo di velocità urbana a 30 km/h. In Spagna per esempio, dove il limite dei 30 km/h è in vigore dal maggio 2021 su tutte le strade urbane, in sei mesi le collisioni sono diminuite di un quinto e i morti del 14%. Parliamo di decine di mamme, papà, ragazzini, bambini, nonni che possono continuare a sedersi a tavola con la loro famiglia, ridere, abbracciarsi: vivere, insomma.

Per questo Fiab insieme a Legambiente, Kyoto Club, Amodo, Clean Cities, Asvis e Fondazione Scarponi ha presentato a Bologna lo scorso sabato all’interno del simposio MobilitArs una proposta di legge nazionale sulla “Città 30” per l’aumento della sicurezza stradale nei centri abitati.

A chi obietta che ridurre a 30 km/h la velocità massima in città porterebbe alla paralisi, hanno risposto gli ingegneri di Polinomia, che hanno analizzato i dati dei flussi di traffico di Bologna: nell’ipotesi peggiore basata sulle assunzioni più conservative, la trasformazione di Bologna a città 30 costerebbe a ciascun automobilista 12 secondi in più per ogni spostamento. “Perdere” 12 secondi per salvare una vita: essere eroi non è mai stato più semplice.

D’altra parte, le amministrazioni che ritardano l’introduzione di questa misura salvavita stanno permettendo, colpevolmente, che sulle strade la gente continui a morire. Basta morti in strada, Città 30 subito.

Scarica la Presentazione della proposta di legge nazionale Citta 30

Ancora troppo pochi i ciclisti e i pedoni a Modena

Un pessimo segno per la mobilità e per la città.

Martedì 18 aprile i volontari di FIAB Modena hanno effettuato la semestrale rilevazione dei ciclisti nei 15 varchi stabiliti dal Comune di Modena nel 2005.

Dalle 7,30 alle 8,45 sono transitati 2856 ciclisti, con un calo del 28% rispetto a quelli contati nel settembre scorso e del 9% rispetto a quelli dell’aprile 2022. È in assoluto il risultato peggiore degli ultimi dieci anni, anche rispetto al recente periodo pandemico, fortemente condizionato dal lavoro e dallo studio svolto a casa.

Le strade più frequentate rimangono quelle di accesso al centro città: via Emilia Est ed Ovest, via Tagliazucchi, viale Medaglie d’Oro, via Sigonio e corso Canalchiaro, le più frequentate anche dai pedoni, risultati in crescita di circa il 7% rispetto ad aprile 2022 (ma ancora pochi).

Il Comune di Modena nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile del 2020 prevedeva di “migliorare le condizioni della circolazione e della sicurezza stradale, (…) favorendo il passaggio dall’uso generalizzato dell’auto privata alla mobilità dolce, ciclabile e pedonale” puntando alla “valorizzazione delle aree pubbliche come spazio condiviso e non più conteso tra auto, pedoni, ciclisti e trasporto pubblico”.

Ma in questi anni, per non toccare i parcheggi, ha visibilmente peggiorato la vita dei pedoni e dei ciclisti autorizzando l’occupazione dei marciapiedi da parte dei locali pubblici e delle attività commerciali, tollerando la posa di tavolini e attrezzature pubblicitarie abusive e autorizzando cantieri edili privi dei percorsi alternativi sicuri per pedoni e ciclisti indicati dal Codice della Strada. A rendere inservibile quel che resta dei percorsi per ciclisti e pedoni ci pensa poi spesso la sosta abusiva, anche questa apparentemente tollerata perché molto raramente sanzionata.

Per contro non sono migliorati i percorsi di accesso pedonale e ciclabile ai luoghi di lavoro e di studio e mancano le promesse zone quiete scolastiche.

Queste sono solo alcune delle azioni per la mobilità sostenibile indicate e non attuate dal Comune, ma pare proprio che anche quelle attuate non abbiano prodotto risultati di rilievo. Vien da chiedersi come pensi il Comune, di questo passo, di raggiungere il 20% degli spostamenti quotidiani in bicicletta (previsto al 2030), ma soprattutto come intenda ridurre quel 12% dei modenesi che usano giornalmente l’auto per spostamenti inferiori al chilometro e l’altro 32% che ne precorre meno di due.

