C’era una volta. Villa Gandini – Formigine

fiaba

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GLI ALBERI DEL PARCO VILLA GANDINI -FORMIGINE
21 SETTEMBRE 2014

C’era una volta
Diana Altiero

C’era una volta… il classico inizio del maggior numero di favole, storie nate per essere raccontate oralmente e così tramandate di generazione in generazione; i fratelli Grimm e altri le hanno raccolte in scatole magiche, i libri, per farle giungere fino a noi pare solo per essere raccontare ai piccoli. In realtà nella loro origine erano nate per essere raccontate per rallegrare le serate di grandi e piccini trascorse davanti al camino.

Nel giorno di fine estate e inizio dell’autunno ci siamo ritrovati in piazzale I° maggio per conquistare la meta fatidica alla scoperta dei “Magici alberi“ di Villa Gandini a Formigine. E come per magia ci siamo ritrovati scaraventati proprio nell’ atmosfera del “c’era una volta”, alla scoperta di credenze popolari relative ai diversi alberi ultracentenari del parco.

Cominciamo dal noce di Benevento: pare che un gigantesco noce ospitasse per la notte di San Giovanni (tra il 23 e il 24 giugno) un sabba di streghe che giungevano a migliaia. Capitò che una notte un ciabattino gobbo passando da lì fu rapito dalle streghe che lo presero a ballare con loro fino all’alba. Questi ballò talmente bene che in premio le streghe gli tolsero la gobba. L’amico del ciabattino, anche lui gobbo, sentito quando accaduto all’amico tentò la sorte ma ballò talmente male che le streghe lo ricompensarono cucendogli anche la gobba dell’amico.
Poi, sotto la quercia, una nuova storia e così sotto ognuno dei dieci alberi che abbiamo visitato…

Non c’erano bambini con noi, non ci potevamo nascondere dietro il fatto che eravamo lì per i bambini. In realtà le storie, i racconti su quel che “c’era una volta”, fanno bene a grandi e piccini.

Sul Cusna, al cippo

cippo partigiano - monte cusna

cippo partigiano – monte cusna

SUL CUSNA, AL CIPPO

“Andiamo al cippo domenica?” Con questa proposta, almeno una volta all’anno mio padre ci portava sulle montagne del reggiano, sulla strada che da Quara porta a Novellano, dove nell’inverno del 1944 suo fratello Franco, assieme a altri 3 giovani partigiani, morirono uccisi durante un combattimento con i tedeschi.
Lì si andava a trovare lo zio Franco, non al cimitero, sulle belle e selvagge pendici del monte Penna; si puliva la croce e i gli altri cippi, posti lungo la strada per ricordare i 4 ragazzi, incoscienti e generosi come solo gli adolescenti sanno essere; si adornavano rigorosamente con i fiori di montagna profumati, raccolti intorno durante la passeggiata.

Proprio lì ci hanno portato Nicola ed Eugenia, facendoci conoscere un percorso ad anello, tutto su strada, impegnativo ma veramente suggestivo, a quota 900 metri, quindi piacevole anche in estate e soprattutto immerso nel silenzio, nella pace – credo sia uno dei pochi posti veramente isolati e poco abitati del nostro Appennino – senza macchine che insidiano le biciclette, immersi totalmente nella natura.

Paola Busani

Giro impegnativo con partenza da Villa Minozzo. Km complessivi 40
Località: Villa Minozzo-Toano-Costabona-Quara-Gova-Novellano-Casa Balocchi-Febbio-Peschiera Zamboni-Monteorsaro-Coriano-Villa Minozzo

DISVETRO: Nulla sarà più come prima

Questa escursione nei territori più colpiti due anni fa dal terremoto, è stata fortemente voluta dal un gruppo di residenti della frazione di Disvetro e dal gruppo famiglie della FIAB, per riportare al centro dell’attenzione le problematiche post-sisma delle piccole comunità dimenticate e per far conoscere le bellezze culturali ed ambientali del territorio in cui vivono.

