Una giornata in Valpolicella

Uscita FIAB – 15 maggio 2016 – Valpolicella

Dopo giorni di indecisione a causa di previsioni a dir poco catastrofiche, Marco decide che la gita si fa. Puntualissimi arriviamo alla motorizzazione ore 7.45, dove sistemiamo le bici nella macchina di Marco che fa concorrenza a Trenitalia, visto che riesce a sistemare quattro persone con altrettante bici in una sola auto.

In sei imbocchiamo quindi l’autostrada del Brennero fino al casello Verona Nord e poi la superstrada in direzione Trento fino all’uscita di San Pietro in Cariano/Valpolicella. Lasciamo le auto a San Pietro in Cariano e in bici iniziamo a percorrere prima un breve pezzo di Statale e una strada verso la collina, in direzione San Rocco, dalla pianura del punto di partenza fino a 511 m. Ci sorprende un itinerario di valenza duplice, da un lato dolcissimi profili collinari di San Rocco e dall’altro rigidi versanti verso la Val dei Progni sopra la profonda forra della Val Sorda e del Progno di Molina, dove si trovano anche le famose Cascate di Molina. Stupendo il silenzio e il meraviglioso concerto dei canti d’uccelli, assoluta tranquillità.

Continuiamo la salita con alcuni tratti scollinati, dai quali ci si apre la meravigliosa veduta. Ci troviamo in bassa Lessinia con panorami unici su tutta la Valpolicella con la scoperta della parte finale della Valsorda di Fumane.

Si parte da San Rocco di Marano (511 m). Da qui si prende direzione Carazzole (575 m) e quindi La Pontarola (616 m). Da cui ci portiamo a Malga Biancari (600 m). Ora il percorso è quello per andare al ponte Tibetano (che sarà meta di un’altra uscita) ma, dopo circa 400 m, prendiamo a destra che, in buona discesa, ci porta nel fondo della Valsorda di Fumane. Da qui gli ultimi 4 km di salita ci portano a Sant’Anna d’Alfaedo (940 m). Sant’Anna è famosa per un insieme di grotte carsiche che arrivano ad una profondità esplorata di circa 1000 metri. Ce lo conferma anche la presenza di tanti speleologi.

Dopo tanta salita sosta meritata in un Caffè vicino alla chiesa che ci delizia con fantastiche paste, centrifughe di frutta e zenzero, cappuccini e ogni ben di Dio, che ci sentiamo di meritare.

Nel momento in cui decidiamo di ripartire per fare gli ultimi 15 km di salita fino al Passo del Pidocchio dell’alta Lesina, arriva la pioggia mista a grandine. Viste le temperature piuttosto rigide e i nostri fisici sudati dalla fatica della salita, con pochissima convinzione il nostro capogita Marco decide suo malgrado di tornare verso valle tralasciando la salita al passo. Sicuramente la decisione era saggia, ma la delusione fra tutti i partecipanti c’era ugualmente.

La consolazione ci fu data da una meravigliosa discesa in mezzo ai boschi su strada asfaltata dal versante opposto, serpentine ripide con vista su rocce e valli meravigliose, un panorama che ci ha fatto dimenticare la delusione subita.

10 km prima di arrivare al nostro punto di partenza Marco ha la geniale idea di mettere al voto una sosta a sorpresa in un ristorantino per gustarci un delizioso bis di primi accompagnato da un sublime Valpolicella.

Credo che la strada per arrivare alle macchine fosse tutta dritta… credo, ma non sono poi così certa!

In totale abbiamo percorso solo 45 km, anche se la sensazione nostra era quella di averne fatti molti di più: la salita era tosta e ci ha portato dalla pianura a quasi mille metri. Ci siamo ripromessi di rifarla presto, arrivando in cima al Passo dei Pidocchi, magari con i colori dell’autunno.

Un supermega grazie a Fiab, che ci permette di fare queste gite, e un supermega grazie a Marco, ben preparato, che ci ha riempito di informazioni e ci ha accompagnati senza problemi nonostante le avversità.

Innamorarsi di Fattori il giorno di San Valentino

14/02/2016 Mostra Giovanni Fattori al Palazzo Zabarella Padova

Innamorarsi di Fattori il giorno di San ValentinoMostra Fattori by Diana Altiero
Seguendo una guida dall’insolito nome, Mosè, andiamo alla scoperta di Fattori, a Padova.

