Le nostre richieste per migliorare le condizioni di chi in città si muove a piedi o in bici spesso si concentrano sulla (poca) sicurezza delle infrastrutture, sulla loro scomodità, o al massimo sulla mancanza di parcheggi sicuri. Tutte misure che hanno bisogno di investimenti e che spesso vengono viste In Italia come soldi sprecati per i “ciclisti”, termine con il quale vengono catalogati tutti i cittadini in bici, come se sfrecciasero tutti a 40 all’ora in tutine aderenti in lycra su costose bici in carbonio, ad occupare spazio stradale indispensabile a chi deve andare a lavorare in auto.
Sarà anche per questo che tra le varie strategie comunicative in Olanda c’è quella di avere due termini per distinguere i “fietser” (letteralmente “le persone in bicicletta” – cioè i cittadini comuni che si muovono quotidianamente in bici per utilità), dai ciclisti sportivi (“wielrenner”). Perché in realtà ogni euro speso, ogni metro di strada dedicato alla ciclabilità, è una risorsa dedicata allo studente, al pensionato da Piazza Grande, alla badante con le sporte, al notaio del centro o all’operaio della Maserati. Cioè potenzialmente a ognuno di noi.
E dovremmo anche smetterla di chiamare la mobilità non motorizzata con termini inflazionati come “sostenibile” o peggio “dolce”, che richiama una attività di chi non ha nulla di importante da fare. Molto meglio chiamarla “attiva”, che ricorda che a piedi o in bici, tra l’altro, si arriva a destinazione con una bella attività fisica che ci fa star meglio. Come si dice “l’auto brucia i tuoi soldi e ti fa ingrassare, la bici brucia i tuoi grassi e ti fa risparmiare”.
E poi dovremmo anche smetterla di chiamarci “utenti deboli” (vulnerable road user) e passare a “utenti pregiati” (valuable road user): un cambio di lessico che in Europa definisce il passaggio tra utenti che necessitano di una “tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione stradale” ad utenti che la comunità “privilegia” e quindi che devono avere priorità nel ridisegno degli spazi urbani pubblici.
Insomma, bisogna tornare a considerare le strade cittadine come luogo naturale degli spostamenti attivi con almeno pari spazio e dignità di quelli che necessitano di un motore (il 45% dei quali a Modena sono sotto 2,5km). Allora si capirà meglio perché ogni euro speso in mobilità attiva rende molto di più in salute pubblica, sicurezza, quiete, e bellezza dello spazio pubblico.