FIAB: dalla Polizia Locale una inutile provocazione

Nei giorni scorsi ha fatto notizia un tweet della Polizia Locale delle Terre dei Castelli, in cui si ricorda come il Codice della Strada imponga ai cittadini in bicicletta di viaggiare in fila indiana fuori dai centri abitati, ed informa che analogo obbligo non sussiste nell’abitato. Fino a qui nulla da eccepire, una informazione corretta che magari poteva essere completata ricordando che la regola della fila indiana non vale quando “uno di essi sia minore di anni dieci e proceda sulla destra dell’altro”, oppure che durante il sorpasso di un ciclista, gli automobilisti devono comunque mantenere una “adeguata distanza laterale”. Una norma che spesso non viene rispettata proprio quando i ciclisti sono in fila indiana, per riuscire a sorpassare senza rallentare ne valicare la mezzeria. Eppure, chi pedala sa quanto siano pericolosi il rumore e lo spostamento d’aria di una macchina che passa a poche decine di decimetri.

Invece l’account ufficiale di Polizia Locale completa l’informazione aggiungendo una espressione gratuita di dileggio, che circola da tempo nel web, sui ciclisti che non riescono nemmeno a stare in fila come (stupide) oche, di cui non vediamo la necessità in un servizio di pubblica utilità. Con l’aggravante che il tweet, nel frattempo, è stato ricondiviso da molti altri account di Polizia Locale.

Abbiamo sperato che fosse un inconsapevole scivolone estivo dettato dalla mania di essere simpatici a qualsiasi costo, e già così ci è apparso sgradevole e non consono all’ufficialità un organo di polizia. Invece in una intervista, il Comandante ne rivendica la paternità come “provocazione” all’interno di una campagna per riportare all’attenzione il problema dell’incidentalità riferita a utenti in bici, che solo negli ultimi 20 mesi ha riportato nel suo territorio 89 episodi con 4 morti. Numeri alti, ma senza indicazioni su cause, dinamiche o responsabilità.

Quanti di questi incidenti sono avvenuti con ciclisti in gruppo non rispettosi della norma in questione, e quanti invece a ciclisti singoli o regolarmente in fila indiana alla destra della carreggiata?

Solo così sapremo se è un’utile provocazione o un pessimo modo di dare la colpa alle vittime scivolando nella derisione: non abbiamo peraltro notizie di analoghe ilarità su automobilisti che non rispettano i limiti di velocità, le distanze di sicurezza, il divieto di uso del cellulare, o che parcheggiano fuori dagli spazi, svoltano senza freccia ed altre mille piccole e grandi infrazioni.

Se invece dai numeri viaggiare affiancati risulta essere un comportamento marginale ai fini della sicurezza, potremmo iniziare a rivedere in luce diversa proprio quel vecchio articolo del CdS che richiede di pedalare in fila indiana. Spagna ed Inghilterra, ad esempio, hanno aggiornato il loro CdS e ora pedalare affiancati non solo è permesso, ma consigliato per la sicurezza perché i ciclisti sono più visibili da lontano e perché la manovra di sorpasso risulta più breve e più calcolata dato che comporta necessariamente lo sconfinamento nell’altra corsia.

FIAB ricorda comunque come il CdS metta in capo a chi sorpassa la responsabilità di accertarsi se ci siano le condizioni per poterlo fare in sicurezza, indipendentemente che ci trovi davanti ad un trattore, un motociclo, una fila indiana di ciclisti od un gruppo di cittadini che non meritano sicuramente il “filotto” che gli viene augurato tutte le volte che girano questi post di “ciclisti che non sanno nemmeno stare in fila come oche”.

(*) nella foto il tweet della Polizia Locale Terre di Castelli e quello della Guardia Civil spagnola che ricorda agli automobilisti che per il loro CdS i ciclisti possono pedalare appaiati, e che per sorpassarli occorre lasciare almeno 1,5 metri di distanza laterale.

