Modena in bicicletta, tra desiderio e realtà

Spadoni, presidente FIAB Modena: “La domanda è forte, ma serve più coraggio politico”
Intervista di Patrizia Palladino – Vivo Modena

Qual è lo stato attuale delle piste ciclabili a Modena e quali sono i principali punti critici che ancora ostacolano una mobilità dolce sicura e continua?

Per rispondere a questa e ad altre domande abbiamo interpellato il presidente di Fiab Modena, Ermes Spadoni. “L’attuale amministrazione – risponde Spadoni – ha finora operato in continuità con il passato, senza imprimere la svolta sistemica necessaria. Continua a realizzare tratti ciclabili privi di omogeneità e riconoscibilità, ricorrendo spesso a percorsi ciclopedonali promiscui o a ciclabili ricavate sul marciapiede, anche lungo assi viari principali. Manca la standardizzazione: a volte il fondo rosso copre l’intera carreggiata, altre solo le intersezioni; in altri casi la segnaletica verticale interrompe la pista, creando ostacoli. Queste discontinuità non scoraggiano gli esperti, ma chi vorrebbe iniziare a usare la bici e non si sente sicuro. Il punto più critico, però, restano le intersezioni con il traffico motorizzato: occorre prevedere precedenza ciclabile, traiettorie chiare, attraversamenti con fondo rosso ben visibile e, soprattutto, la rimozione di parcheggi e ostacoli che impediscono il contatto visivo tra automobilisti e ciclisti, la cosiddetta daylighting”.

Il progetto Bike to Work sta davvero cambiando le abitudini dei cittadini o il suo impatto resta ancora ‘solo’ simbolico?

Per ottenere un vero cambiamento modale non c’è una soluzione unica, ma una “ricetta” con più ingredienti. Infrastrutture e moderazione del traffico sono la base, ma servono anche misure come segnaletica dedicata, parcheggi sicuri (ciclostazioni) e incentivi economici. Il Bike to Work a Modena ha avuto un riscontro positivo, coinvolgendo circa mille cittadini a ogni edizione e rimborsando migliaia di chilometri “puliti” in circa 76.000 viaggi. Per raggiungere la massa critica, però, è necessario rendere permanente il progetto e coinvolgere attivamente i mobility manager aziendali, affinché anche le imprese offrano facilitazioni ai dipendenti.

Gli autovelox sono sufficienti a ridurre la velocità delle auto e a prevenire incidenti mortali o servono misure più incisive come le “Zone 30”?

Gli autovelox sono fondamentali sulle grandi arterie, così come i controlli della Polizia Locale ma, all’interno dei quartieri residenziali, la velocità si controlla anche con il design della strada: servono attraversamenti rialzati, restringimenti delle carreggiate e l’avanzamento dei marciapiedi agli incroci. La sicurezza reale, quella dei 30 km/h, si ottiene inducendo comportamenti corretti tramite l’infrastruttura, e sanzionando le condotte pericolose. Gli autovelox sono comunque strumenti efficaci e salvano vite, riducendo gli incidenti mortali dal 15% al 26%, come dimostrano autorevoli studi. Non si tratta quindi di “fare cassa”, ma di proteggere concretamente le vite umane.

Dai vostri monitoraggi di settembre emerge una ripresa nell’uso della bici, ma siamo lontani dai livelli pre-Covid: quali le cause del gap e quali le soluzioni per colmarlo?

Dopo il Covid, molte città europee hanno colto l’occasione per ridisegnare lo spazio pubblico e la mobilità, mentre in Italia la micromobilità è stata spesso narrata, anche dalla politica, come un “vezzo” elitario o addirittura un intralcio al traffico: questa narrazione tossica frena il cambiamento. Al contrario, i dati europei dimostrano che lo sviluppo della ciclabilità è strategico per la salute pubblica, la qualità dell’aria e la vitalità del commercio di prossimità. Bisogna smettere di trattare la bici come un problema e iniziare a trattarla come parte della soluzione.

