FIAB: Modena, positivo avere un piano di emergenza. Valuteremo i fatti.

FIAB (Federazione Ambiente e Bicicletta di Modena e Carpi) ha inviato, già da metà aprile, in particolare alle comuni di Modena e Carpi, alcune proposte concrete per sollecitare le amministrazioni ad adottare misure efficaci e sostenibili, perchè in epoca post lockdown chi era abituato a servirsi di treni e autobus è in difficoltà per le restrizioni che riducono i posti disponibili e per la paura legata al rischio di essere contagiato.

In particolare da settembre, quando riapriranno le scuole, c’è il concreto rischio che si verifichi un uso assai maggiore dell’auto privata e si deve lavorare affinché ciò non accada favorendo l’uso di mezzi alternativi, come la bicicletta appunto, che per tempi di percorrenza costi ed efficienza risulta assolutamente concorrenziale e conveniente nelle nostre città dalle dimensioni contenute e pianeggianti.

Si parla delle cosiddette RME, reti di mobilità, sostenibile, d’emergenza. Dopo Carpi che ha già adottato e presentato un piano di cui inizieranno a breve i lavori, è la volta della nostra città che, con un comunicato del comune in data odierna, ha annunciato iniziative per favorire la mobilità sostenibile. Si tratta di proposte “d’emergenza” con esempi concreti che ricalcano in parte anche le nostre proposte. Andranno inserite nel tessuto cittadino con l’ottica di renderle quantomeno propedeutiche ad un futuro di mobilità moderno e sostenibile.

Abbiamo spesso criticato la nostra amministrazione, ma sempre in uno spirito propositivo e con intento di stimolare una visione più rivolta al futuro. Accogliamo certo con piacere e favore le novità annunciate, nella speranza che i molti verbi coniugati al condizionale diventino poi un indicativo.

Che sia la volta (e la svolta) buona che la nostra amministrazione prenda coscienza e coraggio del fatto che non si può progettare una città solo dal punto di vista delle automobili?

Carpi tra le città leader della mobilità sostenibile

Ad aprile abbiamo inoltrato a tutti i sindaci dei 47 comuni modenesi un “Piano di azione per la mobilità urbana post Covid” elaborato da BIKEITALIA che contiene suggerimenti tecnici utili per impostare da subito una “Rete di Mobilità di Emergenza”, ed in più alle città di Modena e Carpi abbiamo inviato una proposta con un piano di azioni specifiche. Tali linee guida sono in già in adozione da altri comuni in Italia (anche vicini come Reggio, Bologna, Brescia) così come in Europa e nel mondo intero, poiché tutti sono preoccupati dai rischi impliciti ad un ritorno di una mobilità delle persone e delle merci che non potrà (e non dovrà!) essere come quella pre Covid19.

Pari sollecitazioni sono arrivate pubblicamente su Modena anche da numerose Associazioni, dall’Agenzia per la Mobilità, da studiosi, ingeneri e singoli cittadini. Passati due mesi, non avendo avuto alcun riscontro ci stavamo interrogando su questo insolito silenzio, quando da Carpi il Sindaco e il suo Assessore ai Lavori Pubblici molto preparato sulla mobilità sostenibile, ci hanno sorpreso con misure fortemente ispirate alle nostre proposte. Siamo rimasti, lo ammettiamo, positivamente e fortemente impressionati: mai in oltre 15 anni di presenza ed attività costante sul territorio provinciale nessuna amministrazione era mai andata al di là di una sottoscrizione pre-elettorale delle nostre proposte, rimaste sempre ovviamente nei cassetti.

Invece quello che è stato proposto alla cittadinanza di Carpi non è un semplice piano di ciclabili, che da sole non risolvono nulla, ma un cambio di impostazione, di paradigma che il Sindaco Bellelli ha voluto mettere in chiaro nella prefazione: “le biciclette sono un tassello fondamentale della mobilità moderna e non possono più coesistere con i pedoni sui marciapiedi ciclo pedonali, ma devono tornare al centro della strada con gli stessi diritti (e noi aggiungiamo doveri) delle auto” . Di più: ha preannunciato la costruzione di “case avanzate” per le bici negli incroci principali, la predisposizione di strade a 30Km/h dove non sarà necessario fare corsie ciclabili, poiché le biciclette avranno la precedenza sulle auto. “Gli automobilisti devono sapere che sono i benvenuti nella nostra città, ma quando ci entrano devono rallentare per rispettare gli utenti più vulnerabili”.

