A chi servono i paletti?

Porre ulteriori ostacoli sullo spazio pubblico è una scelta estrema perché condiziona e ne riduce l’uso. Non a caso il Codice della strada non prevede paletti e già all’art.1 precisa che l’obiettivo di chi gestisce le strade deve essere quello “di migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio e di migliorare la fluidità della circolazione. Subito dopo definisce “strada” l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali.

L’Assessora Filippi dichiara che la recente semina di paletti in città serve alla sicurezza di pedoni e ciclisti e che a Modena Est vi era una “promiscuità pericolosa per gli utenti più deboli; per questo abbiamo deciso di interrompere questa convivenza ed i paletti erano l’unica soluzione possibile”.

Stupisce che un assessore alla mobilità sostenibile non cerchi di favorire la convivenza di utenti diversi nello spazio pubblico, ma forse questa scelta deriva anche dall’esigenza di:

  • ridurre l’adeguamento e la manutenzione costante della segnaletica verticale ed orizzontale,
  • assicurare al Comune l’autotutela amministrativa in caso incidente o di contenzioso,
  • ridurre i compiti di controllo da parte della Polizia Locale.

Del resto in questi mesi, sempre per autotutelarsi della scarsa manutenzione delle pavimentazioni di ciclabili e marciapiedi, sono stati installati cartelli di “strada deformata o dissestata anche per pedoni e ciclisti”.

Nel frattempo si posano nuove strutture inutili e pericolose per tutti, che vengono spesso divelte da conducenti distratti, da macchine operative e spazzaneve. Lo testimoniano le cattive condizioni in cui versano molti cartelli stradali e numerosi portabiciclette.

Per Modena Est si potrebbero trovare altre soluzioni, come ad esempio l’ipotizzare una strada urbana promiscua che il Codice definisce F-bis, “destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole della strada”.
Ma vi potrebbero essere anche altre soluzioni più soft, da ricercare con il contributo dei residenti e delle associazioni come la FIAB, che rappresenta chi “pedala ogni giorno”.

La guerra dei paletti

Il vespaio lo ha creato il doppio filare di paletti di Modena Est. Ma il vero problema inizia 50 metri prima, dove da decenni vegeta un paletto ormai arrugginito all’imbocco del vicino sottopasso ciclabile.

Per togliere ogni ipocrisia, quel paletto, e tutte le migliaia di altri inutili ostacoli ciclabili, sono stati messi non con lo scopo di proteggere i ciclisti dalle auto, ma al contrario per proteggere le auto dai ciclisti.

Perché nella testa di chi governa e progetta le nostre città da decenni si pensa che le auto debbano procedere prioritariamente per la loro strada senza interruzioni, e gli altri utenti debbano attendere. Non importa se la continuità della pista viene interrotta, o se il pedone a bordo strada sulle strisce deve attendere un automobilista di buona volontà per passare.

In tutto il mondo per convincere le persone ad abbandonare l’auto in città, si lavora sulla riconoscibilità, rapidità e continuità delle infrastrutture ciclabili, che devono diventare competitive per tempi di spostamenti con i tragitti motorizzati.

Per la sicurezza invece si investe sulla visibilità e priorità ciclabile nelle intersezioni, sulla riduzione della larghezza delle carreggiate stradali, e sulla limitazione della velocità delle auto a 30 km/h.

Fare ciclabili spezzate, senza priorità, o mettere paletti significa invece rovesciare l’onere ed addossare la responsabilità della sicurezza in capo a chi deve essere protetto, e non a chi, guidando un mezzo da 10 o 20 quintali, ha l’obbligo normativo ma soprattutto il dovere morale di fare di tutto per non arrecare danno agli utenti che incrocia. Anche a costo (insopportabile, ce ne rendiamo conto) di arrivare 5 minuti dopo.