Ciclabilità: abbiamo un piano!

La scorsa settimana il Mims (Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili) ha ottenuto il via libera della Conferenza Stato Regioni al primo Piano Generale della Mobilità Ciclistica. È un documento importante, che definisce le risorse e contiene la programmazione di lungo periodo per i sistemi di mobilità ciclistica urbana e interurbana, in linea con quelli già adottati da molti paesi UE.

La struttura tecnica di FIAB in questi mesi ha partecipato attivamente alla stesura del piano, ed è un risultato di cui siamo molto orgogliosi. È corredato anche di un manuale operativo che consente d’ora in poi a tutti i progettisti e Comuni di realizzare infrastrutture ciclabili secondo le più avanzate tecniche europee. Ma quello che è più importante è che fissa un nuovo paradigma in cui la bicicletta diventa mezzo di trasporto con pari dignità. Non ci credete? Ne riportiamo un paragrafo:

PRINCIPI GENERALI PER LA PROGETTAZIONE DELLE RETI URBANE CICLABILI

Il primo principio ordinatore é quello di garantire la “democrazia dello spazio pubblico” che comporta una redistribuzione più equilibrata e giusta delle strade. In sintesi: va aumentato lo spazio destinato alla ciclabilità (oltre che alla pedonalità e al trasporto pubblico) e razionalizzato quello per la circolazione e sosta dei veicoli privati, evitando invece di sottrarne alle altre componenti più vulnerabili e già povere di spazio come pedoni, bambini, anziani e disabili (sono quindi da superare, salvo eccezioni, i percorsi ciclopedonali e quelli su marciapiede).

In luogo della tradizionale “separazione/segregazione”, il criterio guida è il modello della “condivisione” dello spazio stradale tra gli utenti, secondo i principi “la strada è di tutti” e “safety in numbers”. Molteplici esperienze e studi internazionali hanno dimostrato che la presenza delle biciclette sulla strada, dando visibilità e legittimazione all’uso della bici, aumenta la accessibilità, sicurezza e quantità dei ciclisti e l’attenzione e il rispetto da parte dei conducenti dei mezzi a motore.

Per accrescere il livello di sicurezza stradale, bisogna promuovere la realizzazione delle “Città 30 km/h” come regola generale in ambito urbano, lasciando i 50 km/h come eccezione per gli assi di scorrimento veloce, decisiva per ridurre l’incidentalità, rumore ed inquinamento atmosferico, favorendo gli spostamenti a piedi, in bici, con la micromobilità elettrica e i mezzi pubblici, senza significative variazioni dei tempi medi di percorrenza veicolare

La “prova costume” si supera pedalando!

Sedentarietà ed obesità diminuiscono dove vengono introdotte piste ciclabili.

Preoccupati dalla cosiddetta “prova costume” di cui immancabilmente si parla ogni estate? In effetti, i dati sono spietati: il 35% di Italiani è clinicamente in sovrappeso, con un 10% di affetti da obesità. Una tendenza che comincia da bambini, e infatti l’Italia è uno dei Paesi Europei con il tasso più alto di obesità infantile: quasi un bambino su 10 è obeso, mentre ad essere in sovrappeso è un bambino su 4. A causare questa epidemia sono soprattutto abitudini alimentari scorrette e uno stile di vita troppo poco attivo. Non è un caso forse che, secondo le ultime rilevazioni Istat 2021, la percentuale di sedentari in Italia coincide con la percentuale di persone in sovrappeso: oltre il 35% degli italiani non fa sport nè pratica attività fisica nel tempo libero. Tra I bambini, 1 bambino su 5 non svolge esercizi fisici, più del 70% non va a scuola a piedi o in bicicletta e quasi la metà trascorre più di 2 ore al giorno davanti a televisione, tablet o telefono cellulare.