Per noi la presentazione poteva anche chiudersi qui, perché se è chiaro che l’obiettivo è quello di avere una città più sicura, accogliente e vivibile, non interessa più (solo) quanti saranno i km ciclabili, quali i loro percorsi, quale tecnica infrastrutturale sarà usata. Avere individuato le giuste priorità rende di per sé corretto il percorso intrapreso.

In realtà tutti questi aspetti ci sono nel piano della Mobilità: si è partiti da individuare i poli attrattori (lavoro, scuola, centri commerciali), si è analizzata la mappa della incidentalità, sono state scelte come preferenziali le corsie monodirezionali da entrambi i lati della strada, e dove la larghezza della carreggiata non lo può consentire si introducono strade a 30 km/h. Si sono dati tempi brevi (entro settembre) per concludere tutto: il che fa ben sperare che a mesi i carpigiani potranno avere una opzione in più per la loro mobilità che sarà sicura e confortevole, finalmente in reale competizione qualitativa con l’automobile privata per i tragitti quotidiani tipici.

Probabilmente non mancheranno le critiche e le criticità perché non è facile realizzare tutto alla perfezione: forse le persone che a parole vogliono il cambiamento alla fine non avranno voglia di cambiare le loro abitudini, pronte ad alzare la voce alla prima intersezione sbagliata, al primo incidente tra monopattino e pedone, scordandosi poi ovviamente le ore perse nel traffico, il rumore, l’inquinamento, i morti e feriti provocati dal precedente modello di mobilità auto-centrico.

Per questo, oltre ai complimenti ed al sostegno che avranno dal direttivo FIAB Modena e dai nostri soci presenti su tutta la Provincia di Modena, al Sindaco Alberto Bellelli, all’ Assessore Marco Truzzi, oltre agli assessori Riccardo Righi e Mariella Lugli che stanno condividendo i progetti di mobilità sostenibile, ci sentiamo di dare due suggerimenti:

Il primo: è necessario pensare ed attuare un piano di comunicazione anche con cartellonistica stradale pubblicitaria (creando magari un marchio, un brand, uno slogan della mobilità sostenibile a Carpi) e spiegare meglio ai cittadini come comportarsi in una città a Km30, i diritti e doveri di tutti gli attori del traffico ( dagli automobilisti privati, agli studenti in monopattino, ai furgoncini per le consegne, all’anziano che vuole andare in piazza Martiri per passare la mattinata in compagnia).

Il secondo: trovare risorse per installare un paio di totem conta-ciclisti. Può sembrare ininfluente, ma le prime critiche saranno improntate all’inutilità delle realizzazioni (non ci va nessuno in bicicletta!), ma a fronte del conteggio dei passaggi non ci sono argomenti da bar o social che tengano. Noi sappiamo che inforcare una bici invece che l’auto è un piccolo gesto (a volte per qualcuno anche un sacrificio) che però spesso non viene riconosciuto: vedere invece che per l’amministrazione quei cittadini quei pedoni e ciclisti “contano” come tutti gli altri utenti motorizzati è un grande segno di gratitudine, appunto un cambio di paradigma.

Carpi quindi come Parigi, Berlino, Bruxelles, Bogotà, Londra, Vienna, ma anche Roma, Milano, Torino, Firenze, e Bologna prova a ripartire con una nuova normalità: finalmente una amministrazione che anche alle nostre latitudini prova a riempire di contenuti ed azioni concrete l’auspicio di un mondo migliore rispetto a quello messo a nudo dalla pandemia.

…a fare la spesa andiamo in bici!

“L’emergenza Covid-19 sta portando profondi ripensamenti, anche nel modo di sentire e vivere la città e gli spazi urbani nel quotidiano – sostiene Alessandro Tursi, Presidente di FIAB. – Le nostre città devono tornare a essere patrimonio delle persone, dove negozi e botteghe rappresentano l’anima di un contesto vivo e autentico. Sono proprio i ciclisti urbani, sempre più numerosi, i clienti ideali, poiché preferiscono fare acquisti ogni giorno nei negozi vicino a casa, soprattutto se questi offrono varietà e qualità di prodotti”.

FIAB, insieme a Confesercenti e CNA, lancia la campagna SPESA QUOTIDIANA? PRIMA LA BICI!: un invito a scegliere di spostarsi sulle due ruote anche per gli acquisti di tutti i giorni nei negozi di prossimità e riscoprire il commercio di vicinato. La Presidente di Confesercenti dichiara: “La rete dei negozi e delle attività urbane offre il contesto ideale per incentivare lo shopping in bicicletta. Una modalità di consumo intelligente ed ecologica, che può diventare un elemento chiave nella lotta all’inquinamento e nel recupero del tessuto di botteghe e negozi”.

