Bologna Città 30, una ricetta vincente

La Città 30 salva vite, incentiva la mobilità attiva e riduce lo smog. In sintesi non ha controindicazioni: fa solo del gran bene alle persone e all’ambiente, e a confermarlo sono i dati del primo anno di Bologna Città 30. Si dimezza il numero delle persone decedute sulla strada (10, -49% in meno), toccando su base annua il minimo storico dal 2013 a oggi (salvo il periodo Covid a mobilità limitata). Per la prima volta dal 1991 (il dato Istat più vecchio disponibile a livello cittadino), nessuna persona a piedi è stata uccisa sulle strade di Bologna: sono infatti zero i pedoni deceduti, e si riducono del 16% quelli investiti. Calano poi del 31% gli incidenti più gravi (“codice rosso”).

Come è successo nelle Città 30 di tutto il mondo, anche a Bologna è diminuito il traffico veicolare (-5%) e sono aumentati gli spostamenti in bicicletta: 1,58 milioni di passaggi ai contabici nel 2024 rispetto alla media di 1,44 milioni dei due anni precedenti, mentre il servizio di bike sharing gestito da RideMovi per la prima volta ha sfondato il muro di 3 milioni di corse in totale (1.275.558 corse in più nel 2024, +69% rispetto alla media 2022 e 2023).

Contrariamente ai timori di chi sosteneva che rallentando le auto sarebbe aumentato l’inquinamento, si è registrata una significativa riduzione del livello di NO2 (biossido di azoto), inquinante legato ai processi di combustione locali (veicoli a motore termico, impianti di riscaldamento domestico), che non si disperde facilmente. Nella centralina ARPAE di Porta San Felice, il valore medio orario di 29 µg/m3 registrato nel 2024 (al 30 novembre, ultimo dato disponibile), infatti, è in calo del 29,3% rispetto alla media annuale del 2022-2023 (41 µg/m3). In termini assoluti è il dato più basso degli ultimi 10 anni.

Sono dati importanti che fanno risaltare per contrasto anche la situazione di stasi asfittica di Modena: spostamenti in bici in calo da anni, una percezione di insicurezza diffusa e alimentata dai troppi pedoni e ciclisti falciati sulle strade e sulle strisce pedonali, incluse persone anziane e mamme con passeggini di cui non si può certamente dire “si sono lanciati sull’attraversamento”.

La cosiddetta Città 30 è ad oggi l’unica ricetta di provata efficacia di cui siamo a conoscenza per creare città più sicure, vivibili, sane, accessibili a tutti inclusi anziani e bambini: gli amministratori che la osteggiano o temporeggiano devono assumersi la responsabilità politica e morale delle morti che a causa di questa inazione non saranno evitate.

I danni del pensiero semplice: avremo imparato qualcosa?

Nelle ultime tre settimane vi abbiamo proposto una serie di articoli su alcune semplificazioni adottate negli ultimi decenni nelle nostre città che hanno prodotto diversi danni sul tessuto urbano, ed una preoccupante assuefazione dei cittadini a vivere in città sempre più brutte ed inospitali.

In quelle riflessioni sono stati semplicemente riportati gli effetti delle trasformazioni urbane già evidenti dapprima nelle città americane e poi in Nord Europa, ed alle quali anche i paesi mediterranei purtroppo si sono adeguati alla fine del Novecento. Zonizzazione delle funzioni delle città, separazione dei flussi degli spostamenti, marginalizzazione dei cittadini non motorizzati hanno dato il loro contribuito alla disgregazione di un tessuto sociale unico come quello italiano.

E’ interessante sapere che quegli articoli sono stati pubblicati originariamente nel 2010 sul nostro giornalino trimestrale “Infobici”, e risulta evidente che in questi 15 anni non è cambiato nulla nelle pratiche urbanistiche. E ciò è tanto più grave in quanto si deve prendere atto che i problemi della qualità dei rapporti nello spazio pubblico, nel frattempo, sono stati amplificati da fenomeni globali come la progressiva digitalizzazione del commercio e dei servizi (nonché delle relazioni umane), un turismo sempre più invadente, un crescente flusso immigratorio mal gestito, una economia da reinventare ed un cambiamento climatico sempre più repentino. Tutto passando da una pandemia che, oggettivamente, ha acuito ed esacerbato le tensioni e le diffidenze interpersonali.

Le città devono cambiare in fretta per adattarsi alle nuove sfide che vedono il bisogno di recuperare in ogni quartiere le funzioni di aggregazione e condivisione pacifica dello spazio: lo stanno facendo in tutta Europa e sembrano averne consapevolezza anche i tanti cittadini attivi modenesi che nei recenti laboratori partecipati hanno chiesto all’amministrazione luoghi pubblici più verdi, più accoglienti, puliti, più inclusivi di ogni età e fascia sociale, con un’urbanistica che unisce, facilità gli spostamenti e le funzioni di prossimità e non separa e riserva 80% dello spazio pubblico ad asfalto.

Perché, come scriveva il nostro presidente Giorgio Castelli nel 2010, “certamente non si può attribuire l’attuale senso di insicurezza alle sole scelte urbanistiche, ma è altrettanto certo che strade anonime producano gente anonima ed insicura”.

I danni del pensiero semplice: la gestione residuale della mobilità ciclabile/3

Riproponiamo una serie di articoli pubblicati sulla nostra rivista Infobici nel 2010, ma che ci sembrano ancora molto attuali (*).

La sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie perseguite dallo Stato. Le norme ed i provvedimenti (devono): ridurre i costi economici, sociali ed ambientali che deriva dal traffico veicolare, migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini, migliorare la fluidità della circolazione.

Questo non è il manifesto della FIAB ma il 1° articolo del Codice della Strada. Chi gestisce la mobilità urbana dovrebbe quindi privilegiare i mezzi più sostenibili, meno ingombranti e inquinanti, offrendo al cittadino la possibilità di scegliere tra andare a piedi, in bici, in autobus o in auto, a seconda degli spostamenti che deve fare. Ma per poter scegliere bisogna che tutte le modalità siano equamente confortevoli, sicure e convenienti.

Il pensiero semplice, che spesso guida le scelte degli uomini “del fare”, parte invece dalla convinzione che a piedi, in bici e coi mezzi pubblici si muovano le persone che non si devono preoccupare dei tempi di percorrenza: gli anziani ed i meno abbienti oppure tutti gli altri solo nel tempo libero. Per la loro sicurezza è quindi necessario realizzare una viabilità separata, protetti da barriere, paletti o transenne, oppure portati in alto o in basso per non attraversare il traffico auto. Provate la gimcana per bici (non si può chiamare pista) che unisce Saliceta San Giuliano a Baggiovara e che contiene buona parte delle soluzioni da pensiero semplice.

Mentre nei documenti ufficiali si afferma che le priorità sono chiare: 1° trasporto pubblico in sede propria, 2° estensione delle ciclabili, e solo 3° il potenziamento della viabilità dove vi sono gravi punti di congestione (Piano Urbano Mobilità Modena 2005), poi nella realtà non si fanno investimenti coerenti. Per Modena, ad esempio, si dovrebbero spendere per pedoni ed i ciclisti più del 13% degli investimenti dedicati alla mobilità, e dovrebbero essere presi provvedimenti che facilitino prioritariamente la loro circolazione. Invece si sprecano circa 3 milioni di euro all’anno per 30 anni per realizzare e mantenere il parcheggio del Novi Sad.

Il pensiero semplice non persegue l’armonizzazione della mobilità attraverso l’abbassamento delle velocità assolute, il freno all’uso dell’auto e l’incentivo verso gli altri mezzi e non riesce a comprendere che la qualità della vita e la fluidità del traffico urbano passa da un riequilibrio con scelte coraggiose per la tutela dei bisogni reali dei cittadini.

(*Infobici Ottobre 2010)

I danni del pensiero semplice: la gestione superficiale della mobilità/2

Riproponiamo una serie di articoli pubblicati sulla nostra rivista Infobici nel 2010, ma che ci sembrano ancora molto attuali (*).

Nello scorso articolo abbiamo visto i principali danni che il pensiero semplice provoca alla sicurezza e alla qualità della vita delle nostre città. Ma altrettanto gravi sono i danni generati dalla gestione superficiale della mobilità, che mira più alla segregazione ed alla separazione, che all’integrazione e alla convivenza dei mezzi di trasporto.

Con una visione che potremmo definire “idraulica” del traffico, si pensa che gli automobilisti seguano le stesse regole dei fluidi, dimenticando che anche i comportamenti di guida sono fortemente influenzati dalla forma degli spazi urbani. Nascono così ricette per “smaltire” il traffico, inconsciamente assimilato ai rifiuti, che generano strade extraurbane in città, con lunghi rettilinei e corsie larghe tre metri e mezzo.

Così, invece di rendere più fluido e più sicuro il traffico, si aumentano le velocità di punta dei veicoli e si permette la sosta abusiva sui lati delle strade. Salvo, poi, montare i dossi rallentatori per abbassare l’intollerabile numero di incidenti che, generalmente, sono maggiori di quelli che si verificano nel centro storico, pieno di strade contorte e di incroci senza visibilità.

Il pensiero semplice confonde la percezione della sicurezza con la sicurezza reale, dimenticando che dove ci si sente sicuri si aumenta la velocità e si rischia la propria e l’altrui vita. In una visione disattenta si riducono i marciapiedi al minimo consentito, invece che limitare le corsie stradali allo spazio strettamente necessario. In cerca di consenso, si dimentica che la normativa per la costruzione delle strade recita espressamente: “nelle strade residenziali prevale l’esigenza di adattare lo spazio strada, ai volumi costruiti ed alle necessità dei pedoni” e “in queste il progettista dovrà provvedere opportuni accorgimenti, sia costruttivi che di segnaletica, per il contenimento delle velocità praticate”.

È sconfortante vedere che la nostra città, che per secoli ha realizzato portici e piazze negli spazi centrali più preziosi, favorendo la crescita del senso civico, ora spreca territorio e risorse per far correre ed immagazzinare le automobili. Una gestione attenta richiederebbe invece una migliore integrazione tra le modalità di spostamento, per offrire ai cittadini scelte più consapevoli, centrate sulla sicurezza e sulla convivenza civile. (-continua)

(* Infobici – Luglio 2010)