Regione Emilia Romagna: briciole alla mobilità sostenibile

E poi c’è la questione degli stanziamenti per le infrastrutture, che a partire dalla Regione per finire a Modena, privilegiano ancora una volta quelle direttamente rivolte alla “immobilità automobilistica” e bisogna dirlo forte contro quella non motorizzata. Ovvero investimenti ancora una volta sostanziosi per rotonde, by pass, bretelle, allargamenti di sezioni stradali per “fluidificare “il traffico che sono “contro” la mobilità!

Sono contro la salute, sono contro la libertà di movimento! Sono contro le disabilità motorie, la cecità, la sordità, la vecchiaia, la giovinezza, i bambini, le disabilità psichiche, i lavoratori, le donne!  E sono contro anche il trasporto pubblico! Possibile che ancora siamo al finanziamento di infrastrutture che invece di contenere il traffico motorizzato lo alimentano? Che invece di prevenirlo lo stuzzicano?

Per sommi capi questi i finanziamenti annunciati dalla regione

  • 5,3 Miliardi (78%) – infrastrutture stradali tra cui il passante di Bologna, e i nodi di Rastignano e Casalecchio, le tangenziali di Mirandola e Forlì, l’hub portuale di Ravenna ed altre strutture stradali da Piacenza a Rimini per snellire il traffico ed abbattere lo smog
  • 1,4 Miliardi (20%) – Trasporto Pubblico
  • 134 milioni (2%) – mobilità non motorizzata ed efficientamento energetico

Insomma, di fatto un’elemosina per la mobilità sostenibile: quando tutte le città padane (ad  esempio) sono senza marciapiedi degni di questo nome che a fatica raggiungono sì e no il metro di larghezza. Marciapiedi senza manutenzione da decenni, costruiti con tutti i materiali possibili ed immaginabili, che ti fanno scivolare con la pioggia, che ti fanno strascicare per la rugosità, inciampare per crepe e dislivelli eccessivi con la sede stradale, impossibili da praticare per chi è sulla sedia a rotelle o è anziano. Che non ti permette di prendere per mano tuo figlio, neanche abbracciare tua moglie e la fidanzata tanto son striminziti e oltretutto anche ciclopedonali in entrambi i sensi di marcia!

Strade e viali senza panchine (e ce ne vorrebbe almeno una ogni 400 mt), a volte senza alberi e verde. Non ci sono piazze nelle aree costruite negli ultimi 70 anni, né fontane e fontanelle. Aree pedonali solo nei centri storici, aree a traffico limitato solo a ridosso di quest’ultimi. Non ci sono portabiciclette neanche nelle stazioni; nei centri commerciali sì e no poche decine e solo quelli che ti devi ribaltare con il culo in aria per legare la catena e neanche vicino alle scuole, alle biblioteche, in tutte le zone residenziali e per uffici, nei pressi degli impianti sportivi, di fronte ai tribunali, all’ospedale ed alle ASL.

Ancora finanziamenti che paiono beneficiare solo e soltanto le (solite) imprese di costruzione, senza nessuna ricaduta di lungo termine  sul tessuto economico e sociale, anzi contro l’economia ed il sociale! La proposta in via di realizzazione a  Parigi di una città a 15 minuti, ovvero dove entro questo tempo  di percorrenza puoi trovare  e soddisfare i tuoi bisogni quotidiani sarebbe destinata al fallimento se non si investisse appunto sulla riqualificazione dei marciapiedi e sulla ciclabilità (e di tutto quello che c’è sotto – dalla posa della fibra ottica, alle linee elettriche, fogne, gas etc), di aree a zone trenta e ed anche 20, di isole ambientali, di alberature, di spazi pubblici.

E per fare questo ci vogliono soldi e tanto lavoro: lavoro manuale, di progettazione architettonica ed ingegneristica, di progettazione di paesaggio urbano, di ricerca per nuovi materiali e nuove soluzioni che tengano conto della compatibilità ambientale, del climate change………E ci vogliono anche grandi oltre a quelle medie e piccole. Ci vogliono anche tanti “archigiani!

