E la bici dove la metto?

Incentivare la mobilità ciclabile richiede una rete di parcheggi bici adeguati e sicuri

Come qualsiasi automobilista ben sa, per spostarsi agevolmente in auto non sono sufficienti le strade, ma occorre che ci sia la possibilità, arrivati a destinazione, di lasciare l’auto in un luogo apposito, non troppo lontano: il tanto agognato parcheggio.

La necessità di predisporre luoghi di sosta per gli autoveicoli, come parte integrante delle infrastrutture dedicate alla mobilità automobilistica, è stata così sentita nel periodo del boom del mercato, che nel 1968 un decreto interministeriale introdusse addirittura uno standard minimo di 2,5 metri quadri di spazio da destinare al parcheggio per ogni abitante. Il decreto è stato poi modificato nel 1989, con l’introduzione di un obbligo per le nuove costruzioni di riservare ai parcheggi almeno un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione. Una delle prime azioni per disincentivare l’uso dell’auto privata invece sarebbe proprio la riduzione del numero dei parcheggi in città, misura che in Italia può essere applicata solo limitatamente proprio per via degli standard minimi di parcheggio.

D’altra parte, poter lasciare il proprio veicolo in un luogo apposito, non troppo lontano dalla destinazione, è un’esigenza anche di chi si sposta in bici: uno stallo adeguato alle bici deve dare la possibilità di legare il telaio (e non solo una ruota) a una struttura fissa per evitare furti, ed essere coperto dalla pioggia. Eppure questa necessità resta inascoltata.

La sproporzione tra i posti auto e le rastrelliere “a scolapiatti” fuori dai supermercati la dice lunga: tra l’altro, sono pure poco sicure perché permettono di legare solo una ruota, e scomode perché non danno spazio sufficiente per caricare la spesa nelle borse posteriori.

A Modena, stalli adeguati scarseggiano anche di fronte a farmacie, uffici postali, uffici pubblici, mentre i depositi vicino alle stazioni ferroviarie sono sottodimensionati, e ci sono lunghe liste di attesa: meno di 200 posti bici per una città di 185.000 abitanti, mentre in Olanda a Delft (101.000 abitanti) il parcheggio bici in stazione conta 5000 posti (coperti). “Non siamo in Olanda” ma promuovere la mobilità sostenibile passa anche da qui.

Prendereste volentieri l’auto se ci fossero zero parcheggi nelle vicinanze della vostra destinazione? No, vero? E allora perché dovrebbe essere diverso per la bici, che rischia pure di essere rubata se non c’è uno stallo sicuro?

Carpi … e la bici dove la lascio? Al CICLOBOX

Carpi … e la bici dove la lascio? Al CICLOBOX pensiamo noi al tuo mezzo: custodia e piccoli interventi nella Ciclofficina inclusiva sono GRATIS

Deposito custodito di biciclette e cicli a impatto zero nell’area dei Giardini Pubblici compresa tra il Municipio e il Teatro sarà attivo il giovedì e il sabato con orario 8:30 – 12:30 (salvo maltempo). Il deposito è gestito da persone fragili o con disabilità – un’occasione per accrescere l’autonomia, l’autostima e la capacità di relazione, una proposta per favorire una mobilità sostenibile e a misura della nostra città. 

A disposizione dei cittadini un parcheggio custodito per biciclette in centro nei giorni di mercato, giovedì e sabato. Sarà gestito dai giovani coinvolti in progetti di autonomia e vita indipendente Le associazioni Il Tesoro Nascosto – Adifa – Porta Aperta/Recuperandia – Fiab in collaborazione con i Servizi Sociali dell’Unione Terre d’Argine danno vita, a partire da sabato 28 gennaio, ad un servizio di parcheggio custodito per biciclette (Ciclobox), destinato ai cittadini che si recano in centro nei giorni di mercato, giovedì e sabato.

Il servizio rientra all’interno del Progetto “Ognuno vale” che ha come capofila l’associazione Il Tesoro Nascosto e si avvale della rete di collaborazioni con le altre associazioni partner e del supporto dei Servizi Sociali. Il servizio di custodia (Ciclobox) sarà attivo nelle mattine di giovedì e sabato grazie alla presenza dei volontari dell’associazione “Il Tesoro Nascosto” e dei giovani che partecipano ai percorsi di autonomia e vita indipendente promossi dall’associazione stessa in partnership con i Servizi Sociali.

