Nonantola: Lettera aperta per uno sviluppo urbanistico sostenibile del territorio

Al Sindaco e alla Giunta del Comune di Nonantola
Al Consorzio delle Attività Produttive di Modena
Al Consiglio Comunale di Nonantola
Alla Provincia di Modena

Lettera aperta per uno sviluppo urbanistico sostenibile del territorio

Viviamo un periodo difficile, in cui all’emergenza ambientale si sovrappongono la pandemia e la crisi economica. Come se ciò non bastasse, un anno fa il nostro comune è stato colpito dall’alluvione del fiume Panaro, con gravi conseguenze sulla vita dei cittadini e delle imprese. Oggi nessuno ha più dubbi che i modelli economici della società globalizzata e interconnessa – e i suoi stili di vita – abbiano avuto e continuino ad avere importanti responsabilità in questi eventi drammatici.

Spesso percepiamo una condizione di impotenza di fronte a questi problemi globali e ci chiediamo cosa potremmo fare per dare un contributo alla lotta al cambiamento climatico. Se molto può essere fatto a livello di piccoli gesti quotidiani, come cittadini attivi e consapevoli dobbiamo però pretendere che anche le nostre istituzioni si impegnino nella transizione ecologica e nell’attuazione del PNRR, chiedendo loro l’assunzione di precise responsabilità per attivare immediatamente un cambio di dire-zione nelle politiche ambientali ed economiche. In particolare, il consumo di suolo – che con i suoi “co-sti nascosti” è causa di veri e propri danni economici messi a carico della collettività – rappresenta un’emergenza ecosistemica fortemente correlata al fenomeno del cambiamento climatico, da anni de-nunciato da rapporti, indagini e studi riguardanti ogni parte del mondo.

L’urbanistica è un potente strumento nelle mani dell’Ente locale che dovrebbe indirizzare lo sviluppo della città verso la sostenibilità ambientale, in quanto governa l’uso del territorio, i trasporti, la mobilità e i consumi energetici. L’elaborazione del nuovo Piano Urbanistico Generale di Nonantola, lo strumento politico-amministrativo che caratterizzerà il nostro territorio e la nostra città per i prossimi 30 anni, può essere l’occasione per pianificare uno sviluppo sostenibile per il nostro territorio. La sua ap-provazione è prevista nel corso del 2022.

Il nuovo strumento urbanistico avrà inevitabilmente ricadute sui grandi interessi economici e forse non è un caso che, nelle more dell’approvazione del piano, nei prossimi mesi si concretizzeranno due nuove grandi urbanizzazioni che interesseranno la zona ovest di Nonantola: il Fondo Consolata e l’ex-PIP Gazzate. Il primo interesserà un’area di oltre 90 mila mq posta fra il fiume Panaro e la rotatoria Modena, con insediamenti commerciali e produttivi collocati fuori dal perimetro della tangenziale. Il secondo sarà collocato su un’area posta sud di via Zuccola e prevede un grande polo dedicato alla logistica conto terzi su gomma – 60 baie di carico e 1.400 passaggi mensili di camion in ingresso e uscita – che coprirà un’area di 75 mila mq di un terreno oggi occupato da un bosco spontaneo.

Come associazioni firmatarie sottolineiamo con forza, proponendoli alla valutazione e al giudizio dell’intera nostra comunità, le preoccupazioni e il timore per le conseguenze che i due nuovi insediamenti possono comportare. Riteniamo che ogni nuova trasformazione urbanistica debba portare ad un migliora-mento della qualità del paese, secondo i principi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, indicati negli obiettivi ONU dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Riteniamo inoltre che le azioni del Comune, e soprattutto la comunicazione istituzionale su materie così rilevanti e decisive per il futuro del nostro territorio e della nostra comunità, debbano corrispondere pienamente ed esaustivamente ai bisogni di conoscenza e di partecipazione dei cittadini in questa importante fase progettuale.