E ancora il presidente nazionale di Cna, sottolinea come il Covid-9 abbia evidenziato “l’importanza e la necessità della riscoperta di un modo diverso di relazione, di acquisto e di consumo”. I rappresentanti di categoria insistono nella direzione giusta, e le politiche bike-friendly propongono azioni concrete che favoriscono esercenti ed artigiani. È un chiaro appello congiunto agli amministratori locali che spesso miopi non sanno accogliere le evidenti richieste di associazioni e liberi cittadini; e ci continueremo a chiedere: dove sono le adeguate piste ciclabili, le zone 30, i parcheggi bici sul suolo pubblico stradale per raggiungere più velocemente e in sicurezza, botteghe, luoghi di lavoro e poli scolastici?

Ciclisti e pedoni – un conflitto non risolto

A Modena prosegue la campagna della Polizia locale all’insegna di “è vietato circolare in bici sui marciapiedi e c’è l’obbligo di servirsi della pista ciclabile

E’ una campagna importante, come sempre quando si parla di sicurezza e soprattutto se è rivolta all’utenza debole della strada: per questo motivo vorremmo portare il nostro contributo.

A Modena la rete ciclabile è composta sia da piste ciclabili – percorsi dedicati esclusivamente alle bici – che da ciclopedonali – spazi a bordo strada condivisi da pedoni, carrozzine, cani, monopattini, ciclisti, cargobike etc – .

Vista la conflittualità di questi percorsi, la normativa dal 1999 stabilisce che in città “i ciclopedonali possono essere realizzati solo in particolari situazioni, in assenza di centri attrattori, con scarsa presenza di pedoni e, se non esistono alternative, per brevi tratti. Comunque devono avere una larghezza superiore a 3,00 metri.

Il Comune ha dichiarato che i ciclopedonali a Modena costituiscono 42% del totale dei percorsi. Di questi solo pochi superano i 3 metri di larghezza e una parte non supera nemmeno i 2 metri.

A nostro parere, per la sicurezza, i ciclisti non devono utilizzare i marciapiedi ma, con l’attuale rete di ciclopedonali, vengono costretti a spostarsi in spazi ridotti e promiscui, assieme a pedoni, cani, carrozzine, monopattini. Gli stessi spazi che sono occupati anche da centraline telefoniche, distributori di sigarette, caprette di bar ristoranti ed edicole, cestini, cartelli stradali e pericolosi paletti.

Il transito appare ancora più conflittuale e difficile nei ciclopedonali di via Amendola, via Della Pace o via Gobetti che, per lunghi tratti, non superano i 2 metri di larghezza, non rispettano alcuna norma di legge e sono pericolosi sia per i pedoni, che per i ciclisti.

Non a caso il Codice della Strada obbliga i ciclisti ad usare solo le piste ciclabili e non i ciclopedonali.

Fiab Carpi – un piano per non tornare alla mobilità di prima

La Fiab – Federazione italiana Ambiente e Bicicletta di Modena ha inviato, lo scorso 6 maggio, al Comune di Carpi un piano di azione per la realizzazione urgente di una Rete di Mobilità d’Emergenza (RME). Il documento delinea alcune possibili soluzioni tese a favorire una mobilità dolce e a scongiurare il rischio di un ritorno massivo all’uso della propria automobile dopo i mesi di stop legati all’emergenza sanitaria.

Come? Garantendo più spazio a pedoni e ciclisti, riducendo la velocità delle auto e promuovendo la cultura del biketowork e del biketoschool alla riapertura delle scuole. Il piano tracciato dalla Fiab contiene numerose proposte e suggerimenti per collegare in modo snello e veloce i principali centri di interesse cittadini (centro storico, stazione ferroviaria, polo scolastico, polo sportivo, centri commerciali, ospedale) e per percorrere le principali direttrici nord/sud ed est/ovest lungo percorsi conosciuti e in piena sicurezza a piedi, in bicicletta o con mezzi di micromobilità.

La soluzione più semplice ed efficace per rendere più scoroicuro il traffico urbano è certamente quella di rallentare la velocità dei veicoli dagli attuali 50 km/h ai 30 km/h in tutta la città, rotonde comprese, con la sola esclusione delle tangenziali e delle strade su cui prevale il traffico di transito e nelle quali sarà però necessario ricavare spazi per pedoni e ciclisti riducendo la larghezza delle corsie dedicate alle auto. “In questo modo – spiega Piero Busso, della sezione carpigiana di Fiab – l’incidentalità cala drasticamente così come la gravità dei sinistri. E’ però necessario spiegare alla cittadinanza tali interventi di moderazione del traffico e la loro utilità così come fanno nel resto d’Europa dove il 20% della spesa necessaria per realizzare modifiche o introdurre novità in tema di viabilità è destinato proprio alla comunicazione”.