Sovrappeso e vita sedentaria, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, ipertensione e diabete, osteoporosi, disturbi del metabolismo, depressione e ansia oltre che problemi all’apparato digerente. Tutti in palestra, quindi? Per mantenere un impegno come la palestra servono un tempo dedicato, una motivazione alta e costante e perseveranza, ed è difficile riuscirci con le nostre vite frenetiche.

Una soluzione ci sarebbe: incorporare l’attività fisica nella routine quotidiana, e la maniera migliore di farlo è di usare il tragitto casa-lavoro o casa-scuola per sgranchirsi le gambe a piedi o in bicicletta. Si riuscirebbero così a raggiungere i 150-300 minuti di attività moderata raccomandati dall’OMS (e si arriverebbe a scuola e al lavoro più freschi!).

Uno studio del 2021 sull’Obesity Review ha rilevato addirittura che l’assenza di piste ciclabili di qualità e l’obesità infantile sono correlate, e che laddove vengono fatti interventi che favoriscono la ciclabilità (non solo piste ciclabili ma interventi di moderazione di velocità e via dicendo), l’obesità infantile si riduce. Un esempio lampante di come il ridisegno delle città influisce sui comportamenti individuali e porta a benefici per tutti, anche in termini di salute. Altro che prova costume: con una città a misura di persona saremmo meno stressati, più in forma e molto probabilmente anche più felici.

La strada è per tutti: la campagna Carpi 30 e il diritto di tutti a muoversi (ma anche a bighellonare) in sicurezza

A Carpi la Fiab, insieme a molte altre associazioni operanti sul territorio, ha iniziato una campagna per chiedere l’abbassamento dei limiti di velocità in ambito urbano a 30 km/h, che è la norma consolidata in molte città europee. Le obiezioni non si sono fatte aspettare: un cittadino ci ha scritto che dovremmo smetterla (testuali parole) di “rompere le balle a chi con la mobilità ci lavora” perché “le strade sono piene di ostacoli umani, privi di qualsiasi motivazione per circolare”.

Sono affermazioni curiose. Per prima cosa, il cittadino dà per scontato che chi lavora usi solo l’auto per recarsi sul posto di lavoro. Non è così: una breve ricerca nella cronaca sulle vittime della violenza stradale a Carpi negli ultimi anni riporta di un operaio in bici travolto da un camionista nella rotonda tra Via dell’Industria e Via Guastalla mentre rientrava dal lavoro e di un quarantenne in bici investito sulle strisce pedonali di Via Cattani mentre andava a lavorare. Quindi c’è anche chi “con la mobilità ci lavora” ma in bici. Una sparuta minoranza? Se ci fossero meno rischi di essere investiti, probabilmente quella minoranza aumenterebbe di numero (considerato anche quel che costa oggi il carburante): proprio il limite dei 30 orari ridurrebbe di un quarto il rischio di incidenti, e della metà quello di ferimenti gravi.

Non è tutto. Il cittadino insiste sugli “ostacoli umani” che a suo parere sarebbero in strada per futili motivi, suggerendo due cose: che chiunque usa l’auto lo fa per motivazioni serie e probabilmente produttive, mentre chi si sposta a piedi o in bici ha solo del tempo da perdere e da far perdere agli altri. Eppure, un sacco di persone usano l’auto per andarsi a comprare le sigarette, o il gelato, o andare a trovare un amico dall’altro lato della città, che sono ragioni valide per spostarsi anche se non “produttive”.

Dall’altro lato, non si capisce perché gli spostamenti di uno studente che va in bici a scuola, della signora che va a piedi dalla parrucchiera o dell’operaio che dopo otto ore di turno esce per una pedalata siano meno legittimi di quelli di chi va a lavorare.

Il limite dei 30 orari non impedisce alle auto di circolare ma tutela tutti, perché le persone che non usano l’auto non sono certo “ostacoli” ma sono quello che rende vive, vibranti e umane le città. Come sarebbe una città in cui si può uscire solo in auto, e solo per andare al lavoro? Viva il diritto di bighellonare in sicurezza.

