Carrarmati o bimbi in bici? Visioni di due città

Carrarmati o bimbi in bici? Visioni di due città

Da qualche giorno si parla molto della collisione tra il SUV di Ciro Immobile, capitano della Lazio e calciatore della Nazionale, e un tram con 25 persone a bordo. La dinamica è al vaglio della polizia, resta il fatto che il SUV di Immobile, con una massa a vuoto di 2,5 tonnellate, è riuscito a far uscire dai binari un tram con un peso di oltre 30 tonnellate, fortunatamente senza conseguenze fatali per nessuno. Andrea Spinosa, esperto di trasporti, ha stimato con qualche calcolo di fisica che un tale effetto sul tram si poteva verificare con una velocità presunta del SUV di circa 80 km/h. Ma se invece fosse vero che non superava i 50 km/h, come da lui dichiarato, allora appare ancora più impressionante la potenza generata da questi mezzi.

Immobile, che stava accompagnando le figlie a un saggio di danza, ha commentato: “Se fossimo stati nella macchina piccola non so cosa poteva succedere, ce la siamo vista bruttissima”, ma vale il contrario: se al posto del tram ci fosse stata una “macchina piccola”, o qualcuno in bici o in monopattino, il bilancio della collisione sarebbe stato indubbiamente più grave. Invece, guidando a velocità ridotta (tipo 30 km/h) probabilmente ci sarebbe stato il tempo di frenare e questa collisione non si sarebbe verificata, e comunque con un’auto più piccola avrebbe avuto un impatto meno importante.

Le persone acquistano i SUV per sentirsi sicure, ma paradossalmente sono meno sicuri delle auto “normali”, sia per chi sta fuori che per chi sta dentro l’abitacolo. Chi è alla guida è ingannato dal senso di protezione che offrono, è incoraggiato a rischiare di più, ad accelerare di più, ma la loro altezza raddoppia le chances che si ribaltino in caso di collisioni. Le statistiche mostrano che la probabilità di morire in una collisione alla guida di un SUV è dell’11% più alta che in un’auto “normale”. I SUV sono ancor più letali per gli altri, a causa del loro peso enorme, della visibilità più ridotta (un bimbo davanti al cofano di un SUV risulta invisibile) e dell’altezza. Mentre in un’auto “normale” il paraurti colpisce un pedone alle gambe, lanciandolo sul cofano, un SUV lo colpisce direttamente al torso, o alla testa, e poi lo schiaccia con le ruote.

E’ questa la visione di città che vogliamo? Una città dove le strade urbane sono un territorio ostile, le collisioni sono sempre in agguato, e quindi bisogna guidare dei carrarmati per sentirsi “sicuri”? O una città dove le strade sono luoghi di incontro, interazione sociale, scambio, dove anche bambini anziani e disabili possono muoversi in sicurezza, dove si può camminare e pedalare e anche guidare un’utilitaria senza sentirsi sempre in pericolo di vita?

“Uomini al volante, pericolo costante”

“Uomini al volante, pericolo costante”
Le donne sono più prudenti alla guida e meno coinvolte in sinistri

“Donne al volante, pericolo costante”: sarà vero il vecchio adagio? Dati alla mano, si scopre facilmente che è proprio il contrario! In Svizzera, nel 2019 il Touring Club ha rilevato che le conducenti donne sono state responsabili di un quarto degli incidenti, senza eccezioni, in tutti i cantoni. Un trend confermato da una indagine effettuata in Belgio dal Vias Institute e riportata dal magazine francese AutoPlus, che ha mostrato che le donne al volante sono percentualmente meno coinvolte in incidenti, e hanno meno spesso torto. Quando sono coinvolte, si tratta di incidenti meno gravi rispetto alle loro controparti maschili: le donne rappresentano il 44% di chi ha conseguenze lievi e il 34% di chi subisce danni gravi. Non solo, ma per il Vias Institute ci sono 10 decessi per 1.000 lesioni corporali per incidenti con una donna al volante, rispetto ai 19 degli automobilisti maschi: quasi la metà. In Europa nel 2022, tra le persone responsabili di aver causato incidenti stradali l’84% erano uomini e sempre gli uomini rappresentavano il 93% dei conducenti ubriachi coinvolti in un incidente.

Dal 2012, per una sentenza della Corte di Giustizia Europea, questa minore pericolosità delle donne al volante non può più essere riconosciuta dalle compagnie assicurative con tariffe inferiori alla controparte maschile. Ma a cosa è dovuta?