Insomma, per chi vuol vedere e non è attratto solo dal potere dei soldi e da una cultura che guarda solo ai bisogni ed alla soddisfazione dei soliti noti, dal brum brum, dalla velocità, dal parcheggio sotto casa e dappertutto, dobbiamo ribadire e far presente con forza che  già da tempo c’è un mondo nuovo, una prateria di bisogni urbani di almeno due generazioni di cittadini insoddisfatti ed almeno altre due di quelle che verranno. Cittadini che vogliono una città che non sia solo e prevalentemente per il traffico motorizzato, ma per le persone. Se permettiamo che si vada avanti “business as usual”ci ritroveremo delle città che potranno solo chiamarsi omile1, giusto per non confonderle con altre più dignitose comunità del regno animale.  Meglio allora il gattile o il canile ed anche l’ovile che nel confronto vincerebbe di gran lunga quest’ultimo.

 

1Danilo Dolci, sociologo, pedagogista ed antifascista, con il termine “omile”, indicava la degenerazione della città che si verifica quando le persone non stanno davvero insieme, ma semplicemente si ammassano un uno stesso luogo; vivono l’uno accanto all’altro e basta. La città diventa omile quando perde lo spazio pubblico, la democrazia vera, la gentilezza, la civiltà, la bellezza, la forza dei legami interpersonali.

Lorenzo Carapellese – Urbanista
Componente del Direttivo FIAB Modena

Commercio e parcheggi: binomio indissolubile?

Nei giorni scorsi a Modena che a Carpi i commercianti si sono lamentati perché ciclabili e ZTL previste dai nuovi PUMS porterebbero a perdite di posti auto nei pressi dei negozi. Paventano una perdita di attrattività, che però non vediamo supportata da numeri: ad esempio, a distanza di 5 anni, la pur criticabile ciclabile di via Giardini ha prodotto chiusure di attività e calo di fatturato?

In attesa di riscontri, rileviamo come negli ultimi decenni in Italia si siano creati enormi outlet alle uscite delle autostrade, ricostruendo finti centri storici in cartongesso dove le persone possono passeggiare con calma e guardare tutti i negozi, ritrovandosi in una Italia “anni 50”, senza l’assillo del rumore, del traffico, del parcheggio abusivo ed invasivo fin dentro le vetrine. Nel frattempo, tutto questo degrado l’abbiamo invece riservato ai veri centri storici, che infatti vedono tutti i giorni qualche vetrina chiusa in più.

Quando commercianti e cittadini si lamentano delle zone pedonalizzate, dovrebbero sapere che in tutto il mondo queste operazioni hanno portato benessere alle zone interessate, rivitalizzando il commercio e rivalutando il valore delle abitazioni. Certo, sono operazioni che vanno fatte con progettualità, condivisione e gradualità, ma perché non dovrebbero funzionare anche in Italia?

Scrive l’urbanista Claudio Borsari nell’articolo “il piccolo commercio muore nei parcheggi”: non è la presenza o assenza di parcheggi a decretare il proliferare dei centri commerciali e le difficoltà del Centro Storico, ma è il modello di vita auto-centrico che decreta il successo delle medie e grandi superfici di vendita rispetto ai piccoli negozi.

Gianluca Diegoli, uno dei maggiori esperti italiani di marketing attento alle evoluzioni del commercio, invece racconta: “ … sono tornato da Copenhagen. Cosa mi ha colpito? Come sempre a nord, l’accogliente panchina davanti ai negozi … e l’uso delle bici, ovviamente, e il silenzio conseguente che ti fa godere la città in modo meraviglioso. Sono tornato a Modena questa settimana e mi sembrava fosse Nuova Delhi, dal rumore e dal traffico che c’era.”

Proprio tutto quello che manca in Italia, spazio vivibile davanti ai negozi e tranquillità per fare gli acquisti. Commercianti, siamo proprio sicuri che queste pedonalizzazioni siano un danno per le vostre attività?