Sosteniamo poi che siano da evitare nuovi insediamenti, ed in particolare quelli produttivi, fuori dal perimetro già urbanizzato del paese, a maggior ragione se realizzati su aree ad elevato rischio idraulico; laddove ciò non fosse possibile in virtù di diritti giuridicamente consolidati, l’ente locale dovrebbe intervenire affinché le trasformazioni siano conformi alle norme di sicurezza del territorio – in coerenza con i principi di salvaguardia della permeabilità del suolo e di prevenzione del rischio idraulico – e non impattino sulla mobilità locale e intercomunale. Temiamo inoltre che l’insediamento di un polo logistico sul nostro territorio, data la natura “conto terzi” dell’attività, possa un domani intensificarsi in termini di impatto sul traffico locale, seguendo dinamiche economiche estranee al controllo delle amministra-zioni locali.

Riteniamo infine che le istituzioni, anche attraverso la pianificazione urbanistica, insieme alle forze sociali e produttive, debbano esercitare appieno la funzione di governo delle dinamiche economiche del territorio, secondo i principi dell’economia circolare, indirizzandole verso attività ecologicamente compatibili che ne riducano l’impatto ambientale sul territorio e contribuiscano alla completa decarbonizzazione e utilizzo dei combustibili fossili entro il 2030.

Per quanto sopra richiamato, le scelte di insediare a Nonantola un polo logistico nell’area ex-PIP Gazzate e di realizzare un intervento misto commerciale/industriale nell’area Fondo Consolata, vanificherebbero gli intenti dell’Amministrazione locale verso la transizione ecologica di cui al PNRR e, ancora una volta, rinvierebbero al futuro la soluzione di problematiche già oggi insostenibili, quali la vulnerabilità idraulica di quelle aree, il “nodo Navicello” della mobilità da e per Modena e il problema delle emissioni di polveri sottili e di altri agenti inquinanti da parte dei mezzi di trasporto utilizzati nell’attività logistica.

Chiediamo pertanto che nella fase di formazione del nuovo Piano Urbanistico Generale, che dovrà più coerentemente rappresentare la reale situazione del nostro territorio anche alla luce delle criticità idrauliche che si sono evidenziate dopo l’alluvione del 6 dicembre 2020, non si proceda con l’insedia-mento di nuove attività economiche ad elevato impatto ambientale – come la logistica su gomma o gli insediamenti produttivi fuori dal perimetro urbanizzato – e che venga perseguita, con scelte urbanisti-che innovative, la transizione ecologica in ogni settore, compreso quello della mobilità.

Nonantola, 9 marzo 2022

Le associazioni firmatarie (in ordine alfabetico): Comitato Ambiente è Salute – Nonantola, Comitato cittadini alluvione Nonantola, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta Modena, GASlow, Giunchiglia-11, Iniziativa Nonantolani, Legambiente Nonantola, Mediterranea Nonantola, Movimento 5 Stelle Nonantola, nanoGAS, Nonantola Libera, Nonantola Progetto 2030, Rinascere APS, Una mano per Nonantola.

Guerra e bici

Gentilissimi Sindaci,

Con l’inverno ormai alle spalle si prospettano alcuni mesi in cui avremo meno bisogno di energia, ma già dal prossimo autunno la nostra dipendenza energetica dalla Russia si farà sentire, con penuria di combustibili e costi sempre più insostenibili. Mentre il Governo e l’Unione Europea stanno elaborando strategie energetiche di emergenza, voi Sindaci avete la possibilità di fare molto da subito per ridurre gli sprechi energetici, a cominciare dalla mobilità urbana: oggi la gran parte degli spostamenti avviene ancora con l’auto privata anche per tragitti inferiori ai tre chilometri.

Durante la crisi petrolifera del 1973 le soluzioni alternative rimasero una parentesi quasi folcloristica: solo l’Olanda colse quella crisi come occasione per cambiare radicalmente il modello di mobilità quotidiana, puntando strutturalmente sulla bicicletta. Negli ultimi anni si è cominciato a guardare al modello olandese come alla soluzione più semplice e razionale ai crescenti problemi derivanti da una mobilità sbilanciata sull’auto privata: traffico, parcheggi sempre insufficienti, malattie da sedentarietà e da smog, costi umani e sociali per incidentalità, oltre alla dipendenza energetica e all’enorme problema della crisi climatica. L’avvento delle biciclette a pedalata assistita consente ormai a tutti e a tutte le età di pedalare, anche in salita e per tragitti più lunghi, con consumi infinitesimali rispetto a qualsiasi auto, anche elettrica.