Dal punto di vista “tecnico” la giornata è stata perfetta. Quasi 50 partecipanti di tutta la provincia, tra i quali molti ragazzi, hanno potuto ammirare paesaggi padani come le “cave di Budrighello” e l’argine del Secchia, e constatare le ferite al patrimonio artistico delle chiese di Disvetro, Rovereto e Ponte Motta. L’accoglienza dei residenti poi è stata davvero calorosa (e non ne dubitavamo) ma anche tutte le istituzioni hanno voluto esserci: l’assessore di Cavezzo, il Sindaco di San Possidonio, le Guardie Ecologiche, la Polizia Urbana ci hanno fatto capire quanto tengano ai loro territori ed ai loro ospiti.

Sonja, Maura, Maurizio ci hanno poi parlato della consapevolezza che purtroppo nulla sarà più come prima: perché se i muri delle chiese e delle scuole prima o poi si potranno ricostruire, sarà molto difficile che questi luoghi tornino alla loro originale funzione di aggregazione. Infatti quello che è pesato di più in questi due anni è la mancanza di momenti e luoghi di socializzazione: la messa della domenica, due chiacchiere accompagnando i ragazzi a scuola, le feste di fine anno, le serate al circolo a giocare a carte. E pochi sono pronti a scommettere che, una volta ricostruiti, la chiesa, le scuole ed il circolo torneranno a riempirsi di persone: la paura è che Disvetro, come altre piccole realtà, sia destinata a trasformarsi in uno dei tanti luoghi “dormitorio” che conosciamo bene noi in città, dove di giorno i ragazzi, le mamme, i credenti, gli anziani migrano verso “new town” più comode da vivere.

Ermes Spadoni

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Ciclopranzo con Slow Food presso La Lanterna di Diogene a Solara di Bomporto

ciclopranzo alla Lanterna di Diogene

ciclopranzo alla Lanterna di Diogene

il percorso in bici

il percorso in bici

Assieme alla sezione di Modena di Slow Food abbiamo scoperto le specialità culinarie della Lanterna di Diogene e conosciuto le attività della cooperativa La Lucciola, che si occupa di ragazzi con difficoltà.
Vi invitiamo a sostenere il loro magnifico progetto, andando a mangiare i loro piatti cucinati con i prodotti dell’attività agricola della cooperativa, (non è un sacrificio ve lo assicuriamo!)
Assieme a Slow Food Modena, che da sempre li sostiene, abbiamo raggiunto la locanda in bici (da Modena, a Bastiglia e poi lungo il percorso sull’argine del Panaro).
Speciale ringraziamento ai ragazzi della Lanterna, con l’augurio di continuare così. Oltre alle “energie negative” del terremoto 2012, abbiamo colto tanta energia positiva nel vostro saper fare: in campagna, con gli animali, in acetaia e soprattutto in cucina!

http://www.fondazioneslowfood.it/it/157/osteria-la-lanterna-di-diogene-solaro-di-bomporto-modena#.U5RbM_-_mM9
http://www.lalucciola.org/il-ristorante.html

gli attrezzi il lavoro

gli attrezzi il lavoro

parcheggio di bicilette

parcheggio di bicilette

 

 

 

 

Colazione a Torre Maina

Qualche foto della gita di oggi. Foto gruppo, foratura, verifica tardiva, solidarietà per evitare ulteriori rischi di forature.

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foratura

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il gruppo

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ma non si era detto in bici?

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aiuto foratura

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in fila

 

UN FUORI PROGRAMMA: Arriva Lodi!

gruppo FIAB Lodi davanti al Duomo di Modena

gruppo FIAB Lodi davanti al Duomo di Modena

UN FUORI PROGRAMMA: Arriva Lodi!
di Omar Balestrieri

Nel modenese sono stato tante volte eppure solo ieri ho potuto apprezzarlo veramente.