Le altre associazioni coinvolte nel progetto contribuiranno con l’apporto di specifici servizi come Fiab (Federazione Italiana Ambiente e Bici) che organizzerà dimostrazioni di Ciclofficina (stand dove ciascuno potrà fare operazioni di messa a punto sulla propria bici) e Porta Aperta/Recuperandia che fornisce materiali per rendere accogliente il parcheggio Ciclobox.

Il Progetto è nato su impulso della Consulta del Volontariato del Comune di Carpi.

C’è ARIA nuova in città

ARIA è una rete di associazioni attiva in tema di ambiente ed inclusione sociale.

Dopo qualche mese di incontri 15 tra associazioni e comitati di Modena e provincia hanno deciso di unire le loro competenze per creare la rete ARIA, in grado di essere una forza propositiva nell’ambito delle politiche per la tutela dell’ambiente e della salute e per la promozione di un’economia inclusiva e solidale.

L’atto simbolico della firma del manifesto comune si è svolto sabato scorso all’OvestLab dove le associazioni fondatrici si sono presentate di fronte ad un folto pubblico che ha riempito il capannone. Anche FIAB fa parte della rete, e non potrebbe essere altrimenti visto che l’ambiente è nel nostro “oggetto sociale” e che la bici è da due secoli una delle invenzioni che più di tutte ha avuto un ruolo nella emancipazione ed inclusione di diverse fasce di popolazione: pensiamo solo a quello che ha significato per l’emancipazione femminile o per la mobilità di persone a basso reddito.

La rete ha deciso di lavorare su tavoli tematici a cui ogni associazione può portare le sue competenze ed esperienza, e nel 2023 sono stati identificati due argomenti: la mobilità sostenibile e la filiera alimentare. Due criticità evidenti anche sul territorio modenese, dove la mobilità privata e gli allevamenti intensivi rappresentano una fonte di preoccupazione.

Le proposte, le discussioni e le attività di ARIA mirano ad avere una base scientifica riconosciuta, e formulate con un linguaggio propositivo ambiscono ad avere una ricaduta positiva sul territorio, sensibilizzando, coinvolgendo ed includendo tutti i cittadini. Per questo la rete è aperta all’ingresso di ogni altra entità che voglia condividere gli stessi valori e progetti.

Come FIAB intendiamo riportare al centro la discussione sulla funzione dei luoghi comuni, perché le strade e le piazze sono sempre stati gli spazi pubblici per antonomasia in cui le persone si incontrano, si riconoscono, litigano ma anche commerciano e stabiliscono nuove relazioni, mentre negli ultimi decenni per prioritizzare il traffico automobilistico abbiamo progettando tutto lo spazio per fluidificarlo, e siamo riusciti a trasformare luoghi di incontro tra vicini di casa in corsie di transito per sconosciuti.

In ogni città che al mondo ha intrapreso con successo questi cambiamenti, è stato necessario raccontare ad ogni cittadino i tanti vantaggi che ne derivano, e questo è possibile solo con l’azione convinta di tante realtà e cittadini che ARIA si propone di rappresentare.

ARIA: le Associazioni in Rete per l’Inclusione e l’Ambiente si presentano

E’ nata una rete di oltre 15 associazioni del territorio modenese, il nome è ARIA, che rappresenta l’acronimo di Associazioni in Rete per l’Inclusione e l’Ambiente. Il termine è allo stesso tempo evocativo di un grave problema ambientale che affligge il nostro territorio, e per questo, lo scopo prefissato è ambizioso, ma l’unione fa la forza: sostenere, diffondere e promuovere idee e azioni a favore della giustizia climatica e sociale.

La sua caratteristica è di includere non solo associazioni tradizionalmente ambientaliste: infatti anche associazioni costituite su diversi temi sociali sono giunte a prestare molta attenzione alla questione ambientale, ormai centrale in ogni prospettiva di cambiamento sociale e economico.

Parlando di aria, la Rete sarà impegnata a lavorare su diversi temi e proporre iniziative: l’intento è quello di iniziare dai temi della mobilità sostenibile e dell’alimentazione, considerando l’intera filiera di produzione del cibo. Nel nostro territorio questi sono certamente temi centrali e, attraverso le iniziative di ARIA, si intende sollecitare maggiore attenzione verso la tutela dell’ambiente e un interesse più attivo per le politiche ad essa connesse.