Di fronte a questa nuova crisi voi amministratori pubblici potete fare la differenza. A seguito della pandemia lo Stato vi ha messo a disposizione nuovi strumenti leggeri, rapidi e a bassissimo costo, già da tempo diffusi nel resto d’Europa: corsie ciclabili, strade urbane ciclabili E bis, case avanzate, doppio senso ciclabile, strade scolastiche. Nell’immediato potete realizzare e ampliare le “Zone 30”, per poi arrivare ad adottare i 30 km/h come regola in città.

Avete dunque la responsabilità e il potere di una scelta che può contribuire alla sicurezza strategica del Paese e a proteggere le tasche dei cittadini; che può affievolire il flusso di denaro che nutre gli autocrati delle fonti fossili, le loro armi e le loro guerre; una scelta che coniuga salute e rigenerazione urbana, e che risponde alla pressante richiesta delle giovani generazioni di contrastare la crisi climatica globale. FIAB, associazione non violenta per statuto che si batte da oltre 30 anni per un mondo migliore, è al vostro fianco.

Serate in Ciclofficina per partecipanti al Bike2Work

Hai voluto la bicicletta? Adesso aggiustiamola

Il Comune di Modena e Fiab Modena invitano i partecipanti al progetto BikeToWork Modena (°) ad una serata in Ciclofficina per imparare in autonomia a mantenere efficiente la propria bicicletta e pedalare in sicurezza.

Mercoledì 9/3 – 23/03 – 13/04 – 9/11 – 23/11 – 7/12 – 21/12 dalle 21 alle 23
presso Ciclofficina Popolare “Rimessa in Movimento” Viale Monte Kosica (sotto le gradinate del Novi Sad) a Modena

Non è necessario partecipare a tutti gli incontri, non si tratta di un corso, sono serate durante le quali i soci di Fiab Modena aiuteranno i partecipanti ad utilizzare le attrezzature della Ciclofficina per apprendere come occuparsi della manutenzione ordinaria della propria bicicletta, quella che usano tutti i giorni sulla strada per recarsi al lavoro.

Per partecipare alle serate e utilizzare le attrezzature non è richiesto alcun contributo. Occorre prenotarsi al 329 2024420 e portarsi i pezzi di ricambio.

In Ciclofficina:
– non vendiamo e ripariamo bici
– trovi gli attrezzi
– trovi la conoscenza
– la tua bici la porti e la ripari tu (porta i pezzi di ricambio)

Nel rispetto delle norme Covid le serate in ciclofficina sono riservate a un massimo di 10 persone per sera

A cura di:
FIAB Modena / CICLOFFICINA POPOLARE RIMESSA IN MOVIMENTO MODENA
Info e prenotazioni FIAB MODENA 329 2024420 (Josè)

“Una bici non si ama, si lubrifica”
– da ‘Velocità silenziosa” di Paolo Conte

(°) BIKE TO WORK è un progetto finanziato all’interno del “Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casalavoro” del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare n. 208/2016

Energia ed equità

Il filosofo Ivan Illich nel saggio “Energia ed equità” del 1973 scriveva: “gli indirizzi di politica energetica che verranno adottati nel decennio in corso determineranno il carattere delle relazioni sociali nell’anno 2000. Una politica di bassi consumi di energia permette un’ampia scelta di stili di vita e di culture, se invece una società opta per un elevato consumo di energia, le sue relazioni sociali non potranno che essere determinate dalla tecnocrazia e saranno degradanti”.

È purtroppo di stretta attualità il risultato delle scelte in questi 50 anni, e di come la fame di energia stia minando la convivenza nelle nostre società.

In Italia il saggio venne pubblicato con il titolo di “Elogio della bicicletta” perché in un capitolo si fa notare come l’invenzione del cuscinetto a sfera avesse reso possibile sia la bici che l’auto: con la prima però l’efficienza energetica è la massima conosciuta in natura, costa poco e non occupa spazio, mentre la pretesa libertà di mobilità individuale basata sul monopolio automobilistico è un ossimoro.