Sul nostro sito è aperto un sondaggio sul mezzo preferito per gli spostamenti in città: il 37% dei lettori sceglie la bici. Fiab come commenta questo dato?

I dati del percorso partecipativo “Sei la mia città” e anche quelli del vostro sondaggio parlano chiaro: il 37% dei modenesi indica la bicicletta come mezzo preferito. Non ci sorprende: Modena ha la conformazione ideale (pianura, distanze compatte, clima favorevole) e un parco bici privato enorme (quasi ogni cittadino ne possiede una). I cittadini sono pronti, ma la politica deve osare di più per incrementare quel 12% di spostamenti in bici da cui siamo partiti nel 2019, con l’obiettivo di raggiungere entro il 2030 il 20% previsto dal PUMS. Bologna anche grazie alla Città 30 continua ad aumentare la mobilità ciclistica, quest’anno +22%. Servono infrastrutture complete e sicure, una rete ciclabile intercomunale estesa, stalli bici sicuri e diff usi, velostazioni custodite, hub multimodali. Occorre colmare il divario tra il “desiderio” di pedalare e la possibilità di farlo in sicurezza, per rendere la bici la scelta più naturale e conveniente per muoversi in città.

Furti di biciclette a Modena: nuovi pericoli e nuove difese

È successo a ogni ciclista. Torna dove ha lasciato la bici e trova solo aria, o una catena divelta. Lo sconforto che sale, e quel pensiero fisso: “Ma come hanno fatto?”. A Modena succede ogni giorno. E mentre il Pums punta al 20% di spostamenti in bici entro il 2030, i modenesi lasciano sempre più spesso la bicicletta in cantina. Troppo rischio, troppa frustrazione.

Il furto di una bicicletta viene considerato un reato minore, e non è comprensibilmente nelle priorità delle forze dell’ordine, ma è un crimine che colpisce la salute di tutti. Ogni bici rubata è un cittadino che spesso torna all’auto, contribuendo a inquinamento, traffico, stress urbano. Moltiplichiamo per le 350.000-500.000 biciclette rubate ogni anno in Italia: non sono solo furti, ma un vero e proprio ostacolo allo sviluppo della mobilità attiva.

E dietro? Non solo il balordo che ruba per arrivare a sera, ma bande organizzate con logistica da azienda: flessibili a batteria, furgoni, rotte internazionali. A Modena le bici rubate prendono spesso il treno regionale per le altre piazze regionali in un sistema osmotico rodato. Le e-bike di valore finiscono all’estero, rivendute online o smontate a pezzi.

Se il flessibile a batteria è la nuova arma dei ladri, gli smart tag GPS possono essere una difesa concreta. Piccoli ed invisibili, si nascondono nella bici e se sparisce, la si traccia in tempo reale. Oppure ci sono i dissuasori sonori: si tocca la bici e parte un allarme.

E le difese non si fermano solo a buoni lucchetti, ma possono essere integrate con la marcatura. I dati del Registro Italiano Bici non mentono: le bici marchiate subiscono solo 30 furti ogni 1.000, contro i 160-200 delle anonime. Una riduzione dal 16% al 3%. Perché? Perché una bici marcata non si rivende.

I depositi protetti a Modena non mancano: via Carteria, Novi Sad, Stazione, Porta Nord. Circa 400 posti totali, 20 euro di cauzione. Li usano 1.200 modenesi, ma quanti ne servirebbero davvero? Il triplo? Il quadruplo? La domanda c’è, l’offerta è ancora poco diffusa sul territorio.

I furti di biciclette sono una questione di salute pubblica, di vivibilità urbana ed infine di contrasto alla criminalità organizzata. Serve investire in protezione seria da parte del cittadino: marcatura (7 euro), una catena antifurto valida (50 euro circa), magari uno smart tag. Serve che il Comune crei più depositi protetti. Serve che le forze dell’ordine colpiscano ricettatori locali e reti organizzate.
Modena nel 2014 contava 200.000 biciclette, è un peccato che restino in cantina per paura.

