E io pedalo. Donne che hanno voluto la bicicletta.

E’ in libreria E io pedalo. Donne che hanno voluto la bicicletta (Donatella Allegri, Ed. del Loggione, 2017). Tra tanti libri sulla bicicletta, questo ha un taglio speciale: la mette in relazione al cammino di autodeterminazione delle donne, da fine ‘800 ad oggi.

“Le figlie d’Eva non montino in velocipede, se .. vogliono conciliare igiene e moralità” scrive il fisiologo Mantegazza nel 1861. Annie Londonderry invece, pioniera del ciclismo femminile, nel 1898: “Nel momento in cui sale in sella [una donna] .. se ne va come l’immagine della femminilità libera e incondizionata”.

Insomma, lo avevano capito subito tutte e tutti (grande opportunità / pericolosa minaccia: punti di vista!!): la bicicletta era strumento di emancipazione. Certo che le donne la volevano, e il libro racconta come sia stata loro preziosa compagna di strada e di lotte, una fra tutte la Resistenza.

Lotte non certo alla fine: oggi il contrattacco al terreno conquistato tocca punte di violenza feroce, dalle parti nostre, e quanto alla bicicletta in molti Paesi per le donne è ancora tabù. Una finestra su questi mondi ce la schiudono le testimonianze delle migranti che imparano a pedalare nei corsi FIAB di Modena: che iniezione di autostima, che brivido di libertà i primi colpi di pedale in autonomia! L’ autrice racconta solo storie vere, documentate con scrupolo storico ma usando una scrittura calda, empatica che le rende vive e coinvolgenti. Leggetelo questo libro, leggete alle bambine e ai bambini di oggi la storia di Alfonsina Strada, unica donna a partecipare al Giro d’ Italia, 1924, con sovrumana determinazione. Tra tanti supereroi di fantasia, una volta tanto una supereroina: e vera, mica inventata!

La presentazione del libro al pubblico e l’incontro con l’autrice Donatella Allegro avverrà, martedì 20 marzo, alle ore 18, presso la libreria Ubik in via dei Tintori a Modena.

Marchiò Maria Chiara
www.modenainbici.it

No bici, di Alberto Fiorillo, Ediciclo 2012

No bici di Alberto Fiorillo

No Bici – Alberto Fiorillo

Sogno città senza bici. Senza quelle biciclette ritratte sui manifesti pubblicitari che offrono una sbarazzina e giovanile scenografia ai piazzisti di telefonini, conti correnti, polo di piqué, addirittura automobili. Senza quelle bici straboccanti di glamour dei vip che piacciono tanto a giornali e paparazzi pronti a immortalare l’atletico passatempo di ciclopresidenti, cicloattori e ciclostar che prima consegnano un bel cheese all’obiettivo e poi, svoltato l’angolo, raggiungono comodi la loro destinazione sul sedile posteriore di una berlina. Senza quelle bici promesse come premio all’automobilista fedele, che vincere una bicicletta coi bollini del carburante è un po’ come aggiudicarsi una bibbia a una gara di bestemmie. Senza quelle mountain bike caricate su pick-up puzzoingombranti per andare a scovare sentieri vuoti di traffico e smog. Senza quelle minimaliste e fighette dei ruotafissati, che sono più capi d’abbigliamento che veicoli: non ti portano, si portano.

Come mai hai scelto questo titolo così irriverente per il tuo libro?

“Anche se non è corretto a me piace definirlo titolo palindromo. Si può leggere in un modo e esattamente al contrario. No Bici è la realtà che, tranne poche eccezioni, rende le città italiane assolutamente inospitali per le biciclette e i sindaci refrattari a qualsiasi intervento che metta un freno all’invadenza delle automobili per dare spazio a modi di muoversi qualitativamente migliori: i piedi, i pedali, il trasporto pubblico. No Bici però è anche una citazione del libro di Naomi Klein e l’ambizione di imporre la bicicletta per il suo valore d’uso e non perché fa figo o s’intona bene con la t-shirt o il tailleurino. Non so se hai presente il tipo cool che possiede più mezzi e che prima di uscire di casa si pone il fatidico interrogativo: e oggi che bici mi metto? Ma No Bici è ovviamente anche Sì Bici, la convinzione che la bici mobilita l’uomo e un po’ lo nobilita anche, che chi pedala ha compreso che le strade e le piazze sono luoghi di socialità e d’incontro e non luoghi di scontro (non solo metaforico) come avviene tra i motorizzati” (da un’intervista all’autore).