Come spiegare, infatti, l’inefficienza di un mezzo nel quale ogni 100 euro di benzina ben 97 sono destinati a spostare sé stesso, in quanto pesa 20 volte di più del trasportato? Come giustificare l’enorme uso di risorse per possedere una macchina che in media viaggia 2 ore al giorno e sta ferma per il 92% del suo tempo? Eppure, a Modena in auto viene fatto il 75% dei tragitti (il 45% dei quali sotto i 2,5km) e 662 persone su 1000 (compresi gli under 18) ne possiedono una.

Non si discute l’auto, ma l’uso intensivo che ne è stato permesso: riportarci a livelli di media europea (diciamo il 50% dei tragitti) permetterebbe di alleggerire da subito la bolletta energetica italiana senza sconvolgere i nostri stili di vita, anzi ottenendo enormi miglioramenti della qualità di vita. Invece continuiamo a sentire di incentivi miliardari per l’acquisto di nuove auto.

Ognuno di noi deve pensare a risparmiare energia, e nella mobilità ci sono ampi margini di miglioramento. Ma per farlo, gli amministratori devono garantire la fruizione del “bene mobilità” senza obbligarci al possesso ed uso di un’auto. Ad esempio, invertendo la priorità di spazio ed investimenti: prima pedoni, bus, bici, taxi, sharing, e solo alla fine le auto private.

Illich ci ricorda che è illusorio e sbagliato inseguire la disponibilità di nuove energie: stili di vita meno energivori possono aiutarci invece a non essere troppo dipendenti dal dittatore di turno.

Comunicare la ciclabilità

Da settembre 2020 il Codice della Strada per facilitare la mobilità ciclistica ha introdotto finalmente anche in Italia le “corsie ciclabili”, il “doppio senso ciclabile”, la “strada urbana ciclabile” e le “case avanzate”. A Modena sono state fatte in tutto tre corsie ciclabili e una casa avanzata, comunicate al loro esordio solo dai comunicati stampa di prammatica, e giustificati come una necessità per fronteggiare le difficoltà del trasporto pubblico post-COVID.

Invece sono misure definitive che possono essere utilizzate ovunque, e che riguardano tutti i 180.000 cittadini modenesi. Il risultato è che automobilisti e ciclisti si trovano di fronte a nuove righe a terra di cui non sanno il significato. Sono valicabili? Sono riservate ai ciclisti? Si può pedalare in entrambe le direzioni? Chi ha la precedenza? Posso sostare?

A sciogliere questi dubbi l’assessorato ha prodotto una sezione informativa all’interno del sito comunale ed un video di quattro minuti a cura dei vigili. Non abbiamo numeri per certificarlo, ma dai nostri colloqui quotidiani e dai commenti social, ci sembra che la quasi totalità dei cittadini non sappia come regolarsi.

Le Linee Guida Regionali sulla ciclabilità dedicano 12 pagine alla comunicazione, fondamentale tassello per un intervento efficace: “…è una tendenza diffusa investire grandi quantità di denaro in infrastrutture, per poi ritenere che la comunicazione debba avvenire a costo zero”. E si rileva come in Europa si convincono le persone ad usare di più la bici “solo in città che allocano per la comunicazione una cifra compresa tra 0,24 e 1,70 € all’anno per cittadino”.

Patrik Kofler ci racconta che nelle riuscite campagne pluriennali che hanno ideato per Bolzano e Monaco di Baviera sono partiti da un logo semplice riprodotto ovunque: sulla segnaletica, sulle aiuole, con big print sui palazzi, disegnato a terra sulle ciclabili. E su quella visibilità hanno costruito un coinvolgimento dei cittadini con casting show in piazza con shooting professionali rilanciati massivamente sui social, artisti joker della sicurezza sulle ciclabili, kit ciclabile ai nuovi residenti, fino alle grandi manifestazioni (una volta all’anno riservano la tangenziale per le bici). La strategia: trasformare i cittadini in testimonial del cambiamento.

Purtroppo, in Italia non sono frequenti gli esempi di campagne informative efficaci: è un vero peccato perché c’è il rischio che le nuove norme, non capite, vengano ritenute inutili o dannose. Proprio come sta succedendo a Modena.

