Spadoni, presidente FIAB Modena: “La domanda è forte, ma serve più coraggio politico”
Intervista di Patrizia Palladino – Vivo Modena
Qual è lo stato attuale delle piste ciclabili a Modena e quali sono i principali punti critici che ancora ostacolano una mobilità dolce sicura e continua?
Per rispondere a questa e ad altre domande abbiamo interpellato il presidente di Fiab Modena, Ermes Spadoni. “L’attuale amministrazione – risponde Spadoni – ha finora operato in continuità con il passato, senza imprimere la svolta sistemica necessaria. Continua a realizzare tratti ciclabili privi di omogeneità e riconoscibilità, ricorrendo spesso a percorsi ciclopedonali promiscui o a ciclabili ricavate sul marciapiede, anche lungo assi viari principali. Manca la standardizzazione: a volte il fondo rosso copre l’intera carreggiata, altre solo le intersezioni; in altri casi la segnaletica verticale interrompe la pista, creando ostacoli. Queste discontinuità non scoraggiano gli esperti, ma chi vorrebbe iniziare a usare la bici e non si sente sicuro. Il punto più critico, però, restano le intersezioni con il traffico motorizzato: occorre prevedere precedenza ciclabile, traiettorie chiare, attraversamenti con fondo rosso ben visibile e, soprattutto, la rimozione di parcheggi e ostacoli che impediscono il contatto visivo tra automobilisti e ciclisti, la cosiddetta daylighting”.
Il progetto Bike to Work sta davvero cambiando le abitudini dei cittadini o il suo impatto resta ancora ‘solo’ simbolico?
Per ottenere un vero cambiamento modale non c’è una soluzione unica, ma una “ricetta” con più ingredienti. Infrastrutture e moderazione del traffico sono la base, ma servono anche misure come segnaletica dedicata, parcheggi sicuri (ciclostazioni) e incentivi economici. Il Bike to Work a Modena ha avuto un riscontro positivo, coinvolgendo circa mille cittadini a ogni edizione e rimborsando migliaia di chilometri “puliti” in circa 76.000 viaggi. Per raggiungere la massa critica, però, è necessario rendere permanente il progetto e coinvolgere attivamente i mobility manager aziendali, affinché anche le imprese offrano facilitazioni ai dipendenti.
Gli autovelox sono sufficienti a ridurre la velocità delle auto e a prevenire incidenti mortali o servono misure più incisive come le “Zone 30”?
Gli autovelox sono fondamentali sulle grandi arterie, così come i controlli della Polizia Locale ma, all’interno dei quartieri residenziali, la velocità si controlla anche con il design della strada: servono attraversamenti rialzati, restringimenti delle carreggiate e l’avanzamento dei marciapiedi agli incroci. La sicurezza reale, quella dei 30 km/h, si ottiene inducendo comportamenti corretti tramite l’infrastruttura, e sanzionando le condotte pericolose. Gli autovelox sono comunque strumenti efficaci e salvano vite, riducendo gli incidenti mortali dal 15% al 26%, come dimostrano autorevoli studi. Non si tratta quindi di “fare cassa”, ma di proteggere concretamente le vite umane.
Dai vostri monitoraggi di settembre emerge una ripresa nell’uso della bici, ma siamo lontani dai livelli pre-Covid: quali le cause del gap e quali le soluzioni per colmarlo?
Dopo il Covid, molte città europee hanno colto l’occasione per ridisegnare lo spazio pubblico e la mobilità, mentre in Italia la micromobilità è stata spesso narrata, anche dalla politica, come un “vezzo” elitario o addirittura un intralcio al traffico: questa narrazione tossica frena il cambiamento. Al contrario, i dati europei dimostrano che lo sviluppo della ciclabilità è strategico per la salute pubblica, la qualità dell’aria e la vitalità del commercio di prossimità. Bisogna smettere di trattare la bici come un problema e iniziare a trattarla come parte della soluzione.
Sul nostro sito è aperto un sondaggio sul mezzo preferito per gli spostamenti in città: il 37% dei lettori sceglie la bici. Fiab come commenta questo dato?
I dati del percorso partecipativo “Sei la mia città” e anche quelli del vostro sondaggio parlano chiaro: il 37% dei modenesi indica la bicicletta come mezzo preferito. Non ci sorprende: Modena ha la conformazione ideale (pianura, distanze compatte, clima favorevole) e un parco bici privato enorme (quasi ogni cittadino ne possiede una). I cittadini sono pronti, ma la politica deve osare di più per incrementare quel 12% di spostamenti in bici da cui siamo partiti nel 2019, con l’obiettivo di raggiungere entro il 2030 il 20% previsto dal PUMS. Bologna anche grazie alla Città 30 continua ad aumentare la mobilità ciclistica, quest’anno +22%. Servono infrastrutture complete e sicure, una rete ciclabile intercomunale estesa, stalli bici sicuri e diff usi, velostazioni custodite, hub multimodali. Occorre colmare il divario tra il “desiderio” di pedalare e la possibilità di farlo in sicurezza, per rendere la bici la scelta più naturale e conveniente per muoversi in città.