I sinistri stradali sono causati perlopiù da velocità eccessiva, disattenzione o guida in stato di ebbrezza, e una nuova campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale in Francia punta il dito sul contributo della mascolinità tossica a questi comportamenti. Le auto sono da sempre simbolo di virilità e status per gli uomini e c’è un pregiudizio radicato secondo cui gli uomini hanno istintivamente dimestichezza alla guida. Così si genera nel guidatore uomo una eccessiva spavalderia nelle situazioni di pericolo: la velocità, i sorpassi pericolosi o la certezza di “reggere l’alcol” diventano i segni di competenza maschile. Eppure, paradossalmente, sono proprio gli insicuri che tendono a mascherare la loro mancanza di autostima dietro comportamenti da “macho”.

Quindi, donne al volante, grazie di cuore in nome di tutte le vite che ogni giorno risparmiate sulle strade con la vostra maggiore prudenza, e fate attenzione: se incontrate un uomo con un SUV enorme, che fa lo spavaldo, alza il gomito e spinge troppo sull’acceleratore “tanto lui ha il pieno controllo”, potrebbe essere pericolosamente affetto da maschilismo tossico. State in guardia.

I display con un’auto intorno

Osservando un qualsiasi gruppetto di adolescenti, ma anche diverse coppie al ristorante o gli amici al bar, viene da pensare che abbia ragione chi afferma che “il telefono è nato per avvicinare persone lontane, ma ha finito per dividere quelle vicine”.

Nella sua versione mobile e smart, è oggettivamente uno strumento di una potenza ed utilità incredibile, ma che nei suoi usi esasperati ha finito per stravolgere in pochi lustri modelli di relazioni umane consolidati da millenni. Se ci avremo perso o guadagnato lo vedremo dei prossimi anni.

Nel frattempo anche l’auto, l’altro oggetto rivoluzionario del XX secolo, nata con lo scopo di accorciare le distanze ha mostrato le stesse tendenze a distruggere le relazioni di vicinato. Infatti, occupando con mezzi sempre più veloci, grossi e pericolosi ogni spazio di strada cittadina, ha obbligato i progettisti urbani a spostare tutte le funzioni sociali in spazi appositi.

Sono così proliferati i parchi per i giochi per i bambini, i centri commerciali per i negozianti, le bocciofile per gli anziani, i poli scolastici, le zone artigianali per il lavoro, le ZTL per la movida serale, svuotando le strade cittadine di tutto quel mix di attività che avevano accolto con naturalezza per secoli, e che aveva permesso alle città italiane di diventare un esempio mondiale di spazi vitali, creativi e coesi.

Adesso questi due moloch della vita moderna stanno per fondersi: l’industria automotive ha capito che le persone considerano (giustamente) il tempo guida sprecato e non produttivo, e quindi sta iniettando nei cruscotti ampi sistemi di infotainment, tanto che ormai non si capisce più se sono auto con il display o il contrario. Se sarà evoluzione lo vedremo, il risultato per adesso è che da un lato catturano continuamente l’attenzione del guidatore e dall’altro installano i sensori per la rilevazione dei pedoni. Geniale e perverso.

 

 

L’economia dell’auto è local?

Secondo AAA (American Automobile Association) ogni automobilista spende una media di 8.485 dollari all’anno per la sua auto. Non è poco vero? Non molto distante dal dato americano, ACI stima ad esempio un costo di 3.800 euro/anno per una Panda.

Un altro preoccupante studio americano, dice che 81% di questi soldi va a finire fuori dalla comunità in costi di acquisto, benzina, assicurazioni e finanziamento, e solo il 19% rimane in loco per riparazioni, tasse locali, cambio gomme. Non abbiamo i dati italiani, ma non dubitiamo siano poi tanto diversi.

Se una città come Modena riuscisse a ridurre anche solo del 15% il numero delle auto possedute, i suoi cittadini si ritroverebbero con una montagna di soldi che potrebbero essere spesi in servizi e prodotti locali.

Ma c’è un 15% di famiglie che possono fare a meno di un’auto? Sembra proprio di si: a leggere i dati del PUMS il 45% dei tragitti modenesi è inferiore ai 2,5 km e 83% dei percorsi hanno origine e destinazione all’interno del Comune.

