Le ciclabili non le usa nessuno. Davvero?

“Se costruisci piste ciclabili, i ciclisti arriveranno”. L’urbanista danese Mikael Colville Andersen ci ricorda che questo è successo ovunque è stata costruita una infrastruttura ciclabile significativa.
 
Un esempio nostrano? A Milano il 21 novembre 2019 il 75% dei veicoli che transitavano lungo Corso Buenos Aires erano automobili e solo il 5% biciclette. Due anni dopo, con la nuova ciclabile, il 18 novembre 2021, il numero delle auto è crollato (58%) mentre le bici e monopattini sono schizzati al 21%. E tra le 6 e le 22 di un giorno feriale sono stati 6.471 (molto di più che nei giorni festivi). La conclusione è una sola: la ciclabile è ampiamente utilizzata da lavoratori e studenti.
 
Eppure, nei discorsi da bar social sentiamo dire che le ciclabili non le usa mai nessuno. Questo capita anche perché chi guida non considera che le bici occupano poco posto e che quando i cittadini pedalano in ciclabile sono fuori dal suo angolo visuale.
 
E’ quindi necessario contare gli effetti di una nuova infrastruttura per smontare questi (pre)giudizi. Prima e dopo la realizzazione bisogna sapere quante persone la percorrono, in che orari, quanti sono stati gli incidenti, quanto sono variate le vendite dei negozi prospicenti, quanto è aumentato il valore immobiliare degli appartamenti. Solo così si potranno avere argomenti inconfutabili per confermare le scelte, riproporle in nuovi ambiti o correggere ciò che non ha funzionato.
 
Ad esempio, dopo la realizzazione della ciclabile in via Giardini sono aumentati i ciclisti? O sono diminuiti i negozi? E le nuove corsie in Via Morane sono davvero così pericolose come vengono dipinte, o l’incidentalità è diminuita dopo la loro realizzazione? Sarebbe bene che l’Amministrazione si facesse forza con questi dati tangibili per comunicare ai cittadini gli effetti delle proprie scelte.
 
Le amministrazioni non dovrebbero ormai aver dubbi: fate infrastrutture ciclabili adeguate (non vecchie ciclopedonali anni 90 come continuiamo tristemente a vedere) e i ciclisti arriveranno. Così come il consenso elettorale, come hanno dimostrato tutte le città italiane e straniere in cui si è investito in ciclabilità e vivibilità pedonale.
 
Ed anche il fatto che per certe strade si contino pochi cittadini in bici non può essere usato come argomento per non fare investimenti. Se due città popolose fossero divise da un fiume, direste che un ponte non serve perché non ci sono mai persone che transitano sull’unica passerella tibetana esistente?