L’originalità di questo pittore sta nel rifiuto dell’uso del disegno come guida alla pittura, tant’è che nelle sue opere è particolarmente evidente che i quadri non si possono vedere solo in fotografia o sullo schermo di un computer, perché in realtà sono anche un po’ sculture, piene di rilievi e avallamenti.

 

A Padova una pioggia discreta ci accompagna lungo il percorso che ci porta a Palazzo Zabarella e che si interrompe brevemente per una sosta irrinunciabile al Caffè Pedrocchi per degustare il noto caffè e respirare l’atmosfera elegante e signorile.

Al Palazzo Zabarella la guida che ci accoglie si presenta: “Mi chiamo Mosè”, un nome che suona strano, non comune, pervenuto direttamente dalla Bibbia a noi, suggerendo quasi riverenza, soggezione. Iniziamo il viaggio nella mostra di Fattori con Mosè che ci racconta, con fare personale e appassionato, di come sia differente vedere i quadri in foto o su un monitor di computer. Infatti sostiene che anche i quadri potrebbero essere visti come sculture in quanto anch’essi presentano rilievi e spessori visibili solo con l’opera davanti agli occhi. Fattori viene “dipinto” come un precursore rispetto alle correnti artistiche successive, anche se lui, come altri del suo tempo, si è tenuto lontano da Parigi.

L’originalità sta nel rifiuto dell’uso del disegno come guida alla pittura e nella scelta del formato stretto e lungo, per alcune opere, quasi a suggerire un movimento dello sguardo che conduce al soggetto protagonista. Le opere di guerriglie risorgimentali sono trattate non com’era d’obbligo al suo tempo, cioè come una storia celebrativa, ma come una storia delle retrovie, dell’uomo soldato. I luoghi di battaglia erano scelti e divenivano oggetto di osservazione per la successiva ambientazione nella quale inscenare la sua verità di guerriglia; infatti in “Posta militare sul campo“ vi sono raffigurati momenti di vita quotidiana.

Non mancano altri soggetti quali ritratti e marine, come “La rotonda di Palmieri“, in cui le donne sono appena accennate da figure essenziali, quasi delle macchie; e poi animali,  quali i bovi nel “Pio bove”, in sintonia con l’omonimo sonetto di Carducci.

Mosè ha compiuto in modo esaustivo e professionale la sua missione traghettandoci da una sponda all’altra della mostra e lasciandoci innamorati di Fattori proprio nel giorno della festa degli innamorati.

Diana Altiero
FIAB Modena

 

 

 

 

Bike tour Verona-Firenze: pedalare in bellezza

arrivo a firenze

arrivo a firenze

Nella torrida estate italiana, arrivano notizie fresche per il cicloturismo: il progetto “Bike Tour Verona-Firenze” è stato presentato a Roma presso il Ministero dei Beni Culturali dagli enti promotori (fra cui la Fiab) ed entrerà nella fase di finanziamento e completamento a settembre.

Il progetto prevede il collegamento completo del tratto di ciclovia Euro Velo 7 fra Verona e Firenze, con un lungo ramo modenese. Si tratta di un percorso complessivamente lungo 341 km da percorrersi in 7 tappe programmate: Verona-Lago di Garda, Lago di Garda-Mantova, Mantova-Mirandola, Mirandola-Modena, Modena-Zocca, Zocca-Lago Suviana (BO), Lago Suviana-Firenze.

Il percorso è già pronto e fruibile, salvo alcuni tratti da completare e adeguare agli standard europei.

L’iniziativa si segnala per lo straordinario interesse potenziale che potrà suscitare nei ciclisti del centro-nord Europa in virtù dell’offerta di un patrimonio artistico, naturalistico ed eno-gastronomico di primissimo livello localizzato nei territori attraversati, a cavallo di quattro regioni molto note all’estero (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana).

L’intento dei promotori è di lanciare la proposta cicloturistica già nella primavera 2016 a livello continentale, orientando le scelte dei ciclisti interessati al Bel Paese in tempo per la prossima stagione turistica.

Il progetto segue le orme di altri simili sostenuti dalla Fiab, consistente nella creazione di infrastrutture e servizi di accoglienza per i cicloturisti e nella promozione dei territori interessati, suscitando in tal modo lavoro e valorizzando le attrazioni artistiche-ambientali e le produzioni tipiche, molto apprezzate dagli amanti delle due ruote.