Sono nove le azioni a cui Fiab Modena dà la priorità e riguardano le vie Volta, Pezzana, Remesina Interna ed Esterna, Ugo da Carpi, Manzoni, Bortolamasi, Peruzzi, Marx e Aldo Moro interna e le sottostrade di via Cattani.

“Anche qualora l’Amministrazione non ritenga opportuno istituire una zona 30 estesa a tutto il centro urbano – prosegue Piero Busso – proponiamo comunque di restringere le carreggiate, dove possibile, realizzando, come previsto dal nuovo Decreto Rilancio, una semplice linea bianca di demarcazione a bordo strada per delimitare così le corsie ciclabili monodirezionali su entrambi i lati di marcia. Un intervento a bassissimo costo che può fare davvero la differenza dal momento che gli automobilisti vedrebbero costantemente i ciclisti e, rendendosi conto della velocità con cui viaggiano, chissà che non venga loro la voglia di tirare fuori la due ruote dal garage. Un’altra misura necessaria è poi quella di trasformare le ciclabili bidirezionali in monodirezionali per scongiurare così pericolosi incroci fra gli utenti”.

La rete ciclopedonale carpigiana è spesso tortuosa e difficilmente identificabile, a causa di una segnaletica inadeguata, e pertanto è poco conosciuta dalla maggior parte dei cittadini. Per superare tale gap, Fiab propone di far percorrere itinerari già noti, soprattutto nei collegamenti, perlopiù rettilinei e resi più sicuri grazie alla realizzazione di alcuni semplici interventi, anche ai ciclisti.

“Le piste ciclopedonali – sottolinea Busso – sono un assurdo tutto italiano: per favorire l’utilizzo delle bici occorre togliere spazio alle auto, non ai pedoni, i quali hanno a loro volta il diritto di muoversi in sicurezza. Queste soluzioni spurie non le troviamo in nessun altro paese europeo, poiché sono previste dal Codice della Strada solo in rari casi, come dentro ai parchi ad esempio. A Carpi, invece, si snodano per decine di chilometri ma la convivenza coi pedoni è tutt’altro che semplice. Spesso ci si imbatte in persone  a spasso col cane o che camminano con le cuffie alle orecchie o parlano al cellulare… tutte situazioni di potenziale pericolo. La filosofia che ha guidato il nostro progetto è quello di restituire i marciapiedi ai pedoni e di rendere le strade anche a misura di ciclista. In questo modo chi opta per la due ruote si potrà spostare in modo veloce e sicuro su assi viari che conosce bene, abbandonando i fondi scivolosi e spesso pieni di ostacoli o di curve a gomito di certi percorsi ricavati sui marciapiedi, e senza dover più scendere dalla bicicletta in prossimità degli attraversamenti, altra limitazione che esiste solo nel nostro Paese”.

Andare in bicicletta fa bene alla salute e all’ambiente e quindi ben vengano gli incentivi previsti da Comune e Regione: “gli italiani posseggono più auto di qualsiasi altro paese europeo, il 30% della popolazione è obesa e l’Italia ha la più alta percentuale d’Europa di bambini in grave soprappeso, tanto che le malattie legate alla sedentarietà incidono sulla spesa sanitaria per il 9%. Per non parlare poi dell’inquinamento dell’aria… Sono quindi estremamente favorevole a questi incentivi, eccezion fatta per quelli destinati alle auto elettriche poiché incentivano comunque la presenza di veicoli sulla strada, peraltro molto silenziosi e dunque pericolosi per pedoni e ciclisti. Il nodo cruciale però resta: puoi comprare una bicicletta a pedalata assistita o un monopattino elettrico ma se poi non sai dove utilizzarli, il risultato non cambia”.

Proposta per la RME – Carpi

Zona 30: un rischio calcolato

Il governo ha deciso che sotto il tasso di contagiosità del coronavirus di 1 si potranno riaprire altre attività come i teatri od i cinema. Si accetta quindi un rischio calcolato, visto che il rischio zero comunque non esiste in nessuna attività umana.