Quando tento di dare ai miei studenti una definizione di territorio tento di far loro capire che non si tratta solo di piante, animali, terra ma anche di persone che lavorano in quella zona. Ieri ho visto diciamo così “l’applicazione” di questa definizione.

Essere accolti con gentilezza, sentire persone che ti salutano mentre pedali (anche se non ti conoscono), vedere l’ordine e la bellezza delle campagne modenesi, scoprire in un piccolo paese un piazza costruita secoli fa e ancora oggi ben tenuta ed esibita con orgoglio, questo è il bello della bici.

Tornare in città ed essere accolti da una guida che ci rivela la storia che si trova dietro le pietre di cui è fatto il duomo, storie di santi, artisti, potenti e povera gente ci ha ricordato che ognuno di noi conosce davvero poco dell’Italia.

Sulla mia bicicletta c’è una targhetta con una frase: “bicicletta è libertà”. Quale libertà? Quella di conoscere con una vista più diretta e libera dal traffico che copre le bellezze ed elimina il dialogo. Per tutto questo ringrazio voi, amici di Fiab Modena.

COLAZIONE A RUBIERA: Rompiamo il digiuno, senza fretta

bici-gelato

bici-gelato

COLAZIONE A RUBIERA: Rompiamo il digiuno, senza fretta
di Maria Chiara Marchiò

Herberia è l’antico nome di Rubiera (lo conserva il suo teatro): sembra, dal celtico her-beria, “in mezzo alla pianura”. Anche per chi come me si confonde sempre con la geografia locale, la notizia è rassicurante: la “colazione a Rubiera” non comporta salite, e va proprio bene così, dopo il letargo dell’uggioso inverno.

Bello riprendere fuori la bici, sentire le gambe che assecondano contente il girare delle ruote, raggiungere la fatidica piazza Primo Maggio (chissà se fra 200 anni oltre al cippo che ricorda Ciro Menotti ci metteranno anche una targa per consacrare il punto di raduno Fiab?), ritrovare gli amici, e ce ne sono tanti, carichi come te di voglia di andare fuori città.

Bello pedalare senza doversi preoccupare di nulla: il percorso, stradine basse e ciclabili, lo hanno già studiato le organizzatrici; del poco traffico non ti devi dar pensiero se, al primo rumorino, almeno in quattro esclamano “Macchina!!”. Unica attenzione, una giusta distanza da chi ti precede. Quindi, puoi respirare a pieni polmoni negli spazi aperti di questa primavera precoce, e lasciar fluire dolcemente il movimento e tante tante chiacchiere: è un po’ che non si pedala insieme, nessuno vuole correre, si va solo, in compagnia, a far colazione … e buona stagione ciclistica a tutti.

BICI BEFANA A FORNOVO: La Befana arriva in bicicletta

3 bici-befane FIAB a Fornovo

3 bici-befane FIAB a Fornovo

BICI BEFANA A FORNOVO: La Befana arriva in bicicletta
di Mara Gaido

La befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte, col vestito alla romana, viva viva la befana!

E il giorno dell’Epifania, modenesi e reggiani hanno raggiunto gli amici della Fiab a Parma per andare insieme al meeting delle befane di Fornovo. Un gruppo di 30 persone, befane, befani e … re magi che, come da tradizione, arrivano il 6 gennaio, è partito confortato da un clima inaspettato e da un sole che ci ha riscaldati per tutta la giornata.

Percorrendo stradine secondarie, tra campi in cui si intravedevano già le prime margherite, siamo arrivati al bell’ insediamento medievale della corte di Giarola, dove gli amici di Parma ci hanno riservato una graditissima sorpresa: un break di conforto energetico con panettone, torrone, caffè, the, bibite e vin brulé. Abbiamo approfittato della sosta per gli ultimi ritocchi all’ abbigliamento e, dopo una pedalata di una decina di km, ci siamo trovati a Fornovo in pieno clima “befanesco”: parcheggiate e messe al sicuro le nostre bici ci siamo accodati alla sfilata delle befane che si snodava per le vie del paese .