Passaggi interrotti

Lavori in corso? Il Codice della Strada richiede che chiunque esegua lavori o depositi materiali sulle aree destinate alla circolazione o alla sosta di veicoli e di pedoni adotti gli accorgimenti necessari per la sicurezza e la fluidità della circolazione. All’Art. 21 si legge: “Se non c’è marciapiede o questo è completamente occupato dal cantiere occorre delimitare o proteggere un corridoio di transito pedonale […] della larghezza di almeno un metro. Detto corridoio può consistere in un marciapiede temporaneo costruito sulla carreggiata, oppure in una striscia di carreggiata protetta, sul lato del traffico, da barriere o da un parapetto”.

Il Codice non menziona specificamente le biciclette, che però sono tecnicamente “veicoli” e che a rigor di logica meriterebbero gli stessi accorgimenti necessari per la “sicurezza e la fluidità” che si adottano per le auto.

Questo nella teoria. Nella pratica alle soluzioni di cui sopra si preferiscono facili espedienti: nella maggior parte dei casi si appone il cartello di “pedoni e ciclisti dall’altra parte della strada”, senza creare un attraversamento stradale sicuro e senza accertarsi nemmeno che dall’altra parte della strada ci sia effettivamente lo spazio per ciclisti e pedoni. Ciò mette in difficoltà specialmente i più fragili: non vedenti e ipovedenti, persone in sedia a rotelle e genitori con passeggini e carrozzine.

Di recente hanno fatto notizia le proteste dei commercianti con i negozi su un tratto di Via Emilia Est in cui il ponteggio di un palazzo in ristrutturazione occupa parte del marciapiede e l’intera pista ciclabile. Un angusto passaggio pedonale è stato ricavato sotto il ponteggio, talmente stretto che due passeggini si incrociano a fatica; bici e monopattini (che su quel tratto sono molto numerosi) secondo il cartello di segnalazione possono passare solo se condotti a mano, oppure spostarsi in carreggiata dove però il traffico è importante e il transito sarebbe pericoloso.

Quale “sicurezza e fluidità”? La mobilità sostenibile finisce sacrificata e compressa in uno spazio insufficiente, con tutti i conflitti che ne conseguono tra chi si muove a piedi, chi in bici e chi col monopattino, mentre lo spazio per le auto resta intatto e intoccabile. È la prova che ci sono utenti della strada di serie A (le auto) e utenti di serie B (chi va a piedi, in bici o in monopattino): che senso ha penalizzare regolarmente quelli che alleggeriscono il traffico motorizzato, lo smog e l’inquinamento rumoroso?

Record da togliere il fiato

Dopo il primato regionale di cittadini a piedi o in bici uccisi in collisioni, ne arriva un altro altrettanto nefasto: quanto a mortalità prematura per inquinamento da polveri sottili (PM10, PM5 e PM2,5) e diossido di azoto, ci sono ben tre comuni modenesi tra i primi 60 posti su 859 città europee nella classifica del Barcelona Institute for Global Health, con Carpi 33esima, Modena 50esima e Sassuolo 60esima.

ARPAE ha rilevato che la maggiore responsabilità dell’inquinamento da polveri sottili è in capo al traffico, che impatta per il 34%. Passare alle auto elettriche? Non basta. Osserva infatti Sergio Harari, direttore dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano: “il tubo di scappamento degli autoveicoli incide per il 50% nella produzione delle polveri sottili da traffico, ma l’usura soprattutto di freni, asfalto e pneumatici influisce per il restante 50% […] con microscopici frammenti di metalli, minerali e gomma che poi si disperdono nell’aria e vengono inalati”.

Nelle strade urbane, affiancate da palazzine, rischia poi di crearsi un effetto canyon, con microvortici d’aria che fanno ristagnare gli inquinanti a livello del marciapiede, specie sul lato sottovento (con picchi anche 4 volte superiori rispetto all’altro lato). Si capisce allora perché i maggiormente esposti sono bambini e anziani: i primi hanno il naso più vicino al suolo, dove si concentrano gli inquinanti, e sono ancora in via di sviluppo; i secondi sono indeboliti dall’età.

Polveri sottili e diossido di azoto hanno effetti diretti devastanti sulla salute: ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva, tracheiti, bronchiti e tumori polmonari, asma e infezioni delle basse vie respiratorie. Secondo l’OMS ci sono poi effetti indiretti su diabete di tipo 2, obesità, infiammazione sistemica, Alzheimer e demenza.