“Senza Rotelle”: grande successo al Parco Novisad per l’evento che insegna ai bambini a pedalare in autonomia

Oltre 70 iscritti per la prima edizione dell’iniziativa promossa da Genitori ECOattivi, FIAB Modena e Ciclofficina Popolare. Prossimo appuntamento il secondo sabato di ogni mese fino a giugno.

Modena, 8 novembre – Il Parco Novisad si è trasformato ieri in una grande palestra a cielo aperto dedicata alle due ruote, ospitando la prima edizione di “Senza Rotelle”, l’iniziativa che insegna a bambine e bambini a pedalare in autonomia.

Promosso da Genitori ECOattivi e FIAB Modena, in collaborazione con Ciclofficina Popolare Rimessa in movimento, l’evento ha registrato un’affluenza ben oltre le aspettative: oltre 70 bambini iscritti, ai quali si sono aggiunti numerosi partecipanti tra i passanti, conquistati dall’atmosfera gioiosa e dalla soleggiata giornata autunnale.

Per due ore, una parte dell’anello del parco si è animata di piccoli ciclisti alle prese con le bici senza pedali (balance bike), biciclette tradizionali e persino cargo bike, sotto lo sguardo attento dei volontari FIAB. Un vero e proprio percorso didattico attrezzato con segnali stradali e semafori funzionanti ha permesso ai più piccoli di mettersi alla prova sulle due ruote e apprendere, divertendosi, anche le prime fondamentali regole di sicurezza stradale.

«Facendo attività nelle scuole ci siamo accorti che sono tanti i bambini che anche alle elementari hanno ancora bisogno di imparare a pedalare, mentre i genitori hanno sempre meno tempo da dedicare a questo apprendimento», spiega Davide Paltrinieri, vicepresidente di FIAB Modena e referente dei Genitori ECOattivi. «Così sono nati i “Senza Rotelle”: un’occasione per supportare le famiglie nell’accompagnare i propri figli verso una sempre maggiore autonomia sulle due ruote».

L’iniziativa non si rivolge solo ai più piccoli. Grazie ai volontari FIAB e ad alcune biciclette apposite, anche i genitori che non si sentono ancora sicuri in sella possono aver l’opportunità di migliorare le proprie competenze o imparare da zero.

Grande interesse hanno suscitato i test drive della “Cargoteca”, organizzati dalla Ciclofficina Popolare: un parco bici cargo messo gratuitamente a disposizione dei partecipanti per scoprire soluzioni ecologiche e pratiche per la mobilità urbana familiare.

“Senza Rotelle” tornerà ogni secondo sabato del mese fino a giugno, sempre dalle ore 10 alle 12 al Parco Novisad. Un appuntamento fisso per costruire una comunità educante che cresce, e per riscoprire un modo più attivo e piacevole di muoversi e vivere insieme lo spazio pubblico.

Ciclabilità a Modena: a che punto siamo?

Luci ed ombre tra conteggio dei ciclisti, stato di avanzamento del PUMS, scarsa manutenzione e interruzioni di ciclabili

Anche quest’anno, nell’ambito della Settimana Europea della Mobilità, i volontari di FIAB Modena hanno rilevato i passaggi dei cittadini in bicicletta in 14 punti nevralgici della viabilità cittadina. Per garantire dati confrontabili, la rilevazione avviene da oltre un decennio sempre negli stessi punti, nella stessa fascia oraria (7.30-8.45) del terzo martedì di settembre.

Il totale di 3.719 passaggi ci riporta tra i livelli del 2022 e 2023, con un incoraggiante +18,9% rispetto a un deludente 2024. Tuttavia, non possiamo nascondere la preoccupazione: siamo ancora sotto i livelli pre-covid, con un -12,9% rispetto al 2019. Auspichiamo che questa ripresa possa consolidarsi nei prossimi anni.