E’ nata prima la ciclabile o la gallina?

Un classico: ogni volta che affermiamo che in città vanno premiati i cittadini che provano a muoversi con modalità sostenibili ed invece penalizzati quelli che usano sempre l’auto privata, ci viene contestato che è sbagliato perché mancano le alternative. La controdeduzione sembra sensata: prima si costruisce una bella rete di ciclabili ed un trasporto pubblico efficiente e rapido, e solo a quel punto possiamo chiedere ai cittadini di abbandonare le auto.

Purtroppo, non funziona così almeno per due motivi. Il primo è proprio perché lo spazio che serve per costruire ciclabili e corsie riservate per i mezzi pubblici è occupato dalle auto. Con 65 auto ogni 100 abitanti (compresi i neonati) ed una occupazione media di 1,2 persone per auto, le città italiane sono imballate da auto in movimento e parcheggiate. Perché un’auto sta ferma per il 92% della giornata, ma anche da ferma occupa tanto prezioso spazio pubblico, e vediamo bene le battaglie per togliere qualche posteggio tutte le volte che una amministrazione prova a costruire qualche metro di ciclabile. Ogni cittadino sa bene che se vuole andare al lavoro e lasciare ferma la sua auto otto ore in strada, ha assoluto bisogno di quello spazio libero (e gratuito possibilmente).

Per i mezzi pubblici la tensione è ancora maggiore: se non ci sono corsie riservate, il mezzo pubblico ha velocità e tempi di percorrenza non competitivi, proprio perché frenato dall’enorme traffico privato cittadino. Nelle grosse città ci sono i numeri per costruire metropolitane sotterranee, ma è una soluzione non praticabile nelle piccole medie città. E la riprova che il mezzo privato non ha alcuna possibilità di risolvere i problemi delle città sta nei numeri: a Milano, ad esempio, il 56,7% della popolazione utilizza l’ottima rete di trasporto pubblico, eppure la rimanente minoranza di chi si sposta in auto intasa regolarmente la città.

Il secondo motivo è che per cambiare le dinamiche della mobilità le politiche devono essere selettive e non addizionali: se si aggiungono nuove modalità di transito, senza togliere parcheggi e priorità al traffico privato, i cittadini continueranno per comodità ad usare l’auto. Se i cittadini possono transitare e parcheggiare ovunque davanti ad ogni destinazione, perché dovrebbero cambiare le loro abitudini?

In ogni città europea che ha fatto con successo queste operazioni, i marciapiedi, le piste ciclabili e corsie bus hanno tolto spazio a parcheggi e corsie di transito. Solo così può funzionare.

Nasce “Carpi30” per una città più vivibile e sicura

Nasce oggi “Carpi30”, una campagna per la sicurezza stradale finalizzata a ridurre la velocità massima nelle aree urbane di Carpi a 30 km/h, sulla scorta della campagna #Bologna30, della risoluzione del Parlamento Europeo e della campagna #Love30 dell’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità; ma, soprattutto, in risposta agli ottimi risultati che le “città 30” stanno ottenendo in tutta Europa, dove sono già realtà.

“Carpi30” è promossa da Fiab Modena Sezione Carpi e sostenuta da diverse organizzazioni carpigiane (lista in calce*).

Il primo obiettivo di “Carpi30” è organizzare una raccolta firme per presentare al Sindaco una Petizione in cui si chiede di realizzare Carpi Città30, prevedendo l’istituzione e il controllo del limite dei 30 km/h come velocità massima per le aree urbane, con la sola eccezione del limite di 50 km/h sulle strade principali, e di impegnarsi a proporre sul tema una proposta di deliberazione al Consiglio Comunale.