ISDE Medici per l’Ambiente ha giustamente lanciato l’allarme, chiedendo interventi a tutti i livelli. Per cominciare, si potrebbe abbassare a 30 km/h il limite di velocità su tutte le strade urbane, come raccomanda il Parlamento Europeo. Meno sgasate, meno accelerate e frenate, tempi di percorrenza sostanzialmente invariati, strade più sicure che potrebbero convincere qualcuno ad andare a scuola, al lavoro, alla spesa in bici o a piedi anziché in auto, il che alleggerirebbe il traffico e l’inquinamento.

Ovunque sia stata attuata, la politica della Città 30 ha innescato un circolo virtuoso che ha portato più salute a tutti i cittadini, in primis ai bambini. Cosa aspettiamo?

Per una mobilità ragionevole – Città 30

Afferma l’Architetto Matteo Dondé che “tutti gli studi dimostrano che in ambito urbano tra 30 e 50 Km/h i tempi di percorrenza cambiano poco: gran parte del tempo lo perdiamo agli incroci e ai semafori. Moderando la velocità invece si riducono morti e feriti, rumore e inquinamento, a vantaggio della sicurezza di tutti gli utenti della strada, andando quindi al di là del focus sulla sola bicicletta”. Le città europee hanno in effetti approfittato della pandemia per accelerare questo processo di trasformazione all’insegna del valore dello spazio pubblico, di una maggiore sicurezza stradale e di relazioni di vicinato più strette. Si è affermata così la cosiddetta “Citta 30”, passo decisivo verso un nuovo paradigma urbano: la “Città dei 15 minuti”, in cui tutti i servizi necessari alla vita quotidiana (dagli uffici postali alle scuole ai negozi) sono raggiungibili per tutti i residenti in 15 minuti a piedi o in bici. A ottobre 2021 il Parlamento Europeo ha addirittura approvato ad ampia maggioranza (615 voti favorevoli, 24 contrari e 48 astensioni) una risoluzione che chiede l’introduzione di limiti di velocità a 30 km/h in tutte le zone residenziali dell’Unione.

Ma cos’è, come funziona e come si costruisce questa “Città 30”? Se ne avete sentito parlare ma non sapete di preciso di che si tratta; se siete convinti che sia una pessima trovata; se credete invece che sia la strada giusta; se siete curiosi di capire che vantaggi (o svantaggi) comporta, che interventi prevede e se sia realistica in Italia e a Modena e dintorni in particolare, Fiab Modena ha organizzato due serate che fanno per voi. Potete partecipare comodamente dal salotto di casa, in collegamento online: basta visitare il sito www.modenainbici.it e iscriversi compilando l’apposito modulo, e riceverete il link via email il giorno della conferenza stessa.

Nella prima serata, venerdì 4 febbraio alle 21.00, il focus sarà sulle caratteristiche della Città 30; interverrà anche Andrea Colombo, già assessore alla mobilità di Bologna, promotore del BiciPlan ed inventore dei T-Days.

Nella seconda serata, venerdì 11 febbraio sempre alle 21.00, ci si interrogherà sulle tecniche di organizzazione delle strade per ottenere una “Città 30”: come funzionano in Europa e come applicarle nelle città storiche italiane, dove non è sempre semplice né vantaggioso costruire spazi separati. Interverrà Andrea Burzacchini, amministratore di AMO ed esperto di mobilità con lunga esperienza in Germania ed Italia.

Vi aspettiamo!

Per iscriversi è necessario compilare questo modulo – riceverete via email il link per partecipare il giorno della conferenza stessa.

La piattaforma utilizzata prevede l’accesso di max 100 utenti. In caso di necessità daremo priorità ai soci FIAB.

Info: Ermes 3406764713 – Piero 3356250417

Per una manciata di secondi

La velocità è un fattore cruciale nelle collisioni stradali, perché aumenta sia le probabilità di impatto che le probabilità di ferimento grave o decesso. Se a 30 km/h lo spazio di arresto è di circa 9 metri, a 50 km/h passa a 25 metri, a 70 km/h arriva a 49 metri. Non solo, ma più si va veloce più si restringe il cono visivo di chi guida: è l’effetto tunnel, che porta l’automobilista a focalizzarsi solo sulla corsia di marcia ignorando quello che sta intorno (ciclisti ai margini della carreggiata, pedoni in procinto di attraversare la strada…).