Allora perché i modenesi si ostinano a “sprecare” soldi con seconde e terze auto? Forse anche perché le alternative non sono così credibili? A vedere lo stato del trasporto pubblico, delle ciclabili cittadine e dei servizi di car&bike sharing, in effetti non si può dar loro torto del tutto.

Ecco perché investimenti in mobilità sostenibile non sono solo auspicabili per l’ambiente ed il comfort cittadino, ma soprattutto perché hanno ritorni diretti ed indiretti che possono sostenere l’economia locale, che poi è quella che paga le tasse a Piazza Grande.

 

Maledetti ciclisti della domenica

Sono sempre tutti pronti a scagliarsi contro i ciclisti che viaggiano affiancati, invece che in fila come prevede il CdS. L’accusa è sempre quella: occupare mezza carreggiata ed intralciare la circolazione delle auto.

Come Associazione non possiamo che esortare i ciclisti a rispettare il Codice, ma non notiamo lo stesso astio verso le centinaia di migliaia di mezzi che tutti i giorni in Italia sono parcheggiati in carreggiata: 2 minuti per consegnare un pacco, 5 minuti per prendere un caffè, 1 ora per fare la spesa, ma anche tutto il giorno per andare in spiaggia o in ufficio.

Eppure ci sembra che mezza auto in strada occupi lo stesso spazio di due ciclisti, oltre a rappresentare una situazione pericolosa per la visibilità e riducendo la carreggiata quel tanto che basta perché le auto di passaggio siano costrette ad invadere l’altra corsia.

Però non sentiamo mai strombazzare od inveire gli automobilisti in transito. Anzi, di solito rallentano e viaggiano con più circospezione, come è giusto che sia quando ci sono situazioni di pericolo in carreggiata, e come dovrebbe essere anche quando si incrociano pedoni e ciclisti in fila o affiancati.

Per non parlare delle altre centinaia di migliaia di auto che ogni giorno sono parcheggiate sulle strisce pedonali, sulle aiuole, sulle corsie dei bus, sui marciapiedi, sulle ciclabili, invadendo gli spazi dedicati alla mobilità sostenibile: mai visto nessun automobilista arrabbiarsi. A meno che non siano in sosta sul passo carrabile di casa propria, ovviamente.

Mobilità sostenibile: 1 volta su 5 lasciamo l’auto in garage

auto / bici

auto / bici

In tutto il mondo la tendenza delle politiche degli amministratori locali in tema di vivibilità delle città, è quella di incrementare la mobilità sostenibile. Anche in Emilia-Romagna, dove la mobilità ciclopedonale vede una percentuale di spostamenti solo del 10%, l’obiettivo ambizioso per il 2020 è quello di arrivare al 20%.

I cittadini sanno bene perché non amano usare mezzi alternativi all’auto: scarso senso di sicurezza, corsie e piste ciclabili incomplete o mancanti e scarsamente mantenute, mezzi pubblici vecchi ed inaffidabili, marciapiedi stretti e condivisi con le bici, furti di bici a volontà, servizi dedicati inorganici ed inefficienti (bike-sharing, car-sharing, depositi protetti, rastrelliere, etc..).

Tutto vero, però l’obiettivo del 20% lo si può ottenere semplicemente se ognuno di noi, 1 volta su 5, prima di partire da casa ragiona su quale mezzo sia più efficiente per quello che si appresta a fare. Perché non è necessario rottamare 1 auto su 5, ma non usarla 1 volta su 5.

Ed allora, proviamo una volta alla settimana ad alzarci 15 minuti prima per accompagnare a piedi il figlio a scuola, o una volta alla settimana ad andare sempre a piedi a pagare il bollettino in posta; proviamo anche una volta ad andare in bici a comprare un chilo di gelato, o per andare dal dottore, o perfino a fare 3 km in bici per andare al lavoro, almeno quando gli impegni lavorativi ce lo consentono.

Tutti noi possiamo rinunciare 1 volta su 5 all’auto: scopriremo che si può fare, nonostante tutti gli ostacoli sulla nostra strada, e scopriremo che è anche piacevole. Dimostreremo ai nostri amministratori che non ci rassegniamo a città invivibili, e che c’è una forte voglia di una città migliore, senza attendere le mirabolanti opere di una politica, che spesso da sola non raggiunge gli obiettivi strategici che si prefigge.

Ermes Spadoni
www.modenainbici.it

gazzetta-11-set-2016