Il paradosso di Modena

È passato un anno da quando il rapporto Ecosistema Urbano 2024 ha rivelato la contraddizione di Modena, che nell’estate del 2025 si trova ancora a un bivio cruciale. La città si è classificata al 27º posto nazionale per sostenibilità urbana, con buona presenza di ZTL e piste ciclabili, ma è scivolata al 95º posto per incidenti stradali, diventando maglia nera regionale per pedoni investiti.

In seguito, i dati Istat consolidati per il 2024, presentati a luglio 2025, sono stati impietosi: la provincia di Modena ha contato 41 decessi, seconda solo a Bologna in regione, con il record negativo di 10 pedoni uccisi. Il costo sociale è di quasi 85 milioni di euro, con un impatto pro capite di 462 euro, superiore a Bologna (393 euro).

Modena rappresenta al massimo il prototipo della “città virtualmente sostenibile”: ha investito nell’hardware della mobilità dolce, ma non è riuscita a scalfire la cultura automobilistica radicata. È la sindrome delle città medie italiane del boom economico: l’auto non è solo trasporto, ma simbolo di status, estensione dell’identità, conquista sociale sedimentata in decenni di benessere. Mentre ZTL, piste ciclabili e mezzi pubblici vengono percepiti più come concessioni alla modernità che alternative desiderabili all’uso dell’auto privata.

Questa cultura si riflette nell’urbanistica del “et et” invece che dell'”aut aut”: ZTL estese coesistono con alto tasso di motorizzazione, piste ciclabili si sviluppano parallele alle strade ad alto scorrimento, il trasporto pubblico compete senza vincere. Il caso Modena dimostra che la sostenibilità non si raggiunge per addizione di elementi virtuosi, ma richiede sottrazione radicale di quelli critici. Serve uno “shift modale strutturale” che renda l’auto il mezzo meno conveniente rispetto a bici e mezzi pubblici.

Per cambiare le dinamiche della mobilità le politiche devono essere selettive e non addizionali: se si aggiungono nuove modalità di transito, senza togliere parcheggi e priorità al traffico privato, i cittadini continueranno per comodità ad usare l’auto. Se i cittadini possono transitare e parcheggiare ovunque davanti ad ogni destinazione, perché dovrebbero cambiare le loro abitudini? In ogni città europea che ha fatto con successo queste operazioni, i marciapiedi, le piste ciclabili e corsie bus hanno tolto spazio a parcheggi e corsie di transito.

Modena non è un’anomalia, ma il perfetto emblema di un modello urbano contraddittorio. Finché questa contraddizione non si risolverà, Modena rimarrà un paradosso vivente in attesa di cura.

Violenza stradale: non freddi numeri, ma nomi e cognomi.

Ai primi giorni di agosto, all’osservatorio di ASAPS risultano 141 decessi tra i ciclisti: di questi quasi la metà (68) erano over 65, ed in 14 casi i conducenti sono fuggiti. Nei primi sei mesi del 2025 è stato rilevato un incremento di ciclisti morti del 21,8% rispetto al 2024.

Freddi numeri? Nemmeno per sogno, andiamo a conoscere solo quelli dell’ultima settimana.

Tre persone travolte a Terlizzi in Puglia appartenenti alla sezione locale dell’Avis, erano molto conosciuti nella comunità di Andria. Antonio Porro, 70 anni, imprenditore fondatore di una torrefazione. Sandro Abruzzese, 30 anni, lavorava come assicuratore, mentre Vincenzo Mantovani, 50 anni, titolare di un’officina lascia una moglie e due figlie. Dopo una settimana di lavoro e volontariato, il gruppo era solito pedalare la domenica: sono stati travolti da un ragazzo 30enne che stava per raggiungere alcuni amici a Bari per le vacanze.

Dal sud ci spostiamo al nord per raccontare di uno scontro stradale che ha spezzato la vita di Deborah Rolando, 48 anni, un compagno e 3 figli di 18, 16 e 15 anni, ed era la titolare del bar «Vecchio mulino» a Crevoladossola dove viveva sopra il locale da oltre dieci anni. Come quasi tutti i giorni era in sella alla sua bici e, secondo le prime ricostruzioni, è stata travolta da un 23enne alla guida di furgone impegnato in una manovra di sorpasso di tre auto.

Ecco, su quelle bici non ci sono radical chic che non hanno nulla da fare di meglio, ma persone normali, che lavorano, pagano le tasse, contribuiscono al benessere della comunità e che hanno tutto il diritto di occupare la strada, anche solo per divertimento, con il mezzo che preferiscono.

Purtroppo, anche nei commenti social alla tragedia di Terlizzi, i ciclisti uccisi vengono derisi, umiliati, insultati. Ci tocca ancora sentire che se la sono cercata, che la strada è di chi lavora, che i ciclisti fanno solo perdere tempo, quando basta leggere le cronache per rilevare che spesso gli investitori non avevano nulla di più “importante” da fare di chi è stato investito (anzi spesso è il contrario).