Proprio all’inizio del periodo Covid, nel luglio 2020, è stato approvato a Modena il nuovo Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS), che si prefigge di aumentare l’uso della bicicletta dal 12% iniziale al 20% entro il 2030. Il documento prevede tra l’altro l’attivazione di strumenti di partecipazione, tra cui l’aggiornamento del piano dopo i primi cinque anni.

Ora che cinque anni sono passati, FIAB chiede l’avvio del processo partecipato di revisione, partendo dalla condivisione da parte dell’amministrazione dei risultati conseguiti. Non solo le nuove infrastrutture ciclabili realizzate, ma soprattutto se è già aumentata la percentuale di modenesi che si sposta in bici.

Attendiamo questi dati ufficiali perché abbiamo la sensazione che si sia accumulato un significativo ritardo rispetto al timing del piano. Infatti, nonostante le infrastrutture realizzate negli ultimi anni, il lavoro da fare resta considerevole:

  • Nuove dorsali ciclabili ed i collegamenti con le frazioni
  • La rifunzionalizzazione delle vecchie ciclabili degli anni ’70-’80
  • Le zone quiete scolastiche e le Zone 30

In attesa di vedere progettazioni e cantieri di nuove realizzazioni, FIAB ritiene indispensabile lavorare su più fronti, impegnando subito le necessarie risorse per:

  • Migliore Manutenzione: spesso mancante o ritardataria, anche a fronte di precise segnalazioni degli utenti
  • Correzione della Segnaletica: quando è contraddittoria nelle intersezioni, che genera confusione e situazioni di pericolo
  • Eliminazione degli ostacoli: che limitano la fruibilità in ciclabile soprattutto per le persone più fragili

E proprio in tema di ostacoli, FIAB accoglie con favore il recente annuncio della Giunta di rivedere le situazioni irregolari di occupazione del suolo pubblico. Non è però l’unico fenomeno che limita la mobilità pedonale e ciclabile: negli scorsi anni abbiamo denunciato anche la diffusa occupazione di marciapiedi e ciclabili usate come parcheggi automobilistici, e le interruzioni a causa dei cantieri senza prevedere adeguate alternative in sicurezza come prevede il Codice della Strada. Invece di un percorso alternativo protetto, nella maggior parte dei casi viene semplicemente posto un cartello “pedoni e ciclisti dall’altra parte della strada”, costringendo le persone ad attraversare senza nemmeno predisporre passaggi pedonali sicuri.

Un esempio che FIAB ha già segnalato al Comune da alcune settimane è il cantiere del Cinema Principe su Piazzale Natale Bruni, dove per superare 10 metri lineari di ciclopedonale occupati dal cantiere, pedoni e ciclisti devono affrontare in serie una passerella in legno e due attraversamenti pedonali in uno stradone di 12 metri a due corsie per senso di marcia. Non stupisce che molti cittadini ritengano più sensato camminare e pedalare lungo la strada piuttosto che affrontare questo percorso a ostacoli.

È già di per sé grave che in un punto così strategico e trafficato non sia stata prevista una soluzione adeguata all’apertura del cantiere, ma visto che il disagio durerà molti mesi, se non anni, FIAB ritiene che si debba rimediare quanto prima.

La Pedalata della Salute: un’occasione per riflettere sull’accessibilità

Sabato 27 settembre si è svolta la “Pedalata dei 10 km della Salute”, una bella iniziativa organizzata da Azienda Ospedaliera Universitaria a cui abbiamo collaborato: l’evento, che ha unito simbolicamente le tre strutture sanitarie della città (Policlinico, Sant’Agostino e Baggiovara), è stato pensato come momento per celebrare i 20 anni dell’Ospedale di Baggiovara promuovendo contemporaneamente mobilità attiva e salute.

I cittadini hanno risposto numerosi e nonostante il tempo incerto un lungo serpentone di biciclette ha riempito il percorso su via Emilia Est, centro storico ed infine la ciclabile di Via Giardini. Lungo il tragitto abbiamo usufruito del prezioso supporto della Polizia Locale che ci ha agevolato negli incroci ed attraversamenti.