Unendo in sé salute, bellezza e gusti, la formula del cicloturismo è destinata a svolgere un ruolo di primo piano sulla scena del turismo internazionale nei prossimi anni.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

ASIAGO MONTE ORTIGARA: Fra natura e memoria

Quest’anno si parla molto della prima guerra mondiale; la Fiab di Modena è stata anticipatrice di almeno due anni! Perché l’altopiano di Asiago è un vero paradiso per gli amanti della MTB (alcuni sentieri sono impervi ma percorrere, io meno esperta, qualche tratto a piedi non è così terribile: ripagano i boschi, le inattese aperture di paesaggio, i panorami dall’alto, la calda ospitalità dei rifugi); ma, appunto, non è solo tutto questo: l’altopiano è un museo all’aperto della Grande Guerra e ne abbiamo ormai esplorato gran parte.

Fabio, esperto appassionato di quel pezzo di storia, ci guida a scoprire piccoli cimiteri, rovine di forti e ospedali da campo sia austriaci che italiani. Questa terza volta la meta principale era il Monte Ortigara, il “calvario degli Alpini”, emblema forte di quella immane tragedia. So di riferire pochi dettagli di quei due giorni intensi: colpa sì della memoria ormai labile ma anche retaggio della mia maestra, che ci dava il compito Racconta una gita e precisava: “non fate mica la cronaca!!”.

Dunque, fra tante, riporto solo l’ emozione più grande: entrare nel forte, percorrere al buio i cunicoli umidi, freddi, immedesimarsi nella paura e nella sofferenza quotidiane di tutti quei ragazzi. In quei momenti noi, allegri ciclisti chiacchieroni, eravamo in silenzio.

Maria Chiara Marchiò

asiago neve

asiago neve

asiago salita

asiago salita

asiago forte italiano

asiago forte italiano

asiago strada militare austriaca

asiago strada militare austriaca

Pedalare in Pace

RESISTERE PEDALARE RESISTERE
DA MODENA A VERONA PER LA RESISTENZA
23-25 APRILE 2014

L’ideale e la pratica. Niente di meglio per spingermi a partire per il viaggio organizzato dalla FIAB di Modena, “Resistere, pedalare, resistere”.
Partenza da Modena il 22 aprile 2014, data dell’anniversario della liberazione della città dal dominio nazi-fascista nel 1945, e arrivo a Verona il 25 Aprile, data dell’anniversario della liberazione dell’Italia.

Via bicicletta: mezzo che deve la sua dignità anche all’essere stato usato dalle staffette partigiane e, oggi, da chi desidera un ambiente meno inquinato o devastato dall’opera dell’uomo. Allora come oggi, quindi, la bicicletta si lega alla pace: pace come assenza di guerra e pace come armonia con l’ambiente. Meta del viaggio: la manifestazione nazionale “Arena di pace e disarmo”.

Per chi, come me, non hai mai fatto prima né del ciclismo né del cicloturismo, questa esperienza è stata anche un allenamento alla fiducia: organizzata sul filo del limite di tempo, la mia partecipazione è stata possibile solo grazie alla disponibilità gentile dei soci FIAB sia negli aspetti materiali (es. l’avermi dato in prestito una bicicletta) sia nel sostegno morale (es. l’avermi dato consigli sulla pedalata).

Dopo quasi 300 km in un bel paesaggio reso vivace dalla primavera, siamo arrivati all’Arena dove, con persone da tutta Italia, ci siamo riuniti per affermare la necessità del disarmo e del Servizio civile come forma di difesa non armata della Patria. Partirà una campagna su questo verso le autorità italiane. Favorire la pace è possibile. Basta un cambiamento di mentalità; chi va in bicicletta lo capisce.

 

arena di pace

arena di pace

arena di pace

arena di pace

VERSO MONET: Il Paesaggio che non c’era

treno vecchio e treno nuovo

treno vecchio e treno nuovo

VERSO MONET: Il Paesaggio che non c’era
di Diana Altiero

Il paesaggio dal 1600 a Monet è la storia di una progressiva conquista dell’autonomia nella sua rappresentazione. Dai primi quadri proposti, in cui vi è una minima apparizione e spesso dietro le quinte del fondale di eccelsi ritratti, arriviamo via via alla rappresentazione del paesaggio come soggetto principale. Da una rappresentazione ben definita nei Canaletto si passa a rappresentazioni di epoca romantica che anticipano le opere Informali, vedi Turner. “La casa sulla collina” di Monet evidenzia le variazioni coloristiche nelle diverse ore del giorno ed è un esempio del rendere, attraverso il visibile, la fuggevolezza. Il paesaggio è per sua natura mutevole in ogni istante, cosicché la rappresentazione della luce nelle opere impressioniste, eseguite a diretto contatto della natura, la fa da padrona.