L’appuntamento per conoscere ARIA e le associazioni proponenti è sabato 21 gennaio dalle 18.30 alle 21.00 presso OvestLab, in via Nicolò Biondo 86 a Modena.

Qui oltre alla presentazione del progetto si chiederà il contributo e i suggerimenti di chi vorrà partecipare, perchè ARIA è aperta a tutti e tutte.
Alla serata aderisce anche il gruppo “Buy Nothing Modena”, che si basa su un modello di economia del dono, spontaneo e volontario, di oggetti, ma anche talenti, passioni: un’idea che ARIA vuole supportare e incentivare.

Consigliata la prenotazione e per maggiori informazioni trovate “ARIA Modena” sui canali social (IG e FB) e potete contattare i numeri 3398853291 o 3384806753.

Bici e trasporto pubblico: alleati o concorrenti?

Nei nostri recenti articoli abbiamo cercato di spiegare come le “città 30” possano favorire la mobilità attiva pedonale e ciclabile.

Però in tutto questo ragionamento ci siamo dimenticati il trasporto pubblico. Ce lo ha ricordato una nostra amica commentando “credo che l’unica soluzione sia incentivare i mezzi pubblici, in modo che la gente lasci in garage l’auto”, lasciando trasparire una convinzione che in fondo la mobilità ciclabile non sposterà mai tanta gente quanto può fare un trasporto di massa.

Ma bicicletta e trasporto pubblico non sono tra di loro alternativi, anzi il loro uso combinato genera la maggiore efficienza possibile nella mobilità quotidiana. La bici, infatti, è per natura un mezzo privato che permette ad un singolo cittadino di scegliere punto di inizio ed arrivo, orario di partenza e tragitto da seguire. Mentre per definizione il trasporto pubblico, per quando efficiente e diffuso sia, ha orari e percorsi codificati.

Quindi può capitare che dobbiamo fare pochi chilometri e che troviamo più comodo prendere direttamente la bici dal garage, ma se dobbiamo andare fuori comune possiamo raggiungere la stazione a piedi o in bici e poi prendere un mezzo pubblico. E le scelte possono essere influenzate anche da altri fattori come il meteo, che può sconsigliarci di usare la bici ed andare direttamente alla fermata del bus.

In questo ragionamento da qualche anno si è infilato anche il monopattino (che necessita delle stesse infrastrutture delle bici) il cui successo è dovuto a diversi motivi, uno dei quali è che può essere semplicemente caricato su bus e treni e portato in ufficio. Insomma, il classico strumento che ci permette di fare l’ultimo miglio di un lungo tragitto di pendolarismo.

Non esiste un’unica soluzione ai problemi di trasporto di milioni di persone con esigenze diverse, e l’unica ricetta possibile è quella di ripensare le strade in modo che siano adatte a tutti i mezzi di trasporto. Perché l’errore capitale del secolo scorso è stato quello di dedicare tutto lo spazio ad un unico mezzo, l’auto privata, che pur avendo innegabili vantaggi di autonomia personale è un oggetto che divora enormi quantità di spazio lasciando agli altri solo riserve anguste ed insicure.

Le stazioni ferroviarie olandesi, con le loro migliaia di parcheggi bici protetti sempre pieni, sono lì a dimostrare che bici e mezzi pubblici sono alleati che vanno entrambi sostenuti per abbattere la dipendenza dall’auto privata.

Niente multe, le zone 30 più efficaci si auto-impongono

Niente multe, le zone 30 più efficaci si auto-impongono
La conformazione della strada può modificare significativamente le abitudini

Nell’immaginario comune, sono i controlli e le multe a garantire il rispetto dei limiti di velocità. Così la riduzione del limite a 30 km/h nelle zone urbane può essere vista come l’ennesimo espediente per “fare cassa”; qualcun altro invece potrebbe sostenere che è inutile abbassare i limiti perché tanto non vengono rispettati.

In realtà, l’esperienza europea conferma che, per essere efficace, la creazione di una zona 30 non può limitarsi all’apposizione di un cartello segnaletico con qualche sporadico controllo. Idealmente, il limite di velocità si dovrebbe imporre spontaneamente all’automobilista in virtù della pianificazione della strada: in altre parole, per come è conformata la strada l’automobilista finisce per mantenersi al di sotto dei 30 km/h.