Se poi malauguratamente si viene investiti, una piccola differenza nella velocità del veicolo fa una enorme differenza nelle chances di lasciarci le penne. Secondo l’OMS, un automobilista che investe un pedone a 30 km/h ha un 10% di probabilità di causarne la morte; a 50 km/h le probabilità di ucciderlo passano a 80%. A 70 km/h, una collisione è fatale per la quasi totalità dei pedoni. I dati per le collisioni con ciclisti seguono lo stesso andamento.

Spingendo sull’acceleratore si pensa di risparmiare chissà quanto tempo. Su un rettilineo senza ostacoli, per percorrere un chilometro occorrono 2 minuti a 30 km/h, 1 minuto 12 secondi a 50 km/h e 51 secondi a 70 km/h. Ma in città tra incroci, semafori e attraversamenti ci sono continui rallentamenti, tanto che la velocità media delle auto è intorno ai 28 km/h: si può accelerare ma poi tanto tocca frenare poco più avanti e il risparmio di tempo è quasi nullo.

Quindi quando un automobilista supera i limiti di velocità, sceglie deliberatamente di ridurre in maniera drammatica le chances di sopravvivenza delle persone in bici o a piedi che incontra sul suo percorso, per una manciata di secondi. Dovrebbe essere inaccettabile, e invece ogni volta che viene installato un autovelox ci si arrabbia col Comune che vuole “fare cassa”.

L’ultimo della serie è quello su Viale Italia, arteria a 4 corsie che dal dal 2013 a oggi ha visto ben 178 incidenti stradali, con 3 morti e 131 persone finite in ospedale. Nonostante sia ben segnalato, nel primo giorno di attivazione 224 veicoli hanno superato il limite dei 50 orari (quasi il 3% del totale transitato), con un record di 110 km/h.

Ai trasgressori farebbe bene scambiare due parole con i parenti delle vittime modenesi dell’eccesso di velocità, uccise per una manciata di secondi. E a quelli che continuano a pensare che il Comune vuole fregarli e “fare cassa”, ricordiamo che c’è un modo infallibile di “fregare” gli autovelox: guidare piano.

Mamme in bici

“Ah, per una mamma con dei figli piccoli è impossibile…(completa a piacere)”

Una delle cose ritenute “impossibili” è spostarsi in bicicletta – anche solo per le commissioni quotidiane. Un neonato non sembra adatto ad essere caricato su una bici… e invece le possibilità esistono anche per bimbi molto piccoli! Ci sono trailers da agganciare al retro della bicicletta, con l’optional di seggiolini appositi per bebè; ci sono le bici cargo, che con un apposito attacco possono ospitare nel cassone anteriore un ovetto di quelli che si usano in auto, che resta agganciato anche in caso di cadute e che spesso è pure ammortizzato delle vibrazioni. Entrambe le opzioni hanno il vantaggio di essere a prova di pioggia e maltempo grazie alle capottine impermeabili, e di consentire in contemporanea il trasporto della spesa senza troppo sforzo. Se poi il bebè reclama, è più agevole che in auto fermarsi a consolarlo senza l’incubo di riuscire a trovare un parcheggio.

Per una neomamma, appena se la sente, la bici offre così la possibilità di integrare un po’ di movimento nella routine di tutti i giorni senza dover fare i salti mortali per trovare un tempo dedicato, permettendo di migliorare l’umore e recuperare la forma fisica. Per i bimbi più grandi poi ci sono i classici seggiolini bici anteriori o posteriori, e poi le bici a spinta senza pedali prima di arrivare alle prime pedalate in autonomia. A quel punto però il problema vero non sono i bimbi ma la pericolosità delle strade.

Sarebbe bello che gli amministratori e i progettisti dei percorsi ciclabili si mettessero nei panni delle mamme: mamme con le bici cargo, mamme coi trailers, mamme con bimbi che pedalano autonomamente. I percorsi ci guadagnerebbero certamente in qualità.