Traslando il concetto nell’ ambito della incidentalità stradale sappiamo che in Italia muoiono 3300 persone all’anno in strada, mentre l’obiettivo concordato con l’Europa era di arrivare a “soli” 2000 quest’anno. Questo è il limite calcolato come inevitabile, mentre i rimanenti decessi sono quelli su cui possiamo incidere, come hanno fatto i paesi che ci sono riusciti lavorando soprattutto sulla velocità degli autoveicoli in ambito urbano, che è causa principale sia della incidentalità che della mortalità. Tutti gli studi al mondo concordano che un pedone o ciclista se colpito da un’auto a 50 km/h ha il 90% della probabilità di morire, mentre se colpito a 30 km/h ha solo il 10% di subire le massime conseguenze. Ed è per questo che tutti i paesi stanno adottando sempre più in ambito urbano il limite dei 30 km/h.

In queste strade non c’è più bisogno di separare il traffico motorizzato da quello ciclistico, perché la sicurezza è insita nei comportamenti, e quindi la ciclabilità e la pedonalità aumentano naturalmente e, in un circolo virtuoso, maggiori pedoni e ciclisti per strada obbligano le auto a rispettare davvero i limiti, molto più di dossi e restringimenti (che comunque vengono adottati).

E’ più sicuro anche per gli automobilisti che sono ancora i 2/3 dei morti della strada: International Transport Forum calcola che un impatto ad 80 km/h è causa di morte molto probabile per l’autista, mentre la percentuale cala esponenzialmente al calare della velocità (solo il 10% a 50km/h, 20% a 60 km/h). Se ne deduce che un incidente tra due auto a 50 km/h produce effetti molto, ma molto più devastanti che ed uno a 30 km/h.

Insomma, il nostro numero magico 30 non è un vezzo, ma è il rischio calcolato che azzera (quasi) le morti evitabili solo perché l’auto stava andando ad una velocità non compatibile con la presenza diffusa e prevedibile di pedoni, ciclisti e di altre auto. L’attuale limite generalizzato in città a 50 km/h invece induce i guidatori a ritenere che questa velocità sia sicura per sé e per gli altri.

Risultato: Helsinki ed Oslo (600.000 abitanti) da quest’anno hanno tutte le strade cittadine a 30 all’ora (a parte qualche dorsale a 50 km/h) ed ZERO morti nel 2019. Roma (2.800.000 abitanti) ha contato anche l’anno scorso 143 morti (di cui 57 pedoni). E’ ancora un rischio accettabile?

Mobilità agile

Lo sguardo degli anziani in fila nei supermercati con guanti e mascherina, mi ha ricordato quello serio e fiero dei modenesi ai funerali delle vittime dell’eccidio delle Fonderie. L’epidemia, come l’eccidio, ci ha sbattuto in faccia le diseguaglianze sociali, ma ha fatto crescere l’autostima collettiva e gli italiani hanno mostrato la loro parte migliore.

Le sofferenze e la coesione del dopoguerra hanno prodotto distretti produttivi e servizi sociali tra più significativi d’Europa, il cresciuto senso di comunità e di autostima di oggi possono portare ad una straordinaria redistribuzione delle risorse e alla riorganizzazione degli spazi di vita collettivi.

Il lockdown, che ha diffuso il “lavoro agile” che languiva da anni, ha anche ricordato l’emergenza climatica, mostrandoci il valore della socialità, del silenzio senza auto, del possibile ritorno della natura in città.

Oggi sono necessari amministratori illuminati che, come nel dopoguerra, sappiano leggere e interpretare i bisogni di cambiamento, con coraggio e visione del futuro. I sindaci di Milano, Bologna e Reggio Emilia, ad esempio, riorganizzano i quartieri, gli spazi pubblici e la mobilità, per far fronte ai nuovi bisogni di socialità e salute.

La FIAB ed altri intellettuali hanno invitato il Comune di Modena a ripensare l’uso delle infrastrutture e degli spazi collettivi, per garantire una diversa socialità, una mobilità “più agile” e un’aria più pulita, proponendo sia interventi d’emergenza, che progetti di lungo respiro.

Il Sindaco non ha ancora risposto e lavora alla Motor Valley e alla ciclabile che unisce i musei Ferrari di Modena e Maranello e l’assessora Filippi ha ancora il foglio bianco. Non chiediamo la stessa visione profetica del dopoguerra, ma speriamo almeno in un attento ascolto.

Il contagio non aspetta

Contiamo i giorni e le settimane, ormai quasi un mese aspettando proposte. Ci stiamo chiedendo del perché di questa immobilità politica di fronte ad una fase emergenziale da affrontare appunto come un’emergenza: tempestivamente. Il 24 aprile abbiamo inviato una prima proposta Mobilità post-Covid 19 al Sindaco e all’ Assessorato di competenza; proposte che snocciolavano alcuni degli itinerari, dei percorsi e dei punti nodali dai quali partire, per tutti quei modenesi che avrebbero iniziato a vivere la città nella “fase 2”.

