Rovesciare la piramide

In questi giorni in città si è tornato a vivacizzare il confronto sul modello di mobilità che vorremmo, alimentato dal fatto che le cugine Reggio e Bologna hanno candidato al Recovery Plan ambiziosi progetti per il trasporto pubblico. Modena invece sembra ferma ancora alle dichiarazioni di principio di un PUMS poco coraggioso, con risorse incerte e tempi biblici.

Non sappiamo se per Modena sia meglio una metrotranvia o un BRT: quello che ci sembra di poter dire è che queste opere devono essere a completamento ed integrazione di un sistema di mobilità più sostenibile che inverta la piramide “prima auto poi il TPL, la bici ed infine pedoni”.

Si potrebbe intanto da subito iniziare nei quartieri con investimenti sostanziali sulla riqualificazione dello spazio pubblico, ricavando spazi per la pedonalità e la ciclabilità con un rapido processo di eliminazione dei parcheggi a bordo strada, con la riduzione delle ampie carreggiate stradali e l’imposizione del limite generalizzato a 30km/h nelle zone residenziali, per disincentivare il traffico di attraversamento.

Una volta messe le basi per una mobilità di vicinato sicura per tutte le persone da 8 a 80 anni, potrà arrivare come naturale completamento l’innesto di un modello di trasporto pubblico moderno ed attraente, fatto di corsie prioritarie, orari frequenti ed estesi su tutta la giornata, mezzi facilmente accessibili con monopattini e bici, ampie pensiline accoglienti e con servizi informativi puntuali sui tempi di percorrenza e biglietti.

Visto che colpevolmente ci siamo presentati al momento cruciale avendo rimandato tutte le scelte, e che, se tutto va bene, un nuovo TPL moderno lo vedremo solo tra diversi anni, nel frattempo possiamo prepararci iniziando a rendere accoglienti e sicuri almeno i quartieri in cui viviamo.

Benvenute corsie ciclabili

Stanno finalmente vedendo la luce anche a Modena le nuove corsie ciclabili che il CdS ha definito come “parte longitudinale della carreggiata destinata alla circolazione dei velocipedi nel medesimo senso di marcia degli altri veicoli”: insomma una semplice striscia discontinua alla destra di ogni corsia stradale. Molti cittadini si rifiutano di considerarle come una vera “infrastruttura ciclabile” perché senza una separazione fisica viene messa in dubbio la sicurezza, da parte di chi non è abituato a pedalare in città.

In realtà in quasi tutti i paesi europei dove sono realtà da decenni, i numeri ci dicono che gli incidenti agli incroci, che sono la stragrande maggioranza di quelli tra auto e bici in città, sono da 3 a 12 volte più probabili se invece di una corsia in carreggiata c’è pista ciclabile separata, perché con le bici in strada si ottiene una politica di traffico misto, associata a riduzione della velocità automobilistica e maggiore contatto visivo.

Maggiore sicurezza, minori costi, tempi rapidissimi di costruzione, facilità di manutenzione e pulizia, illuminazione garantita, poco spazio reale sottratto al traffico automobilistico: le corsie ciclabili possono giocare un ruolo importantissimo in un contesto italiano in cui il livello di ciclabilità stenta a crescere.

Ma soprattutto condividere le stesse strutture, oltre ad utilizzarle in maniera più efficiente e meno costosa, obbliga tutti gli attori della strada a rispettare e riconoscere i diritti degli altri, indipendentemente che stiano guidando un SUV da 2,5 tonnellate od un monopattino.

Significa per l’automobilista regolare la velocità per adeguarsi ai bisogni dei più deboli, per un ciclista tenere sempre la propria corsia e la propria mano (ben illuminato di notte visto che si è in strada) e per un ragazzo in monopattino non pensare di essere al parco giochi.