L’idea di una città a 30km/h non nasce nel territorio di Carpi, ma è l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) che pone la Città30 come pilastro alla lotta contro le vittime della strada, con il preciso obiettivo di ridurre i morti e i feriti causati dagli incidenti stradali di almeno il 50% al 2030, ed a questo scopo ha lanciato tramite l’OMS la campagna #Love30 per ottenere strade più sicure #StreetsforLife.

Anche per l’Unione Europea il grande obiettivo è quello di arrivare a Zero morti nel 2050 (#visionzero) (a Helsinki ci sono riusciti: zero morti nel 2020, mentre nel 1970 sono stati 50), con un obiettivo di medio periodo di ridurre del 50% il numero di morti e di feriti gravi sulle strade entro il 2030. A tal scopo a settembre 2021 il Parlamento Europeo ha chiesto alla Commissione Europea di adottare le misure necessarie ad introdurre questa norma (città30) in tutti i paesi.

La Spagna nel maggio 2021 ha anticipato in tutte le città, indipendentemente dal numero di abitanti, il limite dei 30km/h sulla stragrande maggioranza delle strade urbane; e in Europa le città, grandi e piccole, a 30 km/h sono già da tempo una realtà come in Francia, Belgio, Austria, Svizzera, Olanda, Finlandia, Norvegia. In Germania 96 città di ogni grandezza e colore politico hanno chiesto al governo federale di poter introdurre questo limite.

In Italia la città di Olbia dal 1 giugno 2021 ha istituito il limite massimo di velocità di 30 km/h nel centro abitato del Comune.

A Bologna nel luglio 2021, l’associazione Salvaiciclisti assieme a numerose altre realtà del territorio ha lanciato la campagna “Bologna30” per moderare la velocità del traffico motorizzato in città e rendere le strade più sicure e vivibili. “Carpi30” si ispira e si collega alla campagna “Bologna30”, di cui utilizza anche materiale e loghi gentilmente concessi. #Bologna30 è stata premiata in Europa come miglior iniziativa dal basso dagli organizzatori della Settimana Europea della Mobilità Sostenibile #MobilityAction of 2021.

Con la campagna “Carpi30” si intende divulgare i benefici che comporta una città a 30km/h; su dati e basi statistiche si è registrato:

  • riduzione sensibile degli incidenti stradali (circa -25%) con particolare efficacia sugli investimenti di pedoni, sul numero dei morti (-50%) e dei feriti gravi;
  • riduzione dei relativi costi sociali: gli incidenti stradali, a livello nazionale, costano ogni anno 33,8 miliardi di euro, ovvero l’1,89% del PIL italiano (ASAPS, 2020);
  • diminuzione del rumore percepito con vantaggi per il sonno e per lo stress (circa -50%);
  • calo dei livelli di inquinamento dell’aria;

Tutto questo senza arrecare particolari svantaggi e disagi agli automobilisti, anzi nei Paesi dov’è in vigore la Città 30 questa ha un altissimo gradimento anche fra chi va in auto; infatti la stessa carreggiata ai 30 km/h contiene il doppio delle auto in movimento rispetto ai 50 km/h e quindi si ha:
– traffico più fluido;
– meno code e meno multe;
– minore stress con tempi di percorrenza invariati.

Introdurre il limite generalizzato di 30km/h ha come finalità primaria la sicurezza stradale e la riduzione dei morti e feriti sulle strade.
A Carpi dal 2014 al 2020 ci sono stati 1885 incidenti su strade urbane con 20 morti e 2.446 feriti e 495 incidenti su strade extra urbane con 10 morti e 734 feriti, per una media che supera i 4 morti e i 454 feriti all’anno.

La riduzione dei morti e dei feriti sulla strada e la riduzione dell’inquinamento acustico ed ambientale non può che avere un riscontro positivo anche sulla qualità della vita dei cittadini. Invitiamo pertanto tutti i Carpigiani ad aderire alla campagna “Carpi30” sottoscrivendo la Petizione.

