Carpi tra le città leader della mobilità sostenibile

Ad aprile abbiamo inoltrato a tutti i sindaci dei 47 comuni modenesi un “Piano di azione per la mobilità urbana post Covid” elaborato da BIKEITALIA che contiene suggerimenti tecnici utili per impostare da subito una “Rete di Mobilità di Emergenza”, ed in più alle città di Modena e Carpi abbiamo inviato una proposta con un piano di azioni specifiche. Tali linee guida sono in già in adozione da altri comuni in Italia (anche vicini come Reggio, Bologna, Brescia) così come in Europa e nel mondo intero, poiché tutti sono preoccupati dai rischi impliciti ad un ritorno di una mobilità delle persone e delle merci che non potrà (e non dovrà!) essere come quella pre Covid19.

Pari sollecitazioni sono arrivate pubblicamente su Modena anche da numerose Associazioni, dall’Agenzia per la Mobilità, da studiosi, ingeneri e singoli cittadini. Passati due mesi, non avendo avuto alcun riscontro ci stavamo interrogando su questo insolito silenzio, quando da Carpi il Sindaco e il suo Assessore ai Lavori Pubblici molto preparato sulla mobilità sostenibile, ci hanno sorpreso con misure fortemente ispirate alle nostre proposte. Siamo rimasti, lo ammettiamo, positivamente e fortemente impressionati: mai in oltre 15 anni di presenza ed attività costante sul territorio provinciale nessuna amministrazione era mai andata al di là di una sottoscrizione pre-elettorale delle nostre proposte, rimaste sempre ovviamente nei cassetti.

Invece quello che è stato proposto alla cittadinanza di Carpi non è un semplice piano di ciclabili, che da sole non risolvono nulla, ma un cambio di impostazione, di paradigma che il Sindaco Bellelli ha voluto mettere in chiaro nella prefazione: “le biciclette sono un tassello fondamentale della mobilità moderna e non possono più coesistere con i pedoni sui marciapiedi ciclo pedonali, ma devono tornare al centro della strada con gli stessi diritti (e noi aggiungiamo doveri) delle auto” . Di più: ha preannunciato la costruzione di “case avanzate” per le bici negli incroci principali, la predisposizione di strade a 30Km/h dove non sarà necessario fare corsie ciclabili, poiché le biciclette avranno la precedenza sulle auto. “Gli automobilisti devono sapere che sono i benvenuti nella nostra città, ma quando ci entrano devono rallentare per rispettare gli utenti più vulnerabili”.

Per noi la presentazione poteva anche chiudersi qui, perché se è chiaro che l’obiettivo è quello di avere una città più sicura, accogliente e vivibile, non interessa più (solo) quanti saranno i km ciclabili, quali i loro percorsi, quale tecnica infrastrutturale sarà usata. Avere individuato le giuste priorità rende di per sé corretto il percorso intrapreso.

In realtà tutti questi aspetti ci sono nel piano della Mobilità: si è partiti da individuare i poli attrattori (lavoro, scuola, centri commerciali), si è analizzata la mappa della incidentalità, sono state scelte come preferenziali le corsie monodirezionali da entrambi i lati della strada, e dove la larghezza della carreggiata non lo può consentire si introducono strade a 30 km/h. Si sono dati tempi brevi (entro settembre) per concludere tutto: il che fa ben sperare che a mesi i carpigiani potranno avere una opzione in più per la loro mobilità che sarà sicura e confortevole, finalmente in reale competizione qualitativa con l’automobile privata per i tragitti quotidiani tipici.

Probabilmente non mancheranno le critiche e le criticità perché non è facile realizzare tutto alla perfezione: forse le persone che a parole vogliono il cambiamento alla fine non avranno voglia di cambiare le loro abitudini, pronte ad alzare la voce alla prima intersezione sbagliata, al primo incidente tra monopattino e pedone, scordandosi poi ovviamente le ore perse nel traffico, il rumore, l’inquinamento, i morti e feriti provocati dal precedente modello di mobilità auto-centrico.