Perché l’ampio numero di partecipanti ha messo a nudo i limiti delle ciclabili urbane modenesi, anche quelle realizzate in sede propria negli ultimi due decenni. Il fatto è che le larghezze sono quasi sempre quelle minime di 2,5 metri (a volte anche meno) e la realizzazione in contiguità o promiscuità sullo stesso piano di percorrenza con i pedonali, comporta sempre una sensazione di conflitto con gli altri utenti e di spazi angusti e poco accoglienti.

Poi il tratto sulla via Giardini a partire dall’altezza del Direzionale 70 versa in uno stato di manutenzione insufficiente con fondo rovinato e carreggiata ridimensionata da una vegetazione che in pochi anni si è ripresa i suoi spazi. E rimangono soprattutto i numerosi ostacoli disseminati sul tracciato, che avevamo già contestato al momento della realizzazione: paletti posizionati così stretti che stentano a passare le biciclette normali, per non parlare quindi di mezzi un po’ più ingombranti come possono essere le bici cargo (incentivate a livello regionale), i tricicli elettrici usati dagli anziani, oppure le bici speciali per trasporto di persone con vari tipi di disabilità, come quelle dei nostri amici di “3 ruote per l’amicizia” che infatti erano presenti alla pedalata ma hanno dovuto abbandonare alla fine di Corso Canalchiaro perché impossibilitati a proseguire.

I cittadini modenesi chiedono da tempo un salto di qualità della rete ciclabile modenese, ed in questo caso specifico noi crediamo che una dorsale ciclabile che collega il centro città ad una frazione popolosa nonché al più recente ospedale cittadino, e che recentemente è stata promossa anche turisticamente come “Ciclovia del Mito” non possa più essere un percorso ad ostacoli che esclude le categorie più fragili e penalizza l’utenza più virtuosa.

Il futuro della mobilità

Una recente analisi della società Eumetra disegna un nuovo possibile scenario per la mobilità italiana: entro il 2030 l’automobile perderebbe il suo primato come mezzo di trasporto principale, crollando dal 40% fino al 24%, mentre la bicicletta balzerebbe dall’attuale 2% a oltre il 10%.

Le ragioni di questa transizione sono molteplici: l’aumento del costo della vita, il caro carburante e una crescente incertezza legata alle nuove tecnologie automobilistiche stanno spingendo sempre più persone a interrogarsi sulla reale convenienza dell’auto privata. A questo si aggiungono le politiche di regolamentazione, sia a livello europeo che locale, che limitano la circolazione dei veicoli a motore e incentivano l’uso del trasporto pubblico e di soluzioni di mobilità attiva.

I dati del sistema PASSI rivelano che nella provincia modenese il 16% della popolazione usa abitualmente la bici per i propri spostamenti, contro una media nazionale del 10%. Nel capoluogo la percentuale salirebbe addirittura al 25% – un risultato che pone Modena tra i comuni virtuosi d’Italia.

Tuttavia, c’è un problema: questi “ciclisti abituali” non considerano ancora la bici il loro mezzo principale. E i dati più recenti di FIAB Modena (ottobre 2024) mostrano un preoccupante calo dei passaggi ciclisti ai livelli più bassi degli ultimi otto anni.

Il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile punta al 20% di utilizzo della bici entro il 2030. Un obiettivo ambizioso ma raggiungibile, se Modena saprà trasformare i suoi “ciclisti della domenica” in veri pendolari su due ruote.

La chiave del successo sta nell’avere infrastrutture complete e sicure: serve una rete ciclabile intercomunale estesa come le direttrici Modena-Nonantola e Modena-Vignola, che nell’era della micromobilità elettrica possa rendere la bici competitiva con l’auto anche per i percorsi più lunghi. Servono poi servizi integrati: hub multimodali, velostazioni custodite e trasporto bici su bus per moltiplicare l’efficacia della rete ciclabile. Infine, è necessario un cambiamento culturale supportato da incentivi come il “Bike to Work” e la diffusione di cargo-bike per le consegne aziendali.