Sarà a breve disponibile un sito internet e una pagina facebook dove trovare tutte le informazioni sulla campagna Carpi30 e dove trovare i riferimenti per la firma della petizione.

Al momento per informazioni e firma petizione vi diamo appuntamento:

  • sabato mattina a Carpi al banchetto sul rialzato di Piazza Martiri dalle 09:00 alle 12:00;
  • mercoledì di agosto dalle ore 18:00 alle 18:30 al Parco delle Rimembranze nei pressi della statua di Manfredo Fanti, alla partenza degli E20 ciclici Fiab.

Il Referente Fiab per la campagna Carpi30 è Roberta Mussini – tel. 379-2547035

Testo della Petizione CARPI30

* Ad oggi hanno aderito alla campagna “Carpi30”: Fiab Modena APS, Legambiente Terre d’Argine APS, WWF Emilia Centrale, Unione Donne in Italia (UDI) Sezione Carpi, Porta Aperta Carpi, Comitato Utenti Ferrovia Modena-Carpi-Mantova, Lipu ODV Sezione di Carpi, IRCAF Centro Studi APS, Carpi Comune Associazione Culturale

Fiab Modena APS Legambiente Terre d’Argine APS
WWF Emilia Centrale Unione Donne in Italia (UDI) Sezione Carpi
Porta Aperta Carpi Comitato Utenti Ferrovia Modena-Carpi-Mantova
Lipu ODV Sezione di Carpi IRCAF Centro Studi APS
Carpi Comune Associazione Culturale

Elogio della lentezza: ciclovacanze tutte da assaporare!!

Il cicloturismo non solo è capace di generare ricavi ma soprattutto di distribuirli sui territori, che così possono rimanere vivi e non spopolarsi. È capace di far immergere in profondità chi pedala negli ambienti attraversati, in lentezza, con il tempo di godersi i panorami, i profumi, e anche di assaporare il gusto della fatica e la soddisfazione degli arrivi.

Fiab Modena ha organizzato quest’anno una ciclovacanza in Basilicata, che si è conclusa pochi giorni fa con l’arrivo a Matera. Una vacanza che ha visto muoversi insieme un gruppo eterogeneo che è riuscito a superare le difficoltà della traversata lucana, dove non è mancato il caldo e la salita è stata una costante quotidiana. Non è mancata persino la pioggia, mentre il vento ha rallentato notevolmente il passo dei cicloviaggiatori: nonostante tutto, ogni giorno ci si è svegliati presto con rinnovata voglia di partire.

La Basilicata è stata una straordinaria scoperta, un paesaggio capace di trasformazioni radicali in pochi km, dalla costa rocciosa del Tirreno, alle spiagge sabbiose dello Ionio, dai boschi di Accettura, ai Calanchi di Aliano, per arrivare alla pietra della Murgia materana. Un luogo mistico, con le sue tradizioni e superstizioni, un territorio da assaporare…il peperone crusco, il Canestrato di Moliterno, il maialino nero, il ferricello viggianese, il pane di Matera solo per citare alcune prelibatezze di un territorio che non ha nulla da invidiare al resto d’Italia.

Attraversare senza fretta questa terra è un cammino a ritroso, tra le pagine del “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi, tra una tradizione contadina che ancora sopravvive, nonostante la modernità.

La Basilicata è un pezzo di Italia capace di accogliere il visitatore, di contaminarsi restando sempre e comunque fedele a se stessa. E la ciclovacanza è un’esperienza unica, capace di coinvolgere tutti i sensi, mettere in gioco ogni parte del corpo…la conservi nelle gambe, la imprimi negli occhi, la custodisci nei suoni della natura, la continui a respirare per giorni e giorni.

A qualcuno piace il caldo: retaggi del passato e visioni distorte del futuro, dove sta davvero il progresso?