In questo periodo storico individualista in cui siamo tentati a riconoscere i nostri diritti prima che i nostri doveri, separare ed erigere ostacoli tra i cittadini in base al loro mezzo ci appare innanzitutto come una arresa alla convivenza civile che invece dovremmo coltivare nei confronti di chiunque incrociamo per strada.

Tenersi in salute in zona arancione

Dunque anche la nostra regione ha nuovi limiti agli spostamenti che prevedono di non lasciare il proprio Comune, e proprio la prima domenica “arancione” abbiamo scoperto che il Comune di Modena è piuttosto vasto. Il nostro giro in bici ci ha impegnato oltre 3 ore, ed abbiamo superato i 60 km in un bel mix di stradine secondarie, piste ciclabili, argini di fiume: da Vaciglio a San Damaso, poi a San Donnino, le Paganine, Baggiovara, Marzaglia, Cittanova, poi rientro sul percorso Natura del Secchia fino ai Tre Olmi, Ponte Alto, Lesignana, Ganaceto, Villanova, Albareto, Saliceto Panaro. Insomma, possiamo tranquillizzare gli amici ciclisti: in queste settimane senza palestre e montagne, possiamo comunque mantenere la nostra condizione psicofisica anche dentro il nostro comune, riscoprendo paesaggi e luoghi vicini.

Ma la migliore attività che possiamo consigliare è quella di abbandonare stili di vita sedentari, ed usare la bici tutti i giorni come mezzo di trasporto, per andare al lavoro o per le piccole commissioni ed acquisti, aiutando tra l’altro l’artigianato ed il commercio locale che tanto stanno soffrendo.

Infatti, usare la bici tutti i giorni ha dei risvolti interessanti anche sulla salute e non solo sulla congestione del traffico e l’inquinamento. In 16 studi in tutto il mondo su uomini e donne tra i 30-55 anni, operai e impiegati che sono passati da essere sedentari a mediamente attivi si è rilevato un miglioramento su tutti i fattori di rischio per diabete, cancro, ipertensione, nonché un miglioramento della capacità aerobica, della forza muscolare e diminuzione rapporto peso/altezza. Parliamo di persone che non facevano altra attività sportiva, ma si a cui è stato chiesto semplicemente di recarsi al lavoro in bicicletta.

Chi ha già fatto questa scelta può raccontarlo: anche pochi km al giorno non solo rispondono ad un bisogno primario come il movimento all’aperto, ma migliorano l’autostima e l’umore ed anche la produttività sul lavoro. In più è un mezzo che permette naturalmente il distanziamento fisico imposto dal COVID. Allora perché non provare?

Via Tagliazucchi anche ai ciclisti

Il Comune di Modena ha finalmente migliorato l’accesso dei ciclisti al centro storico da via Tagliazucchi, che serve il popoloso quartiere dei Musicisti.

Era una delle numerose proposte di FIAB per facilitare l’approdo al centro dei cittadini in bicicletta, senza intasarlo di auto, presentato già nel 2015 all’allora assessore Giacobazzi. Ma allora, forse “fraintendendo” la nostra richiesta, il Comune aveva riaperto al traffico automobilistico il percorso esterno alla ZTL fino a viale Fontanelli e aveva tolto i portabiciclette davanti alla biblioteca Delfini per aggiungere parcheggio delle auto.

Questa volta il nuovo assessore ci ha ascoltato ed ha realizzato una corsia ciclabile sul lato nord, mentre a sud ha consentito il transito delle biciclette nella corsia preferenziale degli autobus. Sono stati così messi in sicurezza i ciclisti che da sempre fanno questo percorso per andare a scuola e al lavoro che, secondo il nostro rilevamento semestrale, variano da 100 e a 150 nell’ora di punta del mattino.

Tutto bene? Magari!

“Prima o poi ci scappa l’incidente” commenta un sindacalista degli autisti, “un ciclista che si immette da una laterale in contromano rischia un incidente frontale” aggiunge un esercente della zona, quasi che, se la stessa manovra la facesse un’auto, fosse differente.