Per questo, oltre ai complimenti ed al sostegno che avranno dal direttivo FIAB Modena e dai nostri soci presenti su tutta la Provincia di Modena, al Sindaco Alberto Bellelli, all’ Assessore Marco Truzzi, oltre agli assessori Riccardo Righi e Mariella Lugli che stanno condividendo i progetti di mobilità sostenibile, ci sentiamo di dare due suggerimenti:

Il primo: è necessario pensare ed attuare un piano di comunicazione anche con cartellonistica stradale pubblicitaria (creando magari un marchio, un brand, uno slogan della mobilità sostenibile a Carpi) e spiegare meglio ai cittadini come comportarsi in una città a Km30, i diritti e doveri di tutti gli attori del traffico ( dagli automobilisti privati, agli studenti in monopattino, ai furgoncini per le consegne, all’anziano che vuole andare in piazza Martiri per passare la mattinata in compagnia).

Il secondo: trovare risorse per installare un paio di totem conta-ciclisti. Può sembrare ininfluente, ma le prime critiche saranno improntate all’inutilità delle realizzazioni (non ci va nessuno in bicicletta!), ma a fronte del conteggio dei passaggi non ci sono argomenti da bar o social che tengano. Noi sappiamo che inforcare una bici invece che l’auto è un piccolo gesto (a volte per qualcuno anche un sacrificio) che però spesso non viene riconosciuto: vedere invece che per l’amministrazione quei cittadini quei pedoni e ciclisti “contano” come tutti gli altri utenti motorizzati è un grande segno di gratitudine, appunto un cambio di paradigma.

Carpi quindi come Parigi, Berlino, Bruxelles, Bogotà, Londra, Vienna, ma anche Roma, Milano, Torino, Firenze, e Bologna prova a ripartire con una nuova normalità: finalmente una amministrazione che anche alle nostre latitudini prova a riempire di contenuti ed azioni concrete l’auspicio di un mondo migliore rispetto a quello messo a nudo dalla pandemia.

Ripartenza delle gite sociali

Il Consiglio Nazionale FIAB ritiene che ci siano tutte le condizioni per ripartire in sicurezza con le escursioni sociali.

Per questo anche il direttivo di FIAB Modena ha deciso di riprendere le escursioni sociali, ma con una nuova parola d’ordine: responsabilità individuale e collettiva. Quindi verificheremo, escursione per escursione se esistono le condizioni per confermarla, modificarla o cancellarla, selezionando con cura l’itinerario da percorrere, privilegiando percorsi semplici e, meglio ancora, lontano da posti affollati ed in mezzo alla natura.

Cercheremo di evitare gruppi grandi, che creano inevitabilmente situazioni di assembramento. Pedaleremo in gruppi di massimo 10-15 persone, e quindi è possibile che il numero dei partecipanti venga limitato già all’atto delle prenotazioni, od in alcuni casi potremo scaglionare gli orari di partenza creando più gruppi di 10-15 persone.

Comunque la partecipazione è subordinata all’iscrizione (anche via messaggio whatsapp) al referente della gita, ed alla accettazione del regolamento gite, integrato con le norme di comportamento COVID-19:

  1. Come da art.1 DPCM 17/05/2020 è vietata la partecipazione alla gita in caso di temperatura corporea superiore ai 37,5°, se si hanno sintomi influenzali o se si è avuto, nei 15 giorni precedenti, contatti con persone affette da sindrome covid-19. Ciascun partecipante, all’atto della registrazione, dichiara di non ricadere consapevolmente in una delle categorie sopra menzionate;
  2. Ogni partecipante dovrà avere al seguito la seguente dotazione:
    • mascherina chirurgica monouso certificata CE o altro dispositivo lavabile di analoga valenza, certificato CE, in quantità adeguata alla durata della gita, tenendo conto di un suo possibile deterioramento;
    • Gel disinfettante a base alcolica certificato CE, non autoprodotto;
    • guanti monouso in nitrile (da utilizzare solo in casi di necessità), in quantità adeguata alla durata dell’escursione;
    • sacchetto per il corretto smaltimento dei dispositivi usati.
  3. La mascherina VA INDOSSATA nei momenti di arrivo e registrazione, nel momento di incrocio sul percorso con altri ciclisti e/o pedoni, quando ci si avvicina alla guida e/o ad altri partecipanti e in generale quando non è possibile mantenere le distanze di sicurezza.
    NON VA INDOSSATA ma tenuta a portata di mano durante la marcia.
  4. I partecipanti dovranno mantenere una distanza minima fra loro di almeno 1 m durante le soste e almeno 2 m durante la marcia (fatta eccezione per nuclei conviventi);
  5. E’ vietato lo scambio di materiale e/o cibo fra i partecipanti;
  6. I partecipanti sono invitati ad igienizzarsi frequentemente le mani;
  7. Per il pagamento in loco della quota di partecipazione chiediamo ai partecipanti di presentarsi con la cifra contata, da depositare in apposito contenitore, in modo da non avere la necessità di scambio di denaro diretto con la guida.