Quella che in cui siamo appena entrati probabilmente sarà, dicono i meteorologi, l’estate più calda di sempre (almeno da quando si è cominciato a raccogliere i dati sulle temperature): più calda dal 2003, con una siccità già potenzialmente devastante, ghiacciai mezzi sciolti, i nostri fiumi ridotti a rigagnoli, restrizioni sull’irrigazione dei campi e inviti a non sprecare l’acqua. Un caldo e una siccità “eccezionali”? Per nulla: abituiamoci, è la nuova normalità. L’estate più calda di sempre, ma più fresca di quelle che verranno, dicono i climatologi: e sarà sempre peggio se si continua ad affrontare il problema consigliando di accorciare i tempi delle docce anzichè accettare che siamo di fronte a una sfida epocale contro un cambiamento climatico che non si lascia più ignorare.

Qualcuno che abbia parlato di una potenziale “emergenza sanitaria” se la situazione delle riserve acquifere continua così? Cabine di regia straordinarie, piani strategici che affrontino il problema nelle sue tante dimensioni?

Macché. La cementificazione causa ulteriore ritenzione di calore, dilavamento delle acque piovane e perdita della funzione regolatrice del suolo? La cultura dell’abuso dell’auto privata comporta un consumo sproporzionato di combustibile per spostare una persona sola (oltre a creare congestione, rumore ecc.)? Benissimo, cosa c’è di meglio e di più lungimirante che ampliare l’autodromo, con un annesso parcheggio che, in nome del progresso, cementifica un’estensione pari a ospitare 1500 posti auto, su una falda acquifera? Altrove in provincia sono in ballo progetti analoghi: per esempio, un polo logistico da 8 ettari a Nonantola, già attanagliata dal traffico pendolare.

“C’è chi guarda al passato”, si è risposto alle critiche. Eh no, cari, siete voi che guardate al passato: noi pretendiamo un futuro dove i nostri figli possano prosperare, il suolo sia protetto per gli incommensurabili servizi ecosistemici che offre, l’acqua trattata come un bene primario senza il quale non si sopravvive, le auto private siano ridotte a scelta residuale da politiche serie di incentivo ai mezzi pubblici e di incoraggiamento e tutela di chi può scegliere la bici o una bella passeggiata per spostarsi sui tragitti casa-lavoro-scuola-spesa. Un futuro vivibile non può darsi, l’ha detto anche l’ONU a marzo, senza un aumento dell’uso della bicicletta, che è parte integrante delle strategie di lotta al cambiamento climatico ma anche di miglioramento della qualità della vita urbana.

Questo è il futuro a cui guardare.

La bicicletta è centrale nelle strategie turistiche

«Andare in bici non è fare ciclismo, perché la bicicletta è un mezzo di trasporto e, come tale, si colloca all’interno di tutte le tematiche di cambiamento climatico, inquinamento, tutela dell’ambiente, congestione del traffico, sicurezza». Antonio Dalla Venezia, referente FIAB per il progetto Bicitalia, ha spiegato in questi termini l’approccio che istituzioni, politica, aziende e in generale l’opinione pubblica dovrebbero assumere di fronte alla mobilità ciclistica.

Secondo i dati più aggiornati il numero degli italiani interessati al cicloturismo è pari a 8 milioni, circa il 16% della popolazione maggiorenne. «Fino al 2019 il mercato internazionale rappresentava il 70% del cicloturismo in Italia mentre, oggi, siamo a un 50/50 – secondo Maria Elena Rossi, direttore marketing e promozione di ENIT – e la promozione dei territori italiani deve essere rivista in chiave cicloturistica». Se qualcuno ha viaggiato in autostrada in queste settimane, avrà notato che ormai una grande maggioranza di auto caricano le bici al seguito: perché non c’è solo la vacanza in bici, ma ormai quasi tutte le vacanze integrano esperienze attive che i cittadini vogliono fare in bici.

Dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili filtrano notizie secondo cui l’atteso Piano Nazionale per la Mobilità Ciclistica dovrebbe finalmente essere approvato entro metà settembre. Si tratta di uno strumento fondamentale (ad esempio la Spagna lo ha già adottato) per costruire progetti e programmi per lo sviluppo della mobilità quotidiana in bicicletta e per la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica, per la quale è stato scelto di utilizzare, come punto di partenza, la rete Bicitalia di FIAB, già mappata negli anni da nostri volontari e tecnici.

Tema chiave quando si parla di cicloturismo è quello dell’intermodalità bici+treno. I passi avanti ci sono in Italia, come dimostra anche il rinnovo completo dei treni regionali dell’ Emilia Romagna, ma ancora molto deve essere fatto, come l’estensione a tutte le regioni e la possibilità di carico sugli autobus.

Qualsiasi siano le vostre capacità ed esperienze, sono tantissime le escursioni e le gite in bicicletta verso le cascine dietro casa, nei parchi regionali, lungo l’argine di un fiume o sulle ciclabili alla scoperta di piccoli borghi e bellezze artistiche e naturali.

Mobilità provinciale: improvvisazioni sul tema

Settimane sconfortanti per la mobilità nella nostra provincia.

Da giugno Gigetto sarà sospeso per un anno tra Formigine e Sassuolo per la costruzione del sovrappasso sulla pedemontana: sarà sostituito da autobus ma è stato confermato che non ci sarà la possibilità di portarsi dietro la bici (come si poteva fare in ferrovia). Un servizio più lento, con cambi di mezzo e con buona pace dell’ intermodalità, che facilmente indurrà parte dei passeggeri a passare all’auto privata. I disagi sono inevitabili, perché non rendere gratuito l’abbonamento nel periodo dei lavori?

A Nonantola è prevista la chiusura per qualche settimana del sottopasso scatolare della SP255 su via Maestra di Bagazzano (strada secondaria che la mattina è intasata di traffico perché viene usata dagli automobilisti come bypass della Nonantolana), e allo stesso tempo ANAS ha annunciato lavori sul Ponte di Sant’Ambrogio che sembravano prospettarne la chiusura per 6 mesi dal 1 luglio, con un conseguente, devastante aggravamento di traffico su Vignolese e Nonantolana.

Pare ora che il ponte non chiuderà: almeno non tutto, almeno non subito, ma lascia sgomenti la mancanza di coordinamento, di qualsiasi analisi sugli impatti sul traffico e di pianificazione di soluzioni alternative. FIAB ha invitato le parti in causa a considerare seriamente l’opzione di un ponte Bailey che nell’immediato permetterebbe di non interrompere il transito, e un domani diventerebbe il tassello mancante della pista ciclabile Castelfranco-Modena lungo la via Emilia. Al contempo si potrebbe dare un incentivo forte all’utilizzo del treno, con abbonamenti gratuiti sulla tratta, per alleggerire il traffico automobilistico (al momento un abbonamento mensile costa 39 euro, 5 euro invece per una corsa andata-ritorno per un adulto). Finora nessun riscontro ufficiale.

Improvvisazione? “Altre priorità” che rendono la mobilità un tema di “serie b”? E non diteci che non ci sono soldi. In Germania per contrastare il caro-carburanti e l’inquinamento è stato inaugurato un abbonamento mensile che copre tutto il trasporto pubblico locale su tutto il territorio nazionale a 9 euro, per i 3 mesi d’estate: treni locali, bus, tram, traghetti, metro. Meno di due viaggi andata ritorno Modena-Castelfranco o Modena-Carpi: qui da noi sembra fantascienza. Investimento del governo tedesco: 2 miliardi di euro. Gli stessi 2 miliardi di euro di “ecobonus” che il nostro governo ha destinato a finanziare l’acquisto di automobili. I soldi ci sono, ma vengono spesi malissimo. Qui è la visione che manca.