La corsia preferenziale è interrotta da due semafori ravvicinati, ha una sola fermata ed è percorsa da una sola linea urbana con una frequenza massima di 10’ nelle ore di punta. Quale velocità può fare un autobus e di quale pericolosa promiscuità si può parlare visto che anche i taxi hanno a disposizione una così ampia corsia?

Nei fatti nulla è cambiato rispetto al passato, salvo che ora i ciclisti non sono più “abusivi”, ma possono fare lo stesso percorso di sempre in piena regola. E’ ciò che purtroppo non avviene in molte altre strade del centro storico che i ciclisti sono costretti a percorrere al contrario per non compiere inutili giri viziosi.

Non siamo psicologi ma abbiamo l’impressione che si continui pensare ai ciclisti non come normali cittadini in bicicletta, ma come “irregolari della strada” e che come tali, non conoscano le regole, vadano appena tollerati senza avere pari diritti sulla strada.

FIAB sull’apertura della ZTL al “take away”

Comprendiamo benissimo la finalità dell’iniziativa che punta a aprire la ZTL per l’asporto, e siamo certi che sia stata pensata per dare una risposta immediata in un momento difficile, ma pensiamo che sia una risposta sbagliata ad un problema reale.

Per prima cosa è il messaggio ai cittadini ad essere sbagliato: soprattutto in tempi di COVID i piccoli spostamenti devono essere incentivati a piedi o in bici, non in auto. E l’esperienza comune ci dice che l’asporto di una pizza, due lasagne o un kebab nella grande parte dei casi viene fatto a poche centinaia di metri da casa, con un peso da spostare che non giustifica l’uso di un’auto.

Poi pensiamo che sia una misura in gran parte inutile, perché ci sono già centinaia di riders disponibili a consegnare in bicicletta dal centro storico verso ogni quartiere di Modena.

Ma soprattutto è controproducente per gli stessi operatori economici del centro storico, perché non è vero che l’accesso delle auto favorisca gli affari in centro storico. Si è dimostrato esattamente il contrario in tutto il mondo, perché non dovrebbe valere per Modena?

Ne è la riprova il fatto che proprio in questi giorni i commercianti di via Canalino accolgono con piacere la riqualificazione della via e pensano di chiederne la pedonalizzazione, perché ritengono in questo modo di poter anche raddoppiare le vendite.

Infatti per ogni cittadino modenese in più in centro in auto, avremo centinaia di modenesi a cui sarà negato il piacere di godersi sotto Natale gli acquisti in tutta tranquillità e senza l’assillo del traffico.

Per non parlare poi di quando ci ritroveremo a commentare gli inevitabili parcheggi fantasiosi di cittadini che, in situazione di centro affollato, non troveranno posto vicino al loro locale.

Per cui chiediamo all’ Amministrazione di valutare con attenzione tutti i pro ed i contro di questa scelta, perché ci sembra che comporti più svantaggi che utilità.

A chi servono i paletti?

Porre ulteriori ostacoli sullo spazio pubblico è una scelta estrema perché condiziona e ne riduce l’uso. Non a caso il Codice della strada non prevede paletti e già all’art.1 precisa che l’obiettivo di chi gestisce le strade deve essere quello “di migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio e di migliorare la fluidità della circolazione. Subito dopo definisce “strada” l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali.

L’Assessora Filippi dichiara che la recente semina di paletti in città serve alla sicurezza di pedoni e ciclisti e che a Modena Est vi era una “promiscuità pericolosa per gli utenti più deboli; per questo abbiamo deciso di interrompere questa convivenza ed i paletti erano l’unica soluzione possibile”.

Stupisce che un assessore alla mobilità sostenibile non cerchi di favorire la convivenza di utenti diversi nello spazio pubblico, ma forse questa scelta deriva anche dall’esigenza di:

  • ridurre l’adeguamento e la manutenzione costante della segnaletica verticale ed orizzontale,
  • assicurare al Comune l’autotutela amministrativa in caso incidente o di contenzioso,
  • ridurre i compiti di controllo da parte della Polizia Locale.