Perché è importante che le città siano “camminabili”.

Passeggiando per le piccole strade del centro storico di città, ci si confronta spesso con il suo peggior nemico: la macchina. Il veicolo rende difficoltosa la tranquillità del pedone soprattutto quando i marciapiedi raggiungono la loro massima capacità con una persona.

Quanto più camminabile è una città, maggiori e forti sono i legami che si generano all’interno della comunità cittadina, dall’incentivare le piccole attività commerciali, alla sicurezza percepita, alla possibilità di lasciare che i bambini raggiungano la scuola a piedi riaffermando le loro relazioni sociali. Secondo lo studio americano (Walk this Way) che analizza l’impatto economico che ha la pedonalizzazione; i luoghi pedonali urbani posseggono un’economia molto più attiva rispetto ai “non pedonali”.

Per questo le amministrazioni pubbliche dovrebbero incoraggiare un maggior livello di pedonabilità, non solo per i benefici alla salute e all’ambiente associato al camminare, ma anche perché, rendere le aree cittadine camminabili genera attività economica, incrementa i valori delle proprietà immobiliari e del turismo, migliora la mobilità e aumenta la qualità di vita dei cittadini. I residenti dei luoghi con più aree pedonali hanno minori costi di trasporto e una maggiore accessibilità ai trasporti stessi.

Un buon livello di pedonabilità di una città, dal centro alle periferie, si stabilisce quando è in grado di promuovere un buon flusso pedonale, con strade e viali che permettano un uso misto tanto di biciclette come di automobili ed il facile raggiungimento di parchi e luoghi ricreativi. Sono le aree dove la macchina circola al massimo ai 30 km orari e dove i bambini possono giocare liberi e sicuri. Come realizzarle? Attraverso una prospettiva integrata della funzionalità dei diversi spazi pubblici ottenendo criteri di gerarchizzazione degli luoghi, con “corridoi urbani” che garantiscono la loro intercomunicazione e l’istituzione di un strutturato programma di intervento pedonale.

Una città di giochi, feste, scambi economici, manifestazioni politiche…senza questo la città in sostanza non esisterebbe.

Marina Beneventi

Mobilità ciclabile: sfatare alcune leggende metropolitane

attraversamento ciclabile

attraversamento ciclabile

Nelle città intasate dalle automobili, la circolazione di veicoli dotati di velocità diverse costituisce uno dei principali fattori di incidentalità: i mezzi più veloci tendono a occupare ogni spazio disponibile e a sopraffare quelli più lenti. Questa situazione conflittuale si acutizza osservando che si sono radicate e diffuse alcune false credenze che nulla hanno a che vedere con quanto stabilito dalle norme. Tre casi chiariranno il concetto.

Aree pedonali: i ciclisti devono condurre la bici a mano. Falso.
In tali zone la circolazione è consentita – oltre ai pedoni – ai veicoli di emergenza, ai velocipedi e ai veicoli al servizio di persone con limitate o impedite capacità motorie, nonché eventuali deroghe per i veicoli ad emissioni zero aventi ingombro e velocità tali da poter essere assimilati ai velocipedi. Pertanto, occorre una segnaletica apposita per imporre ulteriori restrizioni alla circolazione su aree pedonali (art. 3, comma 2).

Attraversamento ciclabile: i ciclisti possono passare quando il flusso veicolare si arresta. Falso.
In presenza dell’apposita segnaletica orizzontale che indica la continuità del percorso ciclabile, i ciclisti in transito dall’uno all’altro lato della strada godono sempre della precedenza rispetto agli altri veicoli (art. 40, comma 11).

Ripartenza agli incroci semaforizzati: i ciclisti devono fare spazio agli autoveicoli. Falso.
Allo scattare del verde i veicoli a motore devono dare la precedenza ai ciclisti, compatibilmente con la direzione scelta (art. 41, comma 9). Ad esempio se il ciclista prosegue diritto e l’automobilista svolta a destra, il ciclista ha la precedenza.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it