Non uso la bici perché … le scuse più frequenti

Non uso la bici perché. Resistenza n.1: Con la macchina faccio prima
Nessun luogo è lontano, ovvero cambiare prospettiva

Spesso abbiamo l’impressione che la modalità più pratica e veloce  per raggiungere il luogo di lavoro sia l’automobile, anche quando ci muoviamo all’interno della stessa città e/o la distanza non supera i 7/9 chilometri.

Così ci immergiamo nel traffico cittadino all’interno delle nostre scatole di metallo, facciamo lunghe code al semaforo e poi passiamo e ripassiamo sulla stessa via nell’inutile tentativo di cercare un parcheggio. Quante volte lo sentiamo raccontare dai colleghi, che  sono costretti ad uscire ad orari improbabili per evitare code e per poter sostare nelle poche zone riservate, magari aspettando l’uscita dei residenti.

In questi casi sono l’abitudine e la pigrizia ad avere la meglio, basterebbe però provare una volta per tutte a cambiare prospettiva ed invece di divorare l’asfalto, inseguendo i secondi persi ai semafori, scandire lentamente il tempo al ritmo delle nostre due ruote, imboccando strade alternative a quelle usuali, magari passando all’interno di un parco cittadino o di una pista ciclabile della quale fino a ieri ignoravamo l’esistenza.

Alla fine ci accorgeremo con stupore non solo che i tempi spesi per il tragitto casa lavoro sono gli stessi o quasi, ma che avremo imparato a perderci tra gli odori del mattino appena iniziato o i colori del tramonto e, … miracolo!, a sviluppare una disposizione d’animo positiva per affrontare la giornata.

 

Non uso la bici perché. Resistenza n.2: Ho freddo, ho caldo, mi bagno
Non facciamoci influenzare dal ciclo delle stagioni, piuttosto assecondiamolo 

Ma come fai a prendere la bici con questo tempaccio? Quante volte ci sentiamo rivolgere questa domanda quando arriviamo sul luogo di lavoro in una fredda mattina d’inverno, con cappello, guanti imbottiti e magari una mantella impermeabile che ci sfiliamo dal capo per non bagnare tutto quello che sfioriamo? Oppure quando fuori la lancetta del termometro supera i 30 gradi e ci sembra che l’unico modo per salvarsi dal caldo infernale sia accendere l’aria condizionata a 18 gradi?

Se dovessimo attendere il periodo propizio dovremmo inforcare la bicicletta solo in primavera , con il sole e la temperatura mite.

Ma allora come fanno gli atleti che devono allenarsi e che escono da casa estate ed inverno, con il gelo e con l’arsura?  Quando si fa sport l’abbigliamento aiuta e naturalmente anche quando scegliamo la bicicletta come mezzo di trasporto, nei periodi in cui piove o la colonnina di mercurio scende in picchiata, coprirsi adeguatamente è buona norma.  Ma il vero cambiamento è quello mentale, ovvero considerare l’avvicendamento delle stagioni come un evento naturale da accettare.

Scopriremo così che dopo cinque minuti che spingiamo sui pedali avremo sviluppato il calore necessario per scaldare il nostro corpo e che, al contrario la pedalata lenta in estate fa sviluppare la giusta aria senza troppa fatica, come fossimo raggiunti da un enorme ventilatore naturale.

 

Non uso la bici perché. Resistenza n.3: Non mi sento sicuro, ho paura
Chi molto pratica molto impara

Al di là della saggezza di questo vecchio proverbio toscano, non dimentichiamoci che la città è una giungla e non avendo le Fahrradstrassen tedesche o le Bike Highways danesi, ci dobbiamo destreggiare tra piste ciclabili che finiscono nel nulla, strade a più corsie dove il traffico corre veloce o vie strette dove il ciclista viene considerato un corpo estraneo. Per i ciclisti urbani, il passo successivo è senz’altro quello di osare, mettendo in atto tutti gli accorgimenti necessari a preservare la propria incolumità, accorgimenti che ovviamente non ci esimono dal rispetto del codice della strada.

Regola primaria, in ogni occasione, anche quando abbiamo la precedenza, è assicurarsi il contatto visivo con l’automobilista, agli incroci, nelle rotatorie, nel percorrere una pista ciclabile all’altezza delle intersezioni con strade e passi carrai. Bisogna saper prevedere la mossa che farà l’automobilista: se sentiamo alle nostre spalle il rombo del motore e la strada è stretta, è preferibile non stare troppo attaccati al ciglio del marciapiede, in questo modo verremo sorpassati solo quando si sentiranno sicuri di poterlo fare, senza rischiare di sfiorarci.

Attenzione agli angoli ciechi nel momento in cui sorpassiamo a destra un carro-articolato o un tram ed ai binari di questi ultimi che vanno superati in diagonale, con un angolo di almeno 60 gradi.  Laddove non ci sono, creare le nostre “case avanzate” agli incroci semaforici, situandoci un paio di metri avanti alle macchine in coda.  Impariamo a segnalare in anticipo il nostro senso di marcia alzando il braccio nella direzione che vogliamo prendere e facciamo attenzione agli sportelli dei veicoli parcheggiati che potrebbero aprirsi all’improvviso. Quando piove le nostre ruote possono imbattersi in elementi scivolosi come pietre e foglie. Rendersi visibili, oltre che obbligatorio, è un’altra regola salva vita.

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