Le proposte che abbiamo definito “molta resa con poca spesa” sono di veloce realizzazione e di economica fattibilità. In particolare riguardano: il cavalcavia Mazzoni da destinare solamente ai mezzi pubblici, ciclisti e pedoni; gli assi di via Morane, di Via Buon Pastore, di Via Luosi, di via Emilia Ovest su cui, senza togliere particolare spazio alla sede stradale, si può realizzare una ciclabile mono direzionale; il collegamento tra via Ciro Menotti e corso Canalgrande ove si prevede di regolarizzare, per i ciclisti, l’uso della corsia degli autobus; e il centro storico per il quale si ribadisce la richiesta di permettere ai ciclisti di percorrere alcuni tratti di sensi unici per le auto, apponendo la segnaletica “divieto di accesso eccetto biciclette”.

L’intento era quello di dare la possibilità ai cittadini di poter scegliere l’alternativa più diretta e sicura agli abituali spostamenti in auto e con i mezzi pubblici, evitando assembramenti, la congestione delle strade ed un ritorno galoppante all’inquinamento atmosferico. Insieme a noi molte altre associazioni stanno tentano di risvegliare l’intorpidimento amministrativo “a colpi” di lettere, documenti, proposte…intanto si inizia a parlare di “fare 3”.

Marciapiedi liberi tutti!

Siamo al secondo giorno della fase due in tempi di pandemia, finalmente possiamo ritornare a camminare per le strade della nostra città, con l’auspicio che i modenesi abbiamo capito che muovendosi a piedi, si raggiungono molte più destinazioni di quelle che ritenevano accessibili, almeno fino ai tre chilometri!

Dunque torniamo a camminare nei nostri quartieri, con tutte le dovute precauzioni, ovvio! Innanzitutto il distanziamento sociale, utilizzando mascherine e guanti. Ma è possibile farlo? È fisicamente possibile mantenere la distanza di almeno un metro dalla persona che si incrocia per strada?

Per raggiungere il posto di lavoro; arrivare alla fermata dell’autobus, alla stazione del treni; per portare il cane sotto casa o per arrivare al supermercato più vicino, nella “vita reale” è molto difficile mantenere il distanziamento. Pensiamo al marciapiede sul cavalcavia Mazzoni … è tecnicamente impossibile mantenere la distanza minima di un metro, tra un ciclista che spinge la bici a mano, perché l’alternativa è essere falciato su strada, e lo studente o lavoratore che con zaini e borse dovranno raggiungere la  stazione, l’autobus o il centro… è un osceno terreno di contesa tra pedoni e ciclisti! Ma non di meno saranno via Buon Pastore, Luosi, della Pace, Amendola ed altre ancora.

E allora questo è un problema per la nostra salute, e più che mai è un’urgenza riformulare e ridisegnare lo spazio urbano disponibile; biciclette e micro-mobilità devono necessariamente “stare fuori” dal marciapiede; e i marciapiedi stessi dovranno essere esclusivamente utilizzati da pedoni e disabili, ed allargati in prossimità di esercizi commerciali e servizi pubblici, sempre per evitare assembramenti.

Dopo il CoronaVirus: il PUMS è da azzerare

Lettera aperta alla Amministrazione di Modena, firmata da:

FIAB Ambiente e Bicicletta Modena
Friday For Future Modena
Germogli di Salute
ISDE Modena
MOBASTACEMENTO
Officina Popolare Rimessa in Movimento
WWF Emilia Centrale
Madonnina per Modena
MVP – Modena Volta Pagina

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Non vediamo l’ora che finisca questo periodo, ma, come dice uno slogan in voga, “non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità era il problema”.

Infatti ci siamo già scordati che il nostro pianeta è nel bel mezzo di una crisi climatica senza precedenti, e che le nostre città erano luoghi inospitali, inquinati, rumorosi, caotici e pericolosi? La natura in poche settimane si è ripresa i suoi spazi e le città sono tornate pacifiche, ma questi vantaggi sono ben poca cosa rispetto alla mancanza di libertà di spostamento e di socialità che per il genere umano vale ben più della tranquillità. E quindi bisognerà pur tornare a muoversi e stare insieme. Si, ma come prima?