È quindi necessario ribadire che la strada è di tutti, e che in questo paese rivendichiamo la libertà di scegliere il mezzo con cui spostarci senza rischiare ogni giorno la vita. Perché invece sulle strade italiane vige la legge del più forte (o il Codice della Strage): è una emergenza nazionale che ci interessa solo quando scopriamo che sono anche amici, parenti, conoscenti, colleghi di lavoro. E allora, poi, scatta l’empatia. “Una tragedia. RIP in pace, Angelo”.

Zero morti sulla strada: non è più un’utopia

Mentre Modena conquista il triste primato regionale di pedoni investiti mortalmente, la capitale finlandese, Helsinki, festeggia un risultato storico: zero vittime della strada in un anno intero. Un traguardo che per una città di quasi 700.000 abitanti non è frutto del caso, ma di una strategia precisa, coraggiosa e, soprattutto, replicabile. Una lezione utile per la nostra città, da studiare con la massima attenzione, proprio mentre, come parte della rete “Modena 30”, chiediamo con massima urgenza il limite dei 30 km/h nelle aree attorno alle scuole

Il segreto del successo di Helsinki non risiede solo nell’abbassare i limiti di velocità: 30 km/h in quasi metà delle strade, specialmente nelle aree residenziali e vicino alle scuole. La vera rivoluzione è stata un approccio “data-driven”: la città si è dotata di una rete di sensori, ha analizzato sistematicamente i dati sugli incidenti e ha usato strumenti predittivi per capire dove e perché le regole non venivano rispettate. Sono state utilizzate mappe di rischio e sondaggi sulla sicurezza percepita per pianificare le priorità.

Grazie a questa profonda conoscenza, sono state modificate le infrastrutture. Strade volutamente più strette, alberature e un design urbano più complesso costringono chi guida ad abbassare la velocità in modo naturale. Le intersezioni sono state riprogettate per proteggere i più vulnerabili – famiglie con bambini, anziani, chi si sposta a piedi o in bici – con attraversamenti rialzati e chiara segnaletica visiva. Inoltre, il trasporto pubblico è stato potenziato per ridurre il numero di auto in circolo. Vengono coinvolti anche cittadini, associazioni e istituzioni in processi partecipativi e campagne di educazione stradale.

Si è passati così da una mera logica punitiva a una progettuale, rendendo la sicurezza una conseguenza di un intero sistema città che ha un effetto calmante sulla guida.

L’esempio di Helsinki dimostra che “Vision Zero”, obiettivo dell’Unione Europea di zero morti sulle strade urbane per il 2050, non è un’utopia. Modena ha già uno strumento per iniziare questo percorso: il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS). È proprio all’interno del PUMS che questa visione può e deve essere integrata. Ampliando gli interventi settoriali, il Comune può adottare un approccio sistemico come quello finlandese: utilizzare i dati non solo per monitorare, ma per progettare attivamente la sicurezza, modificando le strade e lo spazio pubblico per salvare vite. Modena ha tutti i numeri per invertire la rotta e mettere al centro la vita delle persone, per una città più sicura, sana e vivibile per tutti.

Pedoni investiti a Modena: “Basta morti sulle strade. È ora che la città cambi passo”

La notizia del tragico investimento di un signore mentre attraversava sulle strisce pedonali in via Morane era arrivata proprio mentre, come associazioni impegnate per la sicurezza stradale, stavamo analizzando l’ennesimo, drammatico dato presentato dall’Assessora Regionale alla Mobilità, Irene Priolo: Modena e la sua provincia detengono la maglia nera in regione per numero di pedoni investiti, con un aumento di incidenti e feriti in netta controtendenza rispetto al resto dell’Emilia-Romagna [1].

Impariamo oggi che quel signore si chiamava Lanfranco Bergamini, aveva 78 anni ed è morto in ospedale dopo un’agonia di diversi giorni a causa di quello stesso scontro.

Dietro ai freddi numeri che lasciano spesso indifferenti e a cui siamo purtroppo abituati, ci sono persone con nome e cognome, le loro famiglie e i loro cari a cui vanno le nostre condoglianze, ma di fronte a questi numeri non si può non andare oltre al dolore per capirne le cause e trovare soluzioni vere e durature a problemi sistemici.

Questi dati seguono di pochi giorni la morte di Maria Sivio, un’altra persona anziana investita a Castelnuovo Rangone. Una terribile sequenza che conferma ciò che denunciamo da anni: non sono fatalità, ma tragedie annunciate, frutto di un modello di città che continua a privilegiare la velocità delle auto a scapito della vita delle persone.