Interessanti i Renoir dall’ovattata pennellata ma anche la “Marina” di un artista americano che nella sua astrattezza lascia un margine per ritrovare le forme di una porta aperta su un “oltre” tutto da inventare. Monet chiude le ultime sale con le sue ninfee. Interessante è anche quello che non è stato esposto di Monet, infatti, amava rappresentare la stazione ferroviaria alle prime luci dell’alba in una mistura di vapori-fumi e suoni di locomotive da lui definita una vera “fantasmagoria”.

Ai tempi di Monet forse le stazioni erano novità e simbolo di modernità ma ahimè, per noi poveri viaggiatori del 2014, il viaggio a Verona, a causa di uno sciopero della regione Veneto, è stato un parto difficile ed esasperante. L’occasione è stata utile per sperimentare l’alta velocità di frecce bianche che ci hanno salvato in extremis dalle decadenti linee regionali. Chissà come rappresenterebbe tutto questo Monet!

Sintonia: bicicletta, natura

Una lunga preparazione ha preceduto la realizzazione dell’idea che affiorava nella mente degli appassionati della bici: “la FIAB”.
Sabato 7 settembre, dopo tre ore di macchina, abbiamo parcheggiato sulla ghiaia di marmo; già sentivo l’aria pura di montagna che mi riempiva i polmoni.

L’ ambiente era quello, sano e pulito, rocce e sassi ovunque. Non sapevo quanta strada avevamo davanti a noi, ma sapevo solo che sarebbe stata unica.

Dopo una dura faticata su e giù per le montagne che circondano Erbezzo ci siamo fermati a pranzare con un panino nel parco naturale, su grosse lastre di marmo,  che qui abbonda e che l’uomo ha da sempre utilizzato per costruire ogni cosa. Ecco dove abbiamo mangiato: nel bel mezzo della natura.

A fine giornata come previsto siamo arrivati al rifugio con il fiatone e la fatica sulle spalle e le cacche di mucca sui copertoni delle ruote delle nostre bici… eravamo tutti davvero sfiniti, ma anche contenti, di essere riusciti in quella che per me è stata una impresa.

Dopo una deliziosa cena tipicamente montanara, ed una passeggiata a vedere le stelle in cielo, ci siamo coricati sprofondando in un lungo sonno che io volevo non finisse più, ero davvero sfinito…

Per fortuna però la seconda giornata è stata una passeggiata, tutta la salita del primo giorno è stata compensata da una altrettanto lunga discesa immersi tra le montagne e gli alberi, single track o no.  I sassi e la ghiaia c’erano sempre a terra ed è proprio questo che ci si aspetta dalla mountain bike.

Penso proprio che un esperienza così dovrebbero provarla tutti gli amanti della bicicletta…

Lorenzo Spadoni

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dritto avanti

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dura eh emilio

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attento lore!

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lo strano caso dei sassi piatti

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giù a rotta di collo

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in fila indiana

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verso il rifugio

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slurp!

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preoccupato eh?

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lungo il vecchio confine italia austria

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papà felice!

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into the wild

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curve

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pista!

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smile!

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verso il traguardo

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attenzione: tori vaganti …

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stanchi e felici

Prima di tornare a scuola: al Vajont con i bambini

Quest’anno avevamo pensato di affrontare qualche salita. Alpi o Prealpi? Si è deciso di conoscere le zone della diga del Vajont, in occasione del cinquantesimo anniversario di quella che è stata reputata una delle più enormi tragedie, causata dall’avidità umana.

1950 persone sono morte, metà delle quali mai identificate tale è stata la furia dell’onda d’acqua che ha investito e completamente distrutto 4 paesi; a Longarone il paese proprio di fonte alla diga, 305 famiglie sono scomparse completamente, di loro nessuno è sopravvissuto. Nonni, genitori e nipoti, fratelli zii, amici e compagni di scuola: tutti i sopravvissuti hanno dovuto cercare i loro cari nel fango e 451 vittime non sono mai state recuperate.

I nostri ragazzi hanno colto subito la violenza dell’evento, da un lato la grandiosità della diga, con i suoi 200 metri di altezza e che nonostante tutto ha resistito, dall’altro le dimensioni gigantesche della frana che si è staccata dal monte vicino e come un grosso sasso è piombata dentro al lago sollevandone tutta l’acqua, riempendolo completamente. Tante le loro domande sulle bandierine colorate agganciate alla staccionata all’ingresso della diga, una per ogni bambino che in quell’occasione ha perso la vita e il monito della guida che ci ha condotto sul percorso mozzafiato, a fare piano, non urlare perché quel posto ancora il cimitero di persone che abitavano le casere sotto Casso e che mai sono state ritrovate.