La giornata è stata festosa, le bancarelle tante e i nostri travestimenti, per lo più fatti in casa, alla fine della giornata si sono rivelati più caldi del previsto: c’è addirittura chi ha ventilato l’idea di usare in futuro il foulard al posto del cappellino tecnico …

ARTEBICI: ZURBARAN, Perdersi in un bicchier d’acqua

zurbaran - ferrara

zurbaran – ferrara

Mirella Tassoni

Zurbaran, chi era costui? Confesso che, prima della mostra di Ferrara, non sapevo di questo pittore spagnolo molto più di quello che don Abbondio sapeva di Carneade. Poi ti documenti un po’: il “siglo de oro”, il 600, era il suo tempo; “Caravaggio spagnolo” la definizione più usata della sua opera.

In effetti la ricerca sulla luce è una delle caratteristiche più forti dei suoi quadri, ma – più che fermarmi alle etichette – racconterò alcune impressioni sulle immagini che più mi hanno colpito. Sicuramente san Francesco, un ritratto che – pur essendo prevalentemente impastato di colori scuri ed esposto in una stanza quasi buia – in qualche modo la illumina, e basta un paio di grosse pennellate chiare a fare luce. E poi le sante vestite come principesse, con i loro broccati, i pizzi e i ricami. E ancora l’agnello sacrificale, che suscita pietà forse proprio perché è un agnello prima che un simbolo, un animale che non ha scelto la sua sorte. Mi ha poi intenerito la madonna bambina assopita, nel suo abito rosso, con il libro che forse sta per caderle dalle mani: resta nel cuore quel misto di infantile dolcezza e di luce mistica.

Ma l’immagine più nitida, quella che torno indietro a rivedere con calma, finito il tour guidato, quella in cui alla fine un po’ mi perdo, è un piccolo quadretto con una natura morta, sicuramente pieno di simboli (la purezza, la caducità…) ma anche sorprendente nella sua essenziale modernità: un piatto di metallo, una rosa, un bicchiere d’acqua che vorresti bere.

LE CASCATE DEL BUCAMANTE: Odina e Tìtiro insieme per sempre

le cascate del bucamante

le cascate del bucamante

di Maria Chiara Marchiò

Un panino mangiato con sana fame dopo la fatica; come frutta fichi appena colti raccolti in un casco (vedi che il casco in bici bisogna sempre averlo?). Le mele, no, si sa che le mele nell’Eden è meglio non mangiarle.

Siamo in un mini- paradiso, le cascate del Bucamante, meta di un giro ad anello di 75 km (Modena- Modena per Ligorzano, Granarolo, Riccò, Puianello): ombra, pozze d’acqua, cascatelle. La leggenda aumenta il fascino naturale: la dama Odina e il pastore Tìtiro, nome virgiliano consono a questo luogo bucolico, si amano. Amore impossibile (“alto” il sentiero di Odina, “basso” quello di Tìtiro) con finale tragico: Giulietta e Romeo nostrani annullando la distanza alto-basso si gettano dalla rupe: sarà per sempre la “buca degli amanti”.

Siamo senza le bici sì, sì, sono in un posto sicuro), per non turbare con diavolerie moderne lo spirito degli amanti che aleggia nel rumore della cascata. Già siamo tanti, chiassosi i nostri colori nel verde severo del bosco! Ci accolgono però ospitali (qui, ci dice l’acqua, è casa loro: portate rispetto), non siamo di quelli che lasciano cartacce.

“Titiro, tu disteso all’ombra di un grande faggio fai risuonare il bosco… con il tuo esile flauto” : madre-natura protegge il pastore-cantore dalle guerre civili che infuriano intorno. Anche noi per un po’ ci siamo ristorati in un sito incantato, via dalle nostre “guerre”quotidiane.