Mentre altre città come Bologna invertono la rotta con la ‘Città 30’ e vedono calare gli incidenti, Modena peggiora, collezionando una tragica maglia nera per numeri di morti (in particolare persone a piedi) generando un costo sociale di 84.940.228 euro pari a 462 euro pro capite, contro i 393 di Bologna. Non è più tempo di timide promesse, ma di un’azione decisa e provata: rendere Modena una Città 30 per salvare vite e creare spazi più vivibili per tutte le persone.

Le cause degli scontri stradali sono quasi sempre le stesse, come confermano i dati ISTAT: eccesso di velocità e distrazione alla guida, aggravate da un’infrastruttura stradale che non protegge a sufficienza gli utenti più vulnerabili.

Il nostro sentimento, oggi, è un misto di dolore e rabbia, perché constatiamo la mancanza di una reale percezione della gravità sociale di questo problema. Basta con le scuse: non vogliamo più sentirci dire che mancano le risorse o che la soluzione sia solo “educare gli utenti”. Non è più accettabile, mentre le persone rischiano la vita per il semplice gesto di attraversare una strada. Servono azioni coraggiose che dipendono unicamente dalla volontà politica locale.

Proponiamo due interventi prioritari:

  1. Un piano straordinario per la sicurezza degli attraversamenti
    Chiediamo di destinare ogni risorsa disponibile a un programma di messa in sicurezza di tutti gli attraversamenti pedonali, partendo da quelli vicini a scuole, parchi, ospedali e centri per anziani. Gli interventi devono includere:

    • Attraversamenti rialzati
    • Chicane
    • Marciapiedi avanzati (“orecchie”)
    • Isole salvagente e spartitraffico
    • Segnaletica orizzontale e verticale ad alta visibilità e durabilità
  2. Controlli sistematici e costanti
    La Polizia Locale deve essere impiegata in modo mirato e continuativo, 365 giorni all’anno, con pattuglie dedicate a:

    • Verificare il rispetto della precedenza ai pedoni sulle strisce, sanzionando chi non rallenta o addirittura non si ferma e chi parcheggia in prossimità, ostacolando la visibilità.
    • Verificare il rispetto dei limiti di velocità, in tutte le strade incluse, le zone 30 e davanti alle scuole.
    • Reprimere l’uso del cellulare alla guida, una delle principali cause di distrazione.
    • Controlli frequenti su auto in sosta irregolare che occupano marciapiedi, ciclopedonali o ciclabili, creando ostacoli per gli utenti più deboli.

Le campagne di sensibilizzazione spot non bastano più. Chiunque guidi sa quanto queste norme di civiltà siano sistematicamente violate, a fronte di una repressione del tutto inadeguata alla dimensione del fenomeno.

L’obiettivo a lungo termine deve essere quello di avere strade urbane che costringono a moderare la velocità, non che lo permettono soltanto. Per questo chiediamo:

  • L’istituzione del limite di 30 km/h sulla quasi totalità della rete stradale urbana, seguendo l’esempio virtuoso di Bologna [2], che ha già registrato ottimi risultati in termini di riduzione di scontri, morti e feriti.
  • Come primo passo, non più rimandabile, proponiamo una sperimentazione immediata per la creazione di “Aree Scolastiche Sicure”. Questa misura prevede l’introduzione e l’effettivo controllo del limite di velocità a 30 km/h e attraversamenti rialzati in un’area estesa per almeno 500 metri attorno a tutti gli istituti scolastici. Tale provvedimento si affiancherebbe e rafforzerebbe le “zone quiete scolastiche” – ovvero le chiusure al traffico motorizzato almeno negli orari di entrata e uscita, già previste dal Codice della Strada – con lo scopo di trasformare i percorsi casa-scuola in tragitti sicuri, incentivando la mobilità attiva e l’autonomia di bambini e ragazzi.

Chiediamo infine che il Comune di Modena adotti formalmente la “Vision Zero” come principio guida delle sue politiche sulla mobilità. L’unico obiettivo accettabile è zero vittime sulla strada. Il Comune deve investire in una grande campagna culturale per promuovere un nuovo patto di convivenza stradale. E le associazioni di Modena 30 sono pronte a collaborare.

Perché la sicurezza di persone che si spostano a piedi, in bicicletta o coi mezzi pubblici non è una questione di parte, ma il principale indicatore della civiltà di una comunità.

Fonti:
[1] https://mobilita.regione.emilia-romagna.it/notizie/attualita/sicurezza-stradale-scende-il-numero-di-vittime-e-feriti-in-emilia-romagna-22-e-3-negli-ultimi-cinque-anni/documenti-allegati/relazione-incidenti-2024.pdf/@@download/file

[2] Bologna Città 30 Città 30, i dati dei primi 6 mesi del 2025 | Comune di Bologna

[3] Vision zero: a Helsinki un anno senza morti sulle strade: https://yle.fi/a/74-20174831