Ormai tutti ritengono che alla fine della fase emergenziale, le abitudini relazionali ed il sistema economico siano destinati a cambiare per sempre. Proviamo a capire cosa potrebbe succedere alla mobilità. Partiamo da due dati incontrovertibili:

  • Nel breve/medio periodo la ricchezza disponibile calerà sensibilmente e ne sarà più colpito il ceto medio basso, che avrà meno risorse e le destinerà prioritariamente a beni essenziali
  • Sempre nei prossimi anni, perdurando piccoli focolai di pandemia, il distanziamento sociale rimarrà un costante che spingerà la domanda di ampi spazi in cui poter godere di una socialità più salutare e meno affollata.

Analizziamo il problema economico dal punto di vista della famiglia media italiana: difficilmente il reddito crescerà, probabilmente il lavoro sarà meno stabile (intermittente e mutevole), e sempre di più in modalità smart (meno spostamenti – come la scuola dei figli, tra l’altro). Cosa se ne può dedurre? Che le famiglie cercheranno di limare sui costi più elevati, e dopo casa ed alimentazione sui quali è difficile incidere, ci sono proprio le auto: si perché quasi ogni famiglia italiana ha 2 o 3 auto, e se è difficile pensare che nessuno possa fare a meno di un’auto in famiglia, è altrettanto ragionevole pensare che le seconde auto verranno messe in discussione.

Sarebbe oltretutto una scelta razionale: una seconda auto normalmente viene usata per tragitto casa-lavoro e per gli acquisti (uso depotenziato da consegne a domicilio ed acquisti online) o per gli spostamenti del figlio maggiorenne. Se stimiamo 2 ore di uso al giorno, l’auto sta ferma almeno il 92% del tempo sotto casa o sotto l’ufficio e ci costa tra possesso e manutenzione circa 5.200 euro/anno (stime ACI per una utilitaria). Un primo segnale arriva dalle vendite di auto che hanno fatto segnare un meno 85% a marzo 2020: si tornerà mai ai livelli pre-COVID?

Ma esistono alternative valide? Nelle città più servite il trasporto pubblico è già molto usato (57% degli spostamenti a Milano ad esempio), ma il trend in maggiore crescita è quello dei monopattini e biciclette elettriche. Questi strumenti molto smart permettono di soddisfare una richiesta di mobilità individuale, eliminando molte resistenze come il costo di accesso, la fatica, la velocità di spostamento, e la difficoltà di parcheggio. Sono molto apprezzati ed alla portata di tutti per l’acquisto, e sempre di più disponibili anche in modalità “servizio” come flotte di sharing.

In futuro anche diversi utilizzatori abituali del trasporto pubblico potrebbero considerare questa una valida alternativa per non frequentare luoghi affollati: essendo non più una scelta individuale del singolo sensibile cittadino ambientalista, ma una necessità economica-sanitaria, è possibile che questo scenario prenda quota coinvolgendo una bella fetta di popolazione.

Quindi si pongono urgenti ed evidenti due problemi:

  • Dove facciamo circolare questi nuovi commuter giornalieri, che hanno necessità completamente diverse dagli automobilisti? Sulle attuali ciclabili?
  • Come riorganizziamo le città perché i servizi e le utilità siano a portata di monopattino e bicicletta?

Missione impossibile? A Parigi, per esempio, il sindaco Anne Hidalgo ha vinto largamente il primo turno delle elezioni proponendo di tagliare il numero di veicoli motorizzati privati, ed impostando una rete ciclabile che in poco tempo e bassi investimenti, sia fondata su questi principi:

1) universalità: la rete ciclabile deve rivolgersi alla stragrande maggioranza dei cittadini interessati a utilizzare la bicicletta ma che temono per la propria incolumità;

2) riequilibrio: lo spazio per le nuove infrastrutture ciclabili non deve essere tolto ad aree verdi e pedoni; corollario: le piste ciclabili sono parte di un processo di riequilibrio che riduce lo spazio dedicato al veicolo motorizzato individuale;

3) priorità: la rete deve essere realizzata in modo di essere efficace, creando percorsi diretti/rettilinei da punto A al punto B; corollario: senso unico eccetto bici e riduzione della velocità delle auto a 20 o 30 km/h nella maggior parte della rete viaria

4) ampiezza: la rete deve poter ospitare agevolmente il flusso previsto nei prossimi decenni; corollario: le piste devono essere ampie, permettendo di viaggiare affiancati per ogni senso di marcia, ed agevolando così i sorpassi tra utenti a diverse velocità;

5) urgenza: la rete deve essere realizzata rapidamente, in modo che, dopo qualche disagio durante la realizzazione, i cittadini possano subito prenderne possesso e apprezzarne i vantaggi.