Modena ha tutte le carte in regola per anticipare il trend nazionale e diventare un modello per l’Italia. Il 25% di ciclisti abituali nel capoluogo è un patrimonio prezioso e delicato: convertirne a breve anche solo una parte in “ciclisti principali” significherebbe fare da apripista nazionale a quel 10% previsto per il 2030.

Il calo registrato da FIAB Modena deve essere un campanello d’allarme, non una resa. Questo trend negativo potrebbe essere legato al crescente pericolo percepito dai ciclisti, che si trovano a convivere con un traffico automobilistico sempre più aggressivo. Per invertire la rotta è fondamentale calmierare il traffico delle auto, creando strade più sicure e vivibili per tutti. La città ha dimostrato di saper pedalare, ora deve fare il passo successivo e rendere la bici la scelta più naturale per muoversi in città.

Dai laboratori partecipati una richiesta chiara di mobilità

Un’ ampia partecipazione ha contraddistinto i laboratori “Sei la mia città”, un percorso che l’Amministrazione modenese ha avviato per raccogliere contributi per migliorare la qualità delle aree urbane pubbliche.

È stato molto istruttivo ascoltare i bisogni dei singoli cittadini: tante proposte per il verde, dotazioni sportive all’aperto, nuovi spazi di aggregazione, strade scolastiche e tutto incardinato in una sistematica richiesta di collegare le funzioni pubbliche della città con una infrastruttura moderna di mobilità pedonale e ciclabile, finalmente alla portata delle esigenze dei cittadini di tutte le fasce di età, condizione fisica e sociale.

Per FIAB, che da sempre ha posto il tema della scarsa qualità degli spazi per chi si muove senza motore, è rincuorante sapere che esiste una ampia fascia di cittadini che avverte la necessità di un cambio di destinazione d’uso dello spazio stradale. Perché a sentire solo le lamentele sui giornali o sui social, sembra sempre che marciapiedi e ciclabili siano una spesa inutile o peggio dannosa per la fluidità della mobilità automobilistica.

Queste consultazioni segnalano che già da tempo c’è una prateria di bisogni urbani di almeno due generazioni di cittadini insoddisfatti. Cittadini che vogliono una città diversa, che non si trasformi in un semplice “omile”, termine con il quale Danilo Dolci indicava la degenerazione della città che si verifica quando le persone non stanno davvero insieme ma semplicemente si ammassano in un uno stesso luogo, e si perde lo spazio pubblico, la democrazia, la gentilezza, la civiltà, la bellezza, la forza dei legami interpersonali.

A questo scopo, riequilibrare gli spazi e le modalità di spostamento non è sufficiente, ma è una svolta necessaria che passa dal coinvolgimento delle persone sulle scelte in attuazione di piani come il PUMS ed il PUG, nonché del programma di governo che ha vinto ampiamente le recenti elezioni: per questo ci aspettiamo coerenza, urgenza e soprattutto investimenti e progettualità adeguate ai bisogni espressi.

Purtroppo, anche l’ultima finanziaria prevede una serie di tagli al capitolo «mobilità sostenibile e sicurezza stradale», tra i quali spiccano 47 milioni in meno per le ciclabili urbane: in questo quadro bisognerà fare delle scelte su dove indirizzare le risorse disponibili per la mobilità, e non c’è dubbio che in queste giornate i modenesi abbiano chiesto un’azione urgente e decisa in favore di ciclabili e marciapiedi.

Ancora numeri in calo per i ciclisti a Modena

Lo scorso 24 settembre i volontari di FIAB Modena hanno rilevato 3127 cittadini transitare in bicicletta in 14 punti nevralgici della viabilità cittadina. La rilevazione avviene da oltre un decennio sempre negli stessi punti, nella stessa ora (7.30-8.45) del terzo martedì di settembre per avere una serie di dati confrontabili.