Del resto in questi mesi, sempre per autotutelarsi della scarsa manutenzione delle pavimentazioni di ciclabili e marciapiedi, sono stati installati cartelli di “strada deformata o dissestata anche per pedoni e ciclisti”.

Nel frattempo si posano nuove strutture inutili e pericolose per tutti, che vengono spesso divelte da conducenti distratti, da macchine operative e spazzaneve. Lo testimoniano le cattive condizioni in cui versano molti cartelli stradali e numerosi portabiciclette.

Per Modena Est si potrebbero trovare altre soluzioni, come ad esempio l’ipotizzare una strada urbana promiscua che il Codice definisce F-bis, “destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole della strada”.
Ma vi potrebbero essere anche altre soluzioni più soft, da ricercare con il contributo dei residenti e delle associazioni come la FIAB, che rappresenta chi “pedala ogni giorno”.

La guerra dei paletti

Il vespaio lo ha creato il doppio filare di paletti di Modena Est. Ma il vero problema inizia 50 metri prima, dove da decenni vegeta un paletto ormai arrugginito all’imbocco del vicino sottopasso ciclabile.

Per togliere ogni ipocrisia, quel paletto, e tutte le migliaia di altri inutili ostacoli ciclabili, sono stati messi non con lo scopo di proteggere i ciclisti dalle auto, ma al contrario per proteggere le auto dai ciclisti.

Perché nella testa di chi governa e progetta le nostre città da decenni si pensa che le auto debbano procedere prioritariamente per la loro strada senza interruzioni, e gli altri utenti debbano attendere. Non importa se la continuità della pista viene interrotta, o se il pedone a bordo strada sulle strisce deve attendere un automobilista di buona volontà per passare.

In tutto il mondo per convincere le persone ad abbandonare l’auto in città, si lavora sulla riconoscibilità, rapidità e continuità delle infrastrutture ciclabili, che devono diventare competitive per tempi di spostamenti con i tragitti motorizzati.

Per la sicurezza invece si investe sulla visibilità e priorità ciclabile nelle intersezioni, sulla riduzione della larghezza delle carreggiate stradali, e sulla limitazione della velocità delle auto a 30 km/h.

Fare ciclabili spezzate, senza priorità, o mettere paletti significa invece rovesciare l’onere ed addossare la responsabilità della sicurezza in capo a chi deve essere protetto, e non a chi, guidando un mezzo da 10 o 20 quintali, ha l’obbligo normativo ma soprattutto il dovere morale di fare di tutto per non arrecare danno agli utenti che incrocia. Anche a costo (insopportabile, ce ne rendiamo conto) di arrivare 5 minuti dopo.

Settimana Europea della Mobilità Sostenibile 2020

Sta arrivando anche nel 2020 la SEM (settimana europea della mobilità sostenibile): le associazioni stanno già organizzando eventi e sono pronte a partire. Infatti la ricchezza della SEM è fatta dalle centinaia di eventi creati su tutto il territorio nazionale.

Il tema proposto dalla Comunità Europea per il 2020 è “Emissioni zero, mobilità per tutti”, ciò che suggerisce il Ministero è “Scegli il mezzo giusto” e noi lo abbiamo completato con il nostro motto: #primalabici.

Queste sono le attività organizzate (o partecipate) da FIAB Modena all’interno della SEM

18 settembre – Nonantola
Bici Bus – tutti a scuola in Bicicletta

19 settembre – Parco Ferrari – Modena
Vivere Senz’auto

17 Settembre – Carpi
Giretto d’Italia

20 Settembre – Emilia Romagna
Campagna “Bella Coincidenza”

20 Settembre – Carpi
Alla scoperta della città di Carpi

22 Settembre – Modena
Rilevamento Flussi Ciclistici e Pedonali

 

 

Lettera aperta al Sindaco sulla Mobilità per la ripresa scolastica

A 20 giorni dalla riapertura delle scuole FIAB MODENA sollecita  il Sindaco Muzzarelli per ricevere un aggiornamento sulla predisposizione della rete di mobilità ciclistica d’emergenza, votata in consiglio comunale in luglio 2020, e più volte proposta dall’Associazione dei ciclisti all’amministrazione come una delle soluzioni utili a risolvere l’accesso alle scuole di studenti ed insegnanti alla ripresa scolastica di settembre.