Carrarmati o bimbi in bici? Visioni di due città

Carrarmati o bimbi in bici? Visioni di due città

Da qualche giorno si parla molto della collisione tra il SUV di Ciro Immobile, capitano della Lazio e calciatore della Nazionale, e un tram con 25 persone a bordo. La dinamica è al vaglio della polizia, resta il fatto che il SUV di Immobile, con una massa a vuoto di 2,5 tonnellate, è riuscito a far uscire dai binari un tram con un peso di oltre 30 tonnellate, fortunatamente senza conseguenze fatali per nessuno. Andrea Spinosa, esperto di trasporti, ha stimato con qualche calcolo di fisica che un tale effetto sul tram si poteva verificare con una velocità presunta del SUV di circa 80 km/h. Ma se invece fosse vero che non superava i 50 km/h, come da lui dichiarato, allora appare ancora più impressionante la potenza generata da questi mezzi.

Immobile, che stava accompagnando le figlie a un saggio di danza, ha commentato: “Se fossimo stati nella macchina piccola non so cosa poteva succedere, ce la siamo vista bruttissima”, ma vale il contrario: se al posto del tram ci fosse stata una “macchina piccola”, o qualcuno in bici o in monopattino, il bilancio della collisione sarebbe stato indubbiamente più grave. Invece, guidando a velocità ridotta (tipo 30 km/h) probabilmente ci sarebbe stato il tempo di frenare e questa collisione non si sarebbe verificata, e comunque con un’auto più piccola avrebbe avuto un impatto meno importante.

Le persone acquistano i SUV per sentirsi sicure, ma paradossalmente sono meno sicuri delle auto “normali”, sia per chi sta fuori che per chi sta dentro l’abitacolo. Chi è alla guida è ingannato dal senso di protezione che offrono, è incoraggiato a rischiare di più, ad accelerare di più, ma la loro altezza raddoppia le chances che si ribaltino in caso di collisioni. Le statistiche mostrano che la probabilità di morire in una collisione alla guida di un SUV è dell’11% più alta che in un’auto “normale”. I SUV sono ancor più letali per gli altri, a causa del loro peso enorme, della visibilità più ridotta (un bimbo davanti al cofano di un SUV risulta invisibile) e dell’altezza. Mentre in un’auto “normale” il paraurti colpisce un pedone alle gambe, lanciandolo sul cofano, un SUV lo colpisce direttamente al torso, o alla testa, e poi lo schiaccia con le ruote.

E’ questa la visione di città che vogliamo? Una città dove le strade urbane sono un territorio ostile, le collisioni sono sempre in agguato, e quindi bisogna guidare dei carrarmati per sentirsi “sicuri”? O una città dove le strade sono luoghi di incontro, interazione sociale, scambio, dove anche bambini anziani e disabili possono muoversi in sicurezza, dove si può camminare e pedalare e anche guidare un’utilitaria senza sentirsi sempre in pericolo di vita?

Cicloturismo e cammini: un antidoto all’overturism

Si sono concentrate in queste settimane alcune notizie sul mondo del turismo lento a piedi ed in bici, a partire con l’annuncio ad inizio marzo di un finanziamento di 10 milioni per lo sviluppo del cicloturismo in Appennino sulle tre direttrici delle ciclabili del Secchia (tratto Pescale-valico) e del Panaro (tratto Casona-Croce Arcana) e della storica Via Vandelli.

E’ dal 2013 con il progetto “Biciclette a Fiumi” (che coinvolgeva proprio gli argini del Secchia e del Panaro) che cerchiamo di spiegare le potenzialità di questo movimento: ora vediamo finalmente una grande consapevolezza dell’importanza di queste infrastrutture.

Infatti, il mondo dei viaggi attivi è in grossa evoluzione e lo testimoniano gli oltre 20.000 visitatori alla recente Fiera del Cicloturismo a Bologna, od il grande successo di percorsi nati dal basso come la “Via Vandelli” e la “Via degli Dei”.

Ne abbiamo avuto l’ennesima riprova anche lo scorso weekend al compleanno della Ciclovia del Sole, una infrastruttura che pur ancora incompleta è già una solida realtà capace di vivacizzare i territori attraversati.