I nostri numeri ci raccontano che rispetto a settembre 2023 abbiamo avuto un calo complessivo di oltre 400 passaggi (-12,4%), simile a quello già registrato tra il 2022 e 2023, un trend che ci porta a rilevare meno passaggi anche del biennio Covid e che sembra certificare una sensibile disaffezione a questo mezzo di spostamento.

E se negli anni precedenti al Covid eravamo in una fase di crescita che ha portato al massimo di 4270 transiti nel 2019, il risultato odierno è il peggiore degli ultimi 8 anni ed inferiore del 15,6% anche rispetto al lontano 2017. Questi numeri sono tanto più preoccupanti dopo quasi cinque anni di vigenza del PUMS, nel quale sono previste una serie di misure per incrementare l’uso della bicicletta da un iniziale 12% fino ad arrivare ad un 20% a fine piano nel 2030.

Purtroppo, non si può dire che in questi anni sia cambiato molto nelle abitudini dei modenesi, visto che le percentuali di spostamento con auto privata rimangono sostanzialmente invariate intorno al 70%. Secondo FIAB è il segnale che le politiche attuate per la mobilità ciclistica non sono ancora incisive e convincenti: d’altronde il tema della qualità e delle manutenzioni degli spazi dedicati alla pedonalità e ciclabilità, è stato tra i punti più critici emersi anche nei recenti incontri del percorso partecipativo “Sei la mia città”.

FIAB continuerà a ripetere il rilevamento semestrale con le sue possibilità, ma attende di avere dati più organici dalla preannunciata introduzione di più moderne e sistematiche tecnologie di conteggio, strumenti che non debbono mancare in una moderna smart-city che intende raggiungere entro il 2030 gli obiettivi che ha stabilito con il Piano della Mobilità Sostenibile.

Infatti, più che i metri di piste ciclabili realizzate, l’unico modo di valutare se il piano stia funzionando è quello di capire se sono aumentati i cittadini che si sono convinti a cambiare abitudini grazie all’efficacia delle azioni e delle politiche messe in atto.

Avere questi numeri è importante per confermare la bontà delle scelte fatte o, al contrario, indurre a riflessioni per apportare le necessarie correzioni. Per questo, in una annunciata volontà politica di maggior partecipazione delle persone alle scelte urbanistiche, FIAB auspica anche una più aperta condivisione e pubblica consultazione dei dati a disposizione dell’Amministrazione.

Corsie ciclabili di Via Panni. Polemiche ed alternative.

La recente realizzazione di due corsie ciclabili in via Panni ha sollevato diverse opinioni contrarie riportate dalla stampa locale.

Come FIAB ricorda sempre, queste corsie sono destinate prioritariamente alla circolazione delle biciclette ma, se non sono impegnate da ciclisti, possono essere utilizzate da altri veicoli. Sono di fatto la rappresentazione visiva di quanto viene stabilito fin dal 1992 dal Codice della Strada: i veicoli privi di motore devono stare “il più vicino possibile al margine destro della strada” e “il conducente di un autoveicolo che effettui il sorpasso di un velocipede è tenuto ad usare particolari cautele al fine di assicurare una maggiore distanza laterale di sicurezza (..).

Le corsie monodirezionali in carreggiata sono ampiamente utilizzate in ambito residenziale in tutta Europa e chi si oppone a prescindere a questa soluzione dovrebbe indicare delle alternative ragionevoli, purché vengano mantenute le caratteristiche di strada di interquartiere che deve connettere numerosi servizi e poli di attrazione come parchi, polisportive e scuole che devono poter essere raggiunti anche in bicicletta nel modo più diretto, confortevole e sicuro.

Durante un sopralluogo abbiamo potuto verificare le dimensioni della strada e dei marciapiedi esistenti che non consentono né piste ciclabili separate sulla carreggiata, né ciclopedonali sui marciapiedi. FIAB ritiene quindi che la soluzione scelta sia adeguata al contesto, vista anche la concomitante realizzazione di dossi rallentatori con l’istituzione di tratti a 30km/h.