…a fare la spesa andiamo in bici!

“L’emergenza Covid-19 sta portando profondi ripensamenti, anche nel modo di sentire e vivere la città e gli spazi urbani nel quotidiano – sostiene Alessandro Tursi, Presidente di FIAB. – Le nostre città devono tornare a essere patrimonio delle persone, dove negozi e botteghe rappresentano l’anima di un contesto vivo e autentico. Sono proprio i ciclisti urbani, sempre più numerosi, i clienti ideali, poiché preferiscono fare acquisti ogni giorno nei negozi vicino a casa, soprattutto se questi offrono varietà e qualità di prodotti”.

FIAB, insieme a Confesercenti e CNA, lancia la campagna SPESA QUOTIDIANA? PRIMA LA BICI!: un invito a scegliere di spostarsi sulle due ruote anche per gli acquisti di tutti i giorni nei negozi di prossimità e riscoprire il commercio di vicinato. La Presidente di Confesercenti dichiara: “La rete dei negozi e delle attività urbane offre il contesto ideale per incentivare lo shopping in bicicletta. Una modalità di consumo intelligente ed ecologica, che può diventare un elemento chiave nella lotta all’inquinamento e nel recupero del tessuto di botteghe e negozi”.

E ancora il presidente nazionale di Cna, sottolinea come il Covid-9 abbia evidenziato “l’importanza e la necessità della riscoperta di un modo diverso di relazione, di acquisto e di consumo”. I rappresentanti di categoria insistono nella direzione giusta, e le politiche bike-friendly propongono azioni concrete che favoriscono esercenti ed artigiani. È un chiaro appello congiunto agli amministratori locali che spesso miopi non sanno accogliere le evidenti richieste di associazioni e liberi cittadini; e ci continueremo a chiedere: dove sono le adeguate piste ciclabili, le zone 30, i parcheggi bici sul suolo pubblico stradale per raggiungere più velocemente e in sicurezza, botteghe, luoghi di lavoro e poli scolastici?

Ciclisti e pedoni – un conflitto non risolto

A Modena prosegue la campagna della Polizia locale all’insegna di “è vietato circolare in bici sui marciapiedi e c’è l’obbligo di servirsi della pista ciclabile

E’ una campagna importante, come sempre quando si parla di sicurezza e soprattutto se è rivolta all’utenza debole della strada: per questo motivo vorremmo portare il nostro contributo.

A Modena la rete ciclabile è composta sia da piste ciclabili – percorsi dedicati esclusivamente alle bici – che da ciclopedonali – spazi a bordo strada condivisi da pedoni, carrozzine, cani, monopattini, ciclisti, cargobike etc – .

Vista la conflittualità di questi percorsi, la normativa dal 1999 stabilisce che in città “i ciclopedonali possono essere realizzati solo in particolari situazioni, in assenza di centri attrattori, con scarsa presenza di pedoni e, se non esistono alternative, per brevi tratti. Comunque devono avere una larghezza superiore a 3,00 metri.

Il Comune ha dichiarato che i ciclopedonali a Modena costituiscono 42% del totale dei percorsi. Di questi solo pochi superano i 3 metri di larghezza e una parte non supera nemmeno i 2 metri.

A nostro parere, per la sicurezza, i ciclisti non devono utilizzare i marciapiedi ma, con l’attuale rete di ciclopedonali, vengono costretti a spostarsi in spazi ridotti e promiscui, assieme a pedoni, cani, carrozzine, monopattini. Gli stessi spazi che sono occupati anche da centraline telefoniche, distributori di sigarette, caprette di bar ristoranti ed edicole, cestini, cartelli stradali e pericolosi paletti.

Il transito appare ancora più conflittuale e difficile nei ciclopedonali di via Amendola, via Della Pace o via Gobetti che, per lunghi tratti, non superano i 2 metri di larghezza, non rispettano alcuna norma di legge e sono pericolosi sia per i pedoni, che per i ciclisti.

