La provincia di Modena si trova oggi a un bivio, sospesa tra un passato di oltre 100 chilometri di ferrovie secondarie dismesse a partire dal secondo dopoguerra e un futuro che sia in grado di recuperare il meglio un glorioso passato, che nel 1940 vedeva una rete capillare su ferro, e di cui oggi resta solo la precaria linea Modena-Sassuolo.
Un’eredità pesante, quella delle “ferrovie perdute”, che ha visto la progressiva dismissione di tratte fondamentali come la Modena-Mirandola (33km soppressa nel 1964), la Modena-Vignola (24km cancellata nel 1972), la Modena-Nonantola-Ferrara (60km eliminata nel 1956), la Carpi-Correggio-Bagnolo (18km chiusa nel 1955) e la Cavezzo-San Felice-Finale (20km chiusa nel 1964). A queste si aggiungono le “incompiute” Mirandola-Novi-Fabbrico e la Modena-Pavullo, che con i suoi 40 km di tracciato, 5 gallerie e 22 caselli, rappresenta un corridoio naturale di eccezionale valore. Il parziale recupero di alcuni di questi sedimi a uso ciclistico, come la Modena-Vignola, ha mostrato risultati incoraggianti, trasformandoli in apprezzate infrastrutture per il tempo libero. Tuttavia, la concezione di questi percorsi rimane prevalentemente ricreativa, lontana dal modello delle “superciclabili” extraurbane del Nord Europa, vere e proprie arterie per la mobilità quotidiana.
Le recenti dichiarazioni di diversi amministratori locali sembrano indicare una nuova consapevolezza di una idea di un futuro basato su una rete capillare di trasporto pubblico, in grado di affrontare il problema di una provincia costantemente congestionata dal traffico. Sono tornate in campo le ipotesi di una “metropolitana leggera”, che possa servire anche i collegamenti con la provincia, in particolare con Sassuolo, Carpi e Reggio Emilia, e di una “Ferrovia Cispadana” per collegare diverse città della regione. Come FIAB, sosteniamo questa direzione e suggeriamo di puntare con decisione sull’intermodalità, favorendo la combinazione treno + bici per completare i percorsi da e verso le stazioni, e garantire una mobilità realmente flessibile e sostenibile.
E per i nodi mancanti, si dovrebbe poi integrare il trasporto su ferro con una rete di “superciclabili” di livello metropolitano: percorsi larghi, illuminati e sicuri, con precedenza nelle intersezioni. Su tratte medio-corte e con il supporto della micromobilità elettrica, potrebbero rappresentare per tanti cittadini un’alternativa concreta all’automobile. Il futuro della mobilità modenese si scrive oggi: le scelte che verranno compiute determineranno se la provincia saprà essere all’altezza della grande storia che ha perduto.