Ma è possibile modificare le nostre strade senza dei costosi stravolgimenti? Altroché: gli espedienti, testati e codificati nella manualistica tecnica, abbondano. Ci sono strumenti familiari, i cuscini berlinesi (cugini dei nostri dossi, un po’ più stretti, che lasciano passare indisturbati mezzi di soccorso e biciclette), oppure pannelli di rilevamento della velocità che lampeggiano al superamento del limite. Si possono restringere i raggi di curvatura degli incroci e le dimensioni delle corsie (più sono stretti più si va piano, e così si possono allargare i marciapiedi), e rimuovere le doppie corsie per destinare più spazio a bici e pedoni. Si possono usare elementi decorativi come vasi di fiori (o nuove aiuole) per creare delle efficacissime chicanes che spezzano i rettilinei; oppure inserire delle strettoie in corrispondenza degli attraversamenti pedonali che costringono chi guida a rallentare e riducono l’ampiezza di attraversamento per i pedoni. Si può semplicemente modificare la segnaletica orizzontale, o paradossalmente addirittura eliminarla del tutto per creare un senso di incertezza in chi guida e indurlo a rallentare. Ce n’è per tutti i gusti e tutte le tasche.

Il concetto chiave è che la conformazione della strada influenza la velocità più dello spauracchio di una multa, e influenza anche come le persone vivono lo spazio pubblico: può renderlo uno spazio vissuto o uno spazio transitato e basta. Fiab come sempre si mette a disposizione per sostenere chi abbraccia la visione città 30: forza amministratori, e siate coraggiosi che, passato il primo periodo di adattamento, i vostri cittadini vi ringrazieranno.

Città 30: volete che torniamo all’età della pietra?

Come abbiamo visto negli scorsi articoli, le “città 30” non limitano la libertà di movimento, non impediscono di fare il proprio lavoro in auto, non penalizzano anziani ragazzi e disabili ma invece migliorano la vita a tutti i cittadini. A questo punto, chi proprio non ne vuole sapere di cambiare abitudini di solito tira fuori l’ineluttabilità del progresso tecnologico: “allora ditelo che volete che lasciamo tutti le macchine a casa e torniamo all’età della pietra”, come se l’uso dell’auto fosse una condizione necessaria al benessere e sviluppo economico.

Che l’affermazione sia puramente ideologica lo dimostra il fatto che le città più ricche in Europa sono quelle dove le percentuali di uso dell’auto sono le più basse. In Olanda e Danimarca secondo questo ragionamento dovrebbero essere tutti ridotti con le pezze ai pantaloni, e invece le loro città sono ad oggi un esempio di ricchezza diffusa, vivibilità, vivace commercio locale, coesione sociale, iniziative culturali, benessere fisico in cui nessun cittadino di ogni classe sociale, dall’operaio al premier e la regina, disdegna di pedalare o usare i mezzi pubblici. E mentre in quei paesi nessun politico da destra a sinistra si è mai sognato di mettere in discussione una politica della mobilità che metta l’uso dell’auto privato come ultima scelta auspicabile, in Italia si sono appena tolti i (pochi) milioni per le ciclabili urbane.

Chiariamo subito: l’automobile privata è una delle più rivoluzionare invenzioni del secolo scorso e ha rappresentato un volano di nuove opportunità e migliorie sociali. Resta però che il suo abuso ha generato enormi problemi alle nostre comunità.

A partire dal fatto che la mobilità è un bene primario, come l’istruzione o la sanità, e dovrebbe essere offerta a condizioni di accesso favorevoli ad ogni cittadino; invece, puntando solo sull’auto, obblighiamo tutti a usare il mezzo più costoso e, in città, anche quello più inefficiente.

Le “città 30”, riducendo e contrastando la necessità di usare l’auto, permettono al piccolo commercio di rivivere, ai ragazzi e anziani di tornare a vivere la strada, ai lavoratori di trovare meno traffico, a tutti di spendere meno nella mobilità, e lo fanno ripristinando la libertà di scelta del mezzo migliore per ogni tragitto che dobbiamo affrontare.

La verità è che non ci sono più scuse per non cambiare e dovrebbero essere i contrari a trovare delle giustificazioni plausibili per non farlo.