La realizzazione di una rete ciclabile d’emergenza (RME), che utilizza le “corsie ciclabili” per potenziare i collegamenti della rete di “piste ciclabili” esistenti favorirebbe gli accessi in sicurezza alle scuole, e dovrebbe essere abbinata a un contestuale abbassamento della velocità di transito delle auto a 30Km/h su quelle stesse strade.

La “pista ciclabile” in genere occupa uno spazio proprio, ricavato anche su un tratto di marciapiede, è ben separata dalla strada; la “corsia ciclabile” è invece una striscia di carreggiata, posta sul lato destro e divisa dalla strada da una striscia discontinua bianca ed è realizzabile in tempi molto più brevi e costi estremamente più contenuti.

FIAB MODENA ha proposto già da Aprile 2020 a tutte le amministrazioni della provincia di dotarsi di corsie ciclabili per potenziare i collegamenti con le frazioni ed i comuni vicini (ad esempio la ciclabile d’emergenza fra Modena e Nonantola che avrebbe potuto essere utilizzata come alternativa all’auto o al trasporto pubblico da almeno 600 studenti che tutti i giorni si spostano per raggiungere gli istituti scolastici a Modena) e favorire gli accessi alle scuole con la bicicletta anziché con l’auto privata, per contrastare l’aumento esponenziale degli spostamenti in auto registrato con l’emergenza sanitaria e contribuire a risolvere il problema della carenza di autobus.

 

FIAB: Modena, positivo avere un piano di emergenza. Valuteremo i fatti.

FIAB (Federazione Ambiente e Bicicletta di Modena e Carpi) ha inviato, già da metà aprile, in particolare alle comuni di Modena e Carpi, alcune proposte concrete per sollecitare le amministrazioni ad adottare misure efficaci e sostenibili, perchè in epoca post lockdown chi era abituato a servirsi di treni e autobus è in difficoltà per le restrizioni che riducono i posti disponibili e per la paura legata al rischio di essere contagiato.

In particolare da settembre, quando riapriranno le scuole, c’è il concreto rischio che si verifichi un uso assai maggiore dell’auto privata e si deve lavorare affinché ciò non accada favorendo l’uso di mezzi alternativi, come la bicicletta appunto, che per tempi di percorrenza costi ed efficienza risulta assolutamente concorrenziale e conveniente nelle nostre città dalle dimensioni contenute e pianeggianti.

Si parla delle cosiddette RME, reti di mobilità, sostenibile, d’emergenza. Dopo Carpi che ha già adottato e presentato un piano di cui inizieranno a breve i lavori, è la volta della nostra città che, con un comunicato del comune in data odierna, ha annunciato iniziative per favorire la mobilità sostenibile. Si tratta di proposte “d’emergenza” con esempi concreti che ricalcano in parte anche le nostre proposte. Andranno inserite nel tessuto cittadino con l’ottica di renderle quantomeno propedeutiche ad un futuro di mobilità moderno e sostenibile.

Abbiamo spesso criticato la nostra amministrazione, ma sempre in uno spirito propositivo e con intento di stimolare una visione più rivolta al futuro. Accogliamo certo con piacere e favore le novità annunciate, nella speranza che i molti verbi coniugati al condizionale diventino poi un indicativo.

Che sia la volta (e la svolta) buona che la nostra amministrazione prenda coscienza e coraggio del fatto che non si può progettare una città solo dal punto di vista delle automobili?