Ma la trasformazione urbanistica va ben oltre e la Sindaca si è ricandidata con un progetto di “Città 15 minuti”, che intende promuovere una situazione di “iper-prossimità” dove tutti i servizi essenziali siano disponibili a distanze percorribili a piedi o in bicicletta. Ed entro il 2024 (… non il 2030 del nostro PUMS) propone “Parigi 100% ciclabile”, per avere una corsia ciclabile in ogni strada, e rimuovere 60.000 degli 83.500 parcheggi auto in strada (-71%) per trasformarli in piste ciclabili, aree verdi, spazi gioco.

I cinque cardini del decalogo parigino (universalità, riequilibrio, priorità, ampiezza, urgenza) appaiono proprio quelli che permetteranno alle città di adeguarsi velocemente alle nuove esigenze di socialità dopo il coronavirus, nel quale lo spazio per il permanente distanziamento sociale viene recuperato da quello sprecato da auto che occupano 25mq per spostare spesso una sola persona.

E la promessa di una “città 15 minuti” risponde alla seconda questione posta dalla crisi coronavirus, quella di avere maggiori spazi e minori spostamenti in auto. Tra l’altro avere tutti i servizi pubblici e commerciali a 15 minuti a piedi, avrebbe il grande merito di rivitalizzare non solo il centro storico, ma anche il commercio e l’artigianato di servizio di ogni singolo quartiere, e di decretare la fine del modello (già in crisi) basato sui grandi centri commerciali (dove il distanziamento sociale è impossibile) dislocati in periferia vicino alle grandi arterie di comunicazione.

Tra l’altro il COVID-19 ci ha fatto capire che fare solo 2 ore di ginnastica alla settimana, andare e tornare dal lavoro in auto e stare fermi 8 ore in ufficio, stare chiusi tutto il giorno in casa non è benessere, ma debolezza che ci espone di più alle infezioni. E la mobilità attiva può essere una soluzione efficace: muoversi di più a piedi e in bici non solo ci aiuta a mantenere una certa distanza fisica, ma contribuisce anche a mantenerci in forma e ridurre le malattie.

In tutto il mondo questa emergenza improvvisa ha portato in secondo piano molti progetti. A Modena avevamo in varo il PUMS (Piano della Mobilità Sostenibile), in colpevole ritardo e soprattutto inadeguato a rispondere alle nuove domande di mobilità dei cittadini.

Con questa nuova prospettiva, ad esempio, l’idea che l’attuale rete ciclabile sia solo da riconnettere è diventata chiaramente obsoleta: i percorsi sono quasi tutti promiscui con i pedoni, quasi tutti bidirezionali, spesso di larghezza inadeguata a far passare due ciclisti, sempre insicuri e dalla incerta segnaletica nelle intersezioni, dal fondo sconnesso e raramente illuminati. Possono rispondere a criteri di universalità, riequilibrio, priorità, ampiezza, urgenza?

Chiediamo quindi alle nostre amministrazioni di pensare sin da ora a una mobilità delle persone che:

  • permetta ai cittadini di scegliere modalità di trasporto più economiche, risparmiando sulle spese legate all’auto.
  • permetta di fare attività fisica quotidiana, dopo mesi di sedentarietà, semplicemente andando al lavoro o facendo la spesa
  • valorizzi e favorisca la frequentazione dei piccoli negozi di quartiere, fortemente colpiti dalle chiusure ma che i cittadini stanno riscoprendo ora, spinti dal cercare intorno a casa quello che prima cercavano a chilometri di distanza nei centri commerciali
  • favorisca le consegne a domicilio della spesa tramite bici o cargo-bike, dando priorità e valorizzando il commercio di prossimità
  • soprattutto in un primo momento, garantisca indipendenza negli spostamenti e la distanza fisica ma promuova la relazione sociale: molte città stanno già sperimentando piste ciclabili di emergenza nelle strade svuotate dalle auto
  • permetta di ridurre gli incidenti stradali e di conseguenza alleggerire il sistema sanitario, già oggi messo a dura prova.
  • faccia risparmiare sulla manutenzione stradale e sull’uso dello spazio pubblico. Basta spese per nuove strade, autostrade e rotonde. I fondi pubblici per la mobilità devono essere spesi per la ciclabilità che già da subito può diventare una valida alternativa per le esigenze di spostamento in città.

Alla luce del coronavirus forse questo ritardo del PUMS può venire utile. Siamo ancora in tempo a ripensare da zero il piano, assegnando risorse certe, cospicue e tempi immediati (non il 2030) per un ridisegno complessivo dello spazio urbano, che tolga all’insostenibile peso dell’auto privata per restituire leggerezza ai cittadini.