Non a caso il Codice della Strada obbliga i ciclisti ad usare solo le piste ciclabili e non i ciclopedonali.

Fiab Carpi – un piano per non tornare alla mobilità di prima

La Fiab – Federazione italiana Ambiente e Bicicletta di Modena ha inviato, lo scorso 6 maggio, al Comune di Carpi un piano di azione per la realizzazione urgente di una Rete di Mobilità d’Emergenza (RME). Il documento delinea alcune possibili soluzioni tese a favorire una mobilità dolce e a scongiurare il rischio di un ritorno massivo all’uso della propria automobile dopo i mesi di stop legati all’emergenza sanitaria.

Come? Garantendo più spazio a pedoni e ciclisti, riducendo la velocità delle auto e promuovendo la cultura del biketowork e del biketoschool alla riapertura delle scuole. Il piano tracciato dalla Fiab contiene numerose proposte e suggerimenti per collegare in modo snello e veloce i principali centri di interesse cittadini (centro storico, stazione ferroviaria, polo scolastico, polo sportivo, centri commerciali, ospedale) e per percorrere le principali direttrici nord/sud ed est/ovest lungo percorsi conosciuti e in piena sicurezza a piedi, in bicicletta o con mezzi di micromobilità.

La soluzione più semplice ed efficace per rendere più scoroicuro il traffico urbano è certamente quella di rallentare la velocità dei veicoli dagli attuali 50 km/h ai 30 km/h in tutta la città, rotonde comprese, con la sola esclusione delle tangenziali e delle strade su cui prevale il traffico di transito e nelle quali sarà però necessario ricavare spazi per pedoni e ciclisti riducendo la larghezza delle corsie dedicate alle auto. “In questo modo – spiega Piero Busso, della sezione carpigiana di Fiab – l’incidentalità cala drasticamente così come la gravità dei sinistri. E’ però necessario spiegare alla cittadinanza tali interventi di moderazione del traffico e la loro utilità così come fanno nel resto d’Europa dove il 20% della spesa necessaria per realizzare modifiche o introdurre novità in tema di viabilità è destinato proprio alla comunicazione”.

Sono nove le azioni a cui Fiab Modena dà la priorità e riguardano le vie Volta, Pezzana, Remesina Interna ed Esterna, Ugo da Carpi, Manzoni, Bortolamasi, Peruzzi, Marx e Aldo Moro interna e le sottostrade di via Cattani.

“Anche qualora l’Amministrazione non ritenga opportuno istituire una zona 30 estesa a tutto il centro urbano – prosegue Piero Busso – proponiamo comunque di restringere le carreggiate, dove possibile, realizzando, come previsto dal nuovo Decreto Rilancio, una semplice linea bianca di demarcazione a bordo strada per delimitare così le corsie ciclabili monodirezionali su entrambi i lati di marcia. Un intervento a bassissimo costo che può fare davvero la differenza dal momento che gli automobilisti vedrebbero costantemente i ciclisti e, rendendosi conto della velocità con cui viaggiano, chissà che non venga loro la voglia di tirare fuori la due ruote dal garage. Un’altra misura necessaria è poi quella di trasformare le ciclabili bidirezionali in monodirezionali per scongiurare così pericolosi incroci fra gli utenti”.

La rete ciclopedonale carpigiana è spesso tortuosa e difficilmente identificabile, a causa di una segnaletica inadeguata, e pertanto è poco conosciuta dalla maggior parte dei cittadini. Per superare tale gap, Fiab propone di far percorrere itinerari già noti, soprattutto nei collegamenti, perlopiù rettilinei e resi più sicuri grazie alla realizzazione di alcuni semplici interventi, anche ai ciclisti.

“Le piste ciclopedonali – sottolinea Busso – sono un assurdo tutto italiano: per favorire l’utilizzo delle bici occorre togliere spazio alle auto, non ai pedoni, i quali hanno a loro volta il diritto di muoversi in sicurezza. Queste soluzioni spurie non le troviamo in nessun altro paese europeo, poiché sono previste dal Codice della Strada solo in rari casi, come dentro ai parchi ad esempio. A Carpi, invece, si snodano per decine di chilometri ma la convivenza coi pedoni è tutt’altro che semplice. Spesso ci si imbatte in persone  a spasso col cane o che camminano con le cuffie alle orecchie o parlano al cellulare… tutte situazioni di potenziale pericolo. La filosofia che ha guidato il nostro progetto è quello di restituire i marciapiedi ai pedoni e di rendere le strade anche a misura di ciclista. In questo modo chi opta per la due ruote si potrà spostare in modo veloce e sicuro su assi viari che conosce bene, abbandonando i fondi scivolosi e spesso pieni di ostacoli o di curve a gomito di certi percorsi ricavati sui marciapiedi, e senza dover più scendere dalla bicicletta in prossimità degli attraversamenti, altra limitazione che esiste solo nel nostro Paese”.