Abbiamo tuttavia alcune osservazioni da avanzare al Comune. La prima riguarda l’imbocco della corsia sulla pista del sottopasso in direzione di via Rosselli, che per dare la priorità all’innesto di via Beato Angelico e a un accesso privato, ha sacrificato la linearità del percorso. È sufficiente un sopralluogo per verificare l’inadeguatezza della soluzione adottata che induce i pedoni e i ciclisti ad uscire dalla pista.

La seconda riguarda l’abituale assenza di una adeguata comunicazione ai cittadini per spiegare e motivare queste trasformazioni della viabilità. È quanto è avvenuto anche nel 2020 quando sono stati realizzati in città altri tre tratti di corsie senza il supporto di una solida campagna informativa che spiegasse a tutti, ciclisti e no, l’uso corretto di questi nuovi strumenti e senza prevedere una efficace attività di controllo.

Il fatto stesso che l’inaugurazione del sottopasso abbia anticipato la realizzazione delle corsie ciclabili, induce a pensare ad una mancanza di sostegno convinto di queste iniziative, e ad una timidezza verso le modifiche allo spazio pubblico che salvaguardino prioritariamente gli utenti della strada più vulnerabili. Su queste scelte bisogna essere innanzitutto convinti per essere convincenti.

FIAB ritiene necessaria l’infrastrutturazione di ciclabili in sede separata sulle dorsali ove le condizioni del traffico lo richiedano, ma altrettanto un cambio di paradigma che negli ambiti residenziali preveda un rallentamento della velocità ed una condivisione dello spazio consapevole e rispettosa da parte di tutte le utenze, a partire da quelle che ne occupano di più.

I punti deboli delle reti ciclabili

Quando viene chiesto a Fiab Modena un parere sulla situazione della ciclabilità modenese, nel rispondere partiamo sempre da due constatazioni: non manca la realizzazione dei chilometri ciclabili, eppure tra i cittadini che pedalano è diffusa l’insoddisfazione. Un giudizio probabilmente ancora più pesante da parte di tutte quelle persone che nemmeno ci provano, a pedalare, neanche per gli spostamenti di prossimità, tanto che in città circa il 70% dei tragitti avviene in auto, ed il 45% dei tragitti in auto sono inferiori a 2,5 km.

Eppure, in una piccola città di pianura dovrebbe essere naturale muoversi in bici per una fascia ben più ampia di residenti: perché allora tutta questa diffidenza?

Le cause sono molteplici e hanno a che vedere sia con condizioni infrastrutturali che culturali, ma secondo noi il maggior ostacolo è la paura di avere un grave incidente con un automobilista.

Nei paesi che nei decenni scorsi avevano gli stessi nostri problemi di oggi, i pianificatori della mobilità hanno capito che la sicurezza percepita di un tragitto viene stabilita dai cittadini in base al punto più debole di tutto il percorso: in sostanza puoi percorrere anche 5km di ciclabili protette, ma poi se vieni lasciato in balia del traffico anche soltanto in un incrocio, allora la sensazione di sicurezza di tutto il tragitto si abbassa notevolmente.

Facciamo un esempio nostrano: alla fine della ciclabile protetta di Viale Montecuccoli, il ciclista si ritrova senza indicazioni all’interno della rotonda con Viale Monte Kosica, una delle più congestionate di tutto il centro urbano. Quale mamma si sentirebbe tranquilla a lasciare andare a scuola un adolescente dovendo passare in quel tratto? Purtroppo, in Italia la sistemazione dei punti deboli, quelli critici in cui la soluzione di sicurezza passa necessariamente da una redistribuzione degli spazi stradali, viene spesso procrastinata per gli elevati costi o perché ha risvolti rilevanti sulla circolazione automobilistica.

È un circolo vizioso: se non si affrontano questi snodi puoi avere anche una estensione di chilometri ciclabili importante come quella modenese (ai primi posti tra le città italiane) ma è una situazione che funziona solo per chi ha già una certa solidità di ciclismo urbano, e che quindi non configura una vera e propria rete attraente per il cittadino che vorrebbe provare a cambiare abitudini.