Anche perché l’altra notizia fresca è quella proveniente dalle Cinque Terre, dove sono esplosi i problemi ben conosciuti del sovraffollamento turistico (overturism, come è stato definito dall’Organizzazione Mondiale del Turismo): un impatto eccessivamente negativo della qualità di vita percepita dei cittadini e delle esperienze dei visitatori.

Non si corrono questi problemi con camminatori e pedalatori, perché viaggiano in piccoli gruppi, prediligono mete minori a contatto con la natura, spesso fuori dalle calde stagioni estive, apprezzano le piccole attività economiche e culturali locali. Tra l’altro, viaggiando con bagagli leggeri, spendono molto sul territorio perché hanno bisogno di tutto.

E non si può parlare nemmeno di bolla effimera: da anni i tour operatori ci dicono che i viaggiatori stranieri hanno l’Italia in cima alle loro liste dei desideri appena troveranno tracciati sicuri e servizi diffusi. Ed è un numero in potenziale crescita esponenziale grazie alla diffusione delle bici elettriche.

Per i nostri territori è una occasione formidabile, che va tra l’altro a sopperire le difficoltà crescenti ed inarrestabili del prodotto neve: nelle scelte bisognerà avere come stella polare le esigenze del viaggiatore, senza farsi sviare da interessi locali. FIAB con la sua decennale conoscenza di questi fenomeni è a disposizione di tutte le amministrazioni per consigliare e supportare.

Nei panni di un datore di lavoro …

Migliorare l’efficienza sul posto di lavoro è semplice come passare da A(uto) a B(ici)

Tra chi chiede maggiori investimenti in ciclabilità, dovrebbero figurare ai primi posti i datori di lavoro. Diversi studi hanno dimostrato che i dipendenti che arrivano al lavoro in bicicletta sono di buon umore, energici e tonici, sembrano riposati e stanno focalizzati su quello che hanno da fare, sono svelti ed efficienti, hanno un’attitudine positiva verso i colleghi e il lavoro e si ammalano raramente.

Questo perché per andare in bici al lavoro non si resta mai imbottigliati nel traffico ad imprecare, si fa un moderato movimento fisico che secondo l’OMS porta ad una riduzione del 25% dei rischi di insorgenza di disturbi cardiovascolari e addirittura riduce l’incidenza di alcuni tipi di cancro. Tramite le endorfine che si liberano, pedalare ogni giorno migliora l’umore, la qualità del sonno notturno e la concentrazione, mentre l’attività fisica e i livelli più alti di vitamina D dovuta alla breve esposizione quotidiana al sole rinforzano il sistema immunitario.

Non tutti i lavoratori hanno le condizioni per poter cambiare le proprie abitudini: c’è chi abita troppo lontano dal lavoro o chi si può muovere solo in auto. Ma nonostante tutto c’è una grande parte di lavoratori che abitano a non più di 5-7km dal luogo di lavoro, stanno otto ore nello stesso stabile, mangiano velocemente sul posto a pranzo e tornano direttamente a casa la sera. Quanti ne potete contare tra le vostre conoscenze?

Tutti questi pendolari possono essere facilitati innanzitutto da una città a misura di bicicletta, ma anche da tanti piccoli accorgimenti che gli stessi datori di lavoro possono mettere in atto. Come testimoniano le imprese aderenti a CIAB (il Club delle Imprese Amiche della Bicicletta) è sufficiente attrezzare un parcheggio sicuro per le bici (a seconda della possibilità e dei bisogni si va da box coperti e chiusi con lucchetto, oppure uno spazio in magazzino), e poi uno spogliatoio con armadietti ed un lavabo per rinfrescarsi, o una doccia. Si può investire maggiori risorse in una flotta aziendale di bici oppure offrire ai dipendenti uno sconto sull’acquisto di una due ruote elettrica.

Tra l’altro i lavoratori in bicicletta non utilizzano lo spazio destinato al parcheggio auto, lasciando più posto per i colleghi che non hanno alternative all’auto privata per muoversi.

Insomma, un circolo virtuoso che fa bene ai lavoratori, alle imprese ed alle città in cui risiedono.