E quinci il mar da lungi, e quindi il monte: le Marche, la terra di Leopardi

Soprattutto Leopardi
17-18 maggio 2014

Le Marche, terra di illimitati e meravigliosi panorami. I paesi sono spesso adagiati su colline fra colline e la vista spazia per verdi e ondulate dorsali che si accavallano trascolorando, poggi, fondovalle, vigne, olivi, campi di granturco, d’orzo e grano; fino alle spiagge e al mare assolato.
A monte, verso le larghe dorsali arrotondate dell’Appennino, da cui scendono le ombre rossastre del tramonto, si indovinano le asprezze di strette valli.

Il nostro viaggio in bicicletta inizia da Osimo in direzione del Conero: un promontorio interessante dal punto di vista naturalistico per la presenza di una fitta copertura boschiva e di numerosi uccelli. Arrivare al mare è stato agevole… risalire un po’ meno!

Gli amanti del bagno fuori stagione hanno evitato, però, di tuffarsi. Troppo freddo?

Durante la passeggiata dopo cena, la serata particolarmente limpida ci regala lo spettacolo, sempre affascinante, di una infinità di luci dai paesi vicini: quasi sembra di poterli toccare!

Castelfidardo, Loreto e Recanati ci aspettano. Saranno salite “importanti” ma anche discese mozzafiato, a ricompensa di tanta fatica.
Castelfidardo ci cattura per l’originalità del museo della fisarmonica, al suo suono qualcuno accenna passi di ballo. Piazza della Madonna e il santuario della Santa Casa di Loreto ci accolgono nella loro grandiosità, ma entrare in chiesa, per la donna ciclista, è vietato!

Arriviamo a Recanati dopo una lunghissima salita; è ora di pranzo; alcuni vanno in ristorante, altri si fermano per mangiare, in semplicità, in piazza Leopardi dominata dalla merlata Torre del Borgo, ed è qui che succede qualcosa di magico. Chiara, la nostra socia insegnante di lettere, viene sollecitata a parlarci del grande poeta e lo fa privilegiando il lato umano, la sua difficoltà nei rapporti con i genitori così avari di affetto e comprensione, soprattutto la madre. Recanati gli sta “stretta”. Prova a fuggire, ma il padre glielo impedisce: vorrebbe che andasse in convento. Giacomo riuscirà, infine, a lasciare la casa paterna; spera d’incontrare la gloria, l’amore, ma s’imbatterà ovunque in ambienti pervasi dal gretto conservatorismo cattolico. Lavora per mantenersi e non è facile con i suoi problemi di salute. A Napoli sarà deriso dai ragazzi per il suo aspetto da mendicante. Sentiamo della sua ricerca della felicità e del valore delle illusioni, del rapporto con la natura.

Si fa tardi; a malincuore dobbiamo interrompere questo momento “leopardiano”; riprendiamo le nostre bici, passiamo per la piazzola del Sabato del Villaggio, vediamo il palazzo Leopardi dall’esterno (rimpianto di non essere entrati a vedere la preziosa biblioteca, quella degli studi “matti e disperatissimi” e la finestra dove il poeta spiava il canto di Silvia), la Torre del Passero Solitario e il Colle dell’Infinito (poesia da rileggere).
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte (questo è il verso di Leopardi che ha ispirato e accompagnato il nostro viaggio nelle Marche).

Eugenia Coriani

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