Andare in bicicletta fa bene alla salute e all’ambiente e quindi ben vengano gli incentivi previsti da Comune e Regione: “gli italiani posseggono più auto di qualsiasi altro paese europeo, il 30% della popolazione è obesa e l’Italia ha la più alta percentuale d’Europa di bambini in grave soprappeso, tanto che le malattie legate alla sedentarietà incidono sulla spesa sanitaria per il 9%. Per non parlare poi dell’inquinamento dell’aria… Sono quindi estremamente favorevole a questi incentivi, eccezion fatta per quelli destinati alle auto elettriche poiché incentivano comunque la presenza di veicoli sulla strada, peraltro molto silenziosi e dunque pericolosi per pedoni e ciclisti. Il nodo cruciale però resta: puoi comprare una bicicletta a pedalata assistita o un monopattino elettrico ma se poi non sai dove utilizzarli, il risultato non cambia”.

Proposta per la RME – Carpi

Zona 30: un rischio calcolato

Il governo ha deciso che sotto il tasso di contagiosità del coronavirus di 1 si potranno riaprire altre attività come i teatri od i cinema. Si accetta quindi un rischio calcolato, visto che il rischio zero comunque non esiste in nessuna attività umana.

Traslando il concetto nell’ ambito della incidentalità stradale sappiamo che in Italia muoiono 3300 persone all’anno in strada, mentre l’obiettivo concordato con l’Europa era di arrivare a “soli” 2000 quest’anno. Questo è il limite calcolato come inevitabile, mentre i rimanenti decessi sono quelli su cui possiamo incidere, come hanno fatto i paesi che ci sono riusciti lavorando soprattutto sulla velocità degli autoveicoli in ambito urbano, che è causa principale sia della incidentalità che della mortalità. Tutti gli studi al mondo concordano che un pedone o ciclista se colpito da un’auto a 50 km/h ha il 90% della probabilità di morire, mentre se colpito a 30 km/h ha solo il 10% di subire le massime conseguenze. Ed è per questo che tutti i paesi stanno adottando sempre più in ambito urbano il limite dei 30 km/h.

In queste strade non c’è più bisogno di separare il traffico motorizzato da quello ciclistico, perché la sicurezza è insita nei comportamenti, e quindi la ciclabilità e la pedonalità aumentano naturalmente e, in un circolo virtuoso, maggiori pedoni e ciclisti per strada obbligano le auto a rispettare davvero i limiti, molto più di dossi e restringimenti (che comunque vengono adottati).

E’ più sicuro anche per gli automobilisti che sono ancora i 2/3 dei morti della strada: International Transport Forum calcola che un impatto ad 80 km/h è causa di morte molto probabile per l’autista, mentre la percentuale cala esponenzialmente al calare della velocità (solo il 10% a 50km/h, 20% a 60 km/h). Se ne deduce che un incidente tra due auto a 50 km/h produce effetti molto, ma molto più devastanti che ed uno a 30 km/h.

Insomma, il nostro numero magico 30 non è un vezzo, ma è il rischio calcolato che azzera (quasi) le morti evitabili solo perché l’auto stava andando ad una velocità non compatibile con la presenza diffusa e prevedibile di pedoni, ciclisti e di altre auto. L’attuale limite generalizzato in città a 50 km/h invece induce i guidatori a ritenere che questa velocità sia sicura per sé e per gli altri.

Risultato: Helsinki ed Oslo (600.000 abitanti) da quest’anno hanno tutte le strade cittadine a 30 all’ora (a parte qualche dorsale a 50 km/h) ed ZERO morti nel 2019. Roma (2.800.000 abitanti) ha contato anche l’anno scorso 143 morti (di cui 57 pedoni). E’ ancora un rischio accettabile?