Il Vajont è un luogo di dolore e di devastazione dell’ambiente, ce ne siamo ben accorti percorrendo la strada che, passando sulla frana, costeggia il lago dietro la diga verso Erto. Guidati dai nostri amici Fiab di Pordenone, Chiara e Giorgio, abbiamo notato la differenza fra l’aspro paesaggio stravolto dalla frana e la dolcezza dei luoghi tipici di montagna, le case in pietra, gli antichi manufatti, i prati stabili delle zone che per fortuna sono rimaste indenni; Erto nuova e Erto vecchia che l’onda lunga ha solamente lambito prima di buttarsi a valle verso Longarone.

Per fortuna Chiara e Giorgio, accompagnatori pazienti (e ciclisti indefessi) il giorno dopo ci hanno portato a visitare la valle scavata dal torrente Cimoliana, patrimonio dell’ Unesco a buon titolo, e i suoi canyon che hanno molto impressionato i ragazzi e Khan, il cane “gregario” del gruppo che di corsa è arrivato fino ai 1200 m del Rifugio Pordenone e di corsa se ne è tornato a valle a Cimolais, mentre noi ciclisti ci godevamo la discesa.

Le alpi Friuliane sono strepitose Giorgio e Chiara, che le conoscono e le frequentano in ogni stagione a piedi, in bici o con le ciaspole, ce le hanno fatte veramente amare e il cuore ci è tornato leggero e siamo ritornati cicloturisti felici in luoghi particolarmente ospitali per chi voglia visitarli in bici, come la ciclabile fra Cimolais e Claut, ma soprattutto la strada che percorre la Forra Cellina.

Si parte dalla diga che origina il Lago di Barcis, simile a quella del Vajont, benché 4 volte più piccola, e si percorre in assoluto silenzio la vecchia strada che portava in pianura, chiusa alle auto e dedicata alle bici, scavata nella roccia a strapiombo sui canyon del torrente Cellina, circa 4 km veramente particolari e suggestivi. Vedendo queste gole strette e il reticolo di torrenti che le scavano ben si intuisce perché tante dighe siano state costruite in questa zona, fino ad arrivare al progetto ”sbagliato” del Vajont,realizzato irresponsabilmente per avidità,nonostante la natura del luogo lo vietasse.

Sicuramente i nostri ragazzi se nel corso del prossimo anno scolastico, verranno interrogati in “diga” saranno preparatissimi e si prenderanno un meritato 10.
Con i ragazzi cerchiamo sempre di organizzare dei momenti di svago, andare in bicicletta è divertente, ma occorre anche lasciarli liberi di giocare, sotto Andreis ad esempio, lungo il torrente Molassa c’è una zona facilmente raggiungibile da Barcis e ricca di aree attrezzate, sempre molto bike-users friendly.

Abbiamo pernottato a Erto, presso l’agriturismo San Martino di Alessandro e Fabiola, e a Barcis, alla casa per Ferie San Giovanni, gestita dalla cooperativa Itaca.

Per la visita in Vajont ( in auto fino a Longarone,poi tutta bici ) ci siamo documentati guardando lo spettacolo “Vajont” di Marco Paolini e leggendo il libro di Lucia Vastano “L’onda Lunga” edito da Ponte delle Grazie. Ma soprattutto abbiamo avuto il preziosissimo aiuto di Giorgio e Chiara, che ringraziamo ancora e che per quattro giorni si sono spesi e messi a nostra disposizione per accompagnare sulle loro amate montagne questo strano gruppo “interfamiliare” di ciclisti modenesi. — presso Diga del Vajont.

la diga vista da longarone

la diga vista da longarone

nella ex sala di comando della diga

nella ex sala di comando della diga

in bici sulla frana del Toc

in bici sulla frana del Toc

verso erto

verso erto

in paese non hanno dimenticato

in paese non hanno dimenticato

il piccolo gruppo

il piccolo gruppo

val cimoliana

val cimoliana

la forra del cellina (ingresso)

la forra del cellina (ingresso)

la forra del cellina (1)

la forra del cellina (1)

la forra del cellina (2)

la forra del cellina (2)

panzanella finale!

panzanella finale!