Per chi sono fatte le strade?

La risposta istintiva è: “per le auto!”. Siamo abituati a pensare che pedoni e ciclisti debbano avere percorsi separati, e che le strade debbano essere progettate per rendere più fluido possibile il traffico automobilistico. E’ una delle due correnti di pensiero nella pianificazione della mobilità, ed è quella dominante in Italia tra amministratori e tecnici.

A cosa ha portato questa corrente di pensiero?

A spazi e percorsi molto ridotti per chi cammina o va in bici, compressi nelle ciclopedonali. A un numero di vittime inaccettabili per un paese civile, perché chi guida, abituato che la strada è solo a sua disposizione, non si accorge degli altri. 33 vittime della strada in provincia di Modena nel 2021, di cui un terzo pedoni e ciclisti. A velocità di guida da rally sempre che non si sia imbottigliati nel traffico, auto in sosta ovunque (anche dove non consentito), stress rabbia e frustrazione quotidiani.

Altrove, dove si sono azzerate le vittime, dove persino chi guida è contento (come in Olanda), la corrente di pensiero prevalente prevede la condivisione sistematica della strada come spazio pubblico tra bici, auto, pedoni, e la moderazione rigorosa delle velocità.

Se non siamo masochisti, la direzione da prendere è chiara.

Città 30 subito

A Modena una mamma di 52 anni che tornava sabato notte dal turno al ristorante: travolta da un SUV. A Carpi un operaio 45enne che usciva alla sera dalla fabbrica: travolto da un camion. Ancora a Modena un anziano di 89 anni in via Giardini: investito da un’utilitaria sul pedonale. Altri 3 pedoni uccisi a Modena e provincia (Vignola, Finale) nell’ultima settimana. Un vero bollettino di guerra.

Purtroppo la “città 30” per ora a Modena è solo nei convegni, o promessa “entro il 2030”: peccato che le amministrazioni decidono e rispondono solo delle cose che fanno durante la durata del loro mandato.

Almeno smettiamo da subito con le divisioni classiste “auto=lavoro” e “bici=divertimento”, per cui le infrastrutture ciclabili e la moderazione di velocità sono soldi buttati e favoriscono i fighetti in lycra che non hanno nulla di meglio da fare che rallentare chi va al lavoro in auto. È spesso tristemente il contrario: cuoche, operai, badanti, avvocati che rischiano la vita per andare al lavoro, per colpa di chi sfreccia in auto sui 2km che li separano dalla palestra o dallo spritz.

Le persone usano il mezzo che hanno, quello che ritengono più economico ed efficiente, o semplicemente l’unico che sanno guidare. In città non c’è nessun motivo per cui chi guida un’auto debba prevaricare su chi si muove in bici. Le strade sono di tutti, tutti pagano le tasse ed hanno il diritto di muoversi in sicurezza come preferiscono.

Anzi, dovrebbero essere proprio le amministrazioni a facilitare chi non inquina, non intasa le strade, non rovina l’asfalto, non assorda, non mette a repentaglio la vita altrui e pedalando si tiene in salute. Da ora, non dal 2030.

Occhio alle zebre

Quando la violenza stradale miete vittime a piedi, magari pure anziane, che attraversano sulle strisce pedonali, è una sconfitta per tutti.

Una maggiore attenzione ai pedoni sugli attraversamenti viene imposta agli automobilisti nella recentissima legge di conversione del decreto infrastrutture (legge n. 156/2021), che stabilisce: “Quando il traffico non è regolato da agenti o da semafori, i conducenti devono dare la precedenza, rallentando gradualmente e fermandosi, ai pedoni che transitano sugli attraversamenti pedonali o si trovano nelle loro immediate prossimità.” In teoria nessun automobilista può più dire “eh, ma il pedone si è lanciato sulle strisce pedonali”: le auto dovranno comunque rallentare anche quando vedono un pedone vicino alle strisce che potrebbe voler attraversare.

Nella pratica, questo è possibile solo se l’automobilista viaggia già a velocità ridotta e ha il tempo: 1. di accorgersi del pedone vicino alle strisce, perchè più si va veloci e più si restringe il campo visivo, e 2. di fermarsi. In Regno Unito, per addestrare questa attenzione, l’esame per la patente include una prova con un video che simula una guida, in cui si deve premere un pulsante ogni volta che si intravede un potenziale pericolo – come un pedone che si avvicina a un attraversamento.

Ben vengano dunque le campagne della Polizia Municipale una tantum a controllare il rispetto delle strisce pedonali, ma una soluzione strutturale di lunga durata comporta rendere gli attraversamenti più visibili e protetti e abbassare (e controllare) i limiti di velocità a 30 km/h nei centri abitati. Un rallentamento che allunga la vita.

Pedalare per il clima

Affrontare l’emergenza climatica comporta ripensare i trasporti, responsabili del 24% delle emissioni dirette di CO₂. Se ne parlerà anche alla COP26 di Glasgow il 10 novembre, Giornata dei Trasporti, ma l’unica soluzione sul tavolo dei negoziati è l’elettrificazione dei veicoli stradali. Tanto che i delegati arrivati alla COP26 pedalando non hanno trovato nessun parcheggio per le due ruote. Ma quanti anni ci vorranno perché tutte le auto e i camion a benzina, metano e diesel siano sostituiti?

Per questo ECF (European Cyclists’ Federation) ha scritto una lettera aperta (firmata anche da FIAB) ai governi presenti alla COP26 in cui si chiede di incrementare l’uso della bicicletta. La bicicletta è a emissioni zero, si legge: passando dall’auto alla bicicletta si risparmiano 150 g di CO₂ per chilometro. Le cargo-bike elettriche riducono le emissioni di carbonio del 90% rispetto ai furgoni diesel. Non usare l’auto in città per andare a piedi o in bicicletta anche solo un giorno alla settimana può ridurre l’impronta di carbonio di un individuo di circa mezza tonnellata di CO₂ in un anno.

La bicicletta produce poi impatti socioeconomici positivi di vasta portata legati all’uso dello spazio pubblico, alla salute individuale e collettiva, alla riduzione degli incidenti e all’inclusione sociale. Cosa più importante, la bici è un mezzo già ampiamente disponibile ed accessibile oggi, in tutte le sue declinazioni.

Insomma, non esiste alcuna strategia per scongiurare il peggio della crisi climatica che non passi per un aumento rapido, significativo e globale dell’uso della bici. Grandi della terra, gambe in spalla e pedalare!

FIAB Modena, più sicurezza ai pedoni

Adesso che è successo l’ennesimo caso eclatante, l’incidente in Via Giardini, sembra che il tema della mancanza di sicurezza per pedoni e ciclisti nelle intersezioni sia finalmente diventato all’ordine del giorno della cittadinanza

FIAB da anni lo denuncia; tutte le volte che abbiamo incontrato amministratori e tecnici non abbiamo mai perso l’occasione per sottolineare che la primaria infrastruttura di mobilità cittadina sono gli spazi pedonali, i marciapiedi e gli attraversamenti stradali.

Non parliamo poi dei passaggi pedonali su ampie strade senza isola centrale, segnalazioni luminose, rialzi, verniciature visibili. Insieme agli scarsi controlli, è una concausa del sistematico mancato rispetto della precedenza pedonale, uno dei comportamenti più riprovevoli sulle strade.

Per noi di FIAB, il problema vero è la mancata visibilità tra le diverse utenze. Spesso negli incroci ed intersezioni la visibilità tra pedoni, ciclisti ed automobilisti è limitata da una serie di ostacoli: prima di tutto il parcheggio irregolare ed impunito nelle aree di svolta e nelle vicinanze delle strisce ciclopedonali. Purtroppo la visibilità è compromessa anche da regolari posteggi auto, cartelloni pubblicitari, cabine tecnologiche, siepi, dehors, bidoni dell’immondizia.

Secondo FIAB, manca una chiara volontà di affrontare metodicamente il tema della sicurezza degli spazi stradali: mentre, ad esempio, a Bruxelles nel prossimo anno è in previsione l’eliminazione di 930 posteggi auto nelle vicinanze dei passaggi pedonali, a Modena il parcheggio è un tabù, intoccabile.

In FIAB ritieniamo assolutamente necessario “pulire” tutte le intersezioni da ogni ostacolo visivo, impedendo la sosta nelle vicinanze dei passaggi pedonali (scherzando, si potrebbe iniziare usando i paletti tolti dalla ciclabile di Modena Est), multare regolarmente i tanti cittadini che parcheggiano in zone pericolose, restringere e risagomare gli angoli delle strade per rallentare le velocità di svolta delle auto

Lo spazio in città non è infinito ed è ora di decidere a chi assegnarlo prioritariamente. FIAB rileva che in tutte le piccole e grandi città, soprattutto dopo la pandemia, gli spazi pubblici vengono trasformati per assegnarli alle persone, al verde, agli spazi di socialità ed attività economiche di prossimità, riequilibrando l’enorme disuguaglianza creata nel secolo scorso in cui era stato destinato quasi totalmente a traffico e parcheggi.

Modena più inclusiva, sostenibile e solidale dovrebbe partire da qui.

Le elezioni si vincono sulle strade

Le furiose polemiche nostrane sulle corsie ciclabili sono la prova che mettere in discussione il monopolio delle auto sullo spazio pubblico della strada porta una fetta dell’opinione pubblica a ribollir di rabbia. Sarà probabilmente una fetta minoritaria, perché un po’ ovunque i sindaci impegnati nel recupero delle strade per pedoni e ciclisti vengono premiati dai cittadini che li rieleggono, spesso con maggioranze schiaccianti.

A Londra Sadiq Khan è stato riconfermato a maggio con il 55% dei voti dopo aver creato 26 km di nuovi tracciati ciclabili; Anne Hidalgo a Parigi ha staccato l’avversario con il 18% dei voti in più dopo aver addirittura trasformato arterie urbane come Rue de Rivoli in corridoi a priorità ciclabile. Stessa sorte nel 2019 a Barcellona per Ada Colau, che aveva riallocato a pedoni e ciclisti 30.000 metri quadri di spazio stradale; a Oslo per Marianne Borgen, che aveva eliminato quasi tutti i parcheggi del centro città; a Sidney per la sindaca pro-bici Clover Moore, e a Tel-Aviv per Ron Huldai, che aveva restituito a bici e pedoni ampi spazi stradali.

E in Italia? Beppe Sala è stato rieletto a Milano con il 56% dei voti dopo aver tolto alle auto 22.000 metri quadrati di corsie per creare 38 piazze di quartiere e 35 km di spazio ciclabile e pedonale. E la sezione elettorale in cui il suo consenso è aumentato di più rispetto al 2016, è la n°21, proprio quella dove era stata inaugurata la contestatissima corsia ciclabie di Corso Buenos Aires.

Sindaci, fatevi coraggio: ridare strada a pedoni e ciclisti crea inevitabilmente polemiche ma sembra anche uno dei modi più sicuri